Ecco come l'Isis fa i soldi (una montagna di soldi)


La strategia del presidente Obama per “debellare e distruggere l’Isis”, delineata da ultimo nel suo discorso di mercoledì, include un grande “attacco finanziario” che sarà portato avanti dal Tesoro degli Stati Uniti. Ma, come nota correttamente il Daily Signal, tutto l’impianto operativo si deve scontrare con un ostacolo al momento quasi insormantabile: il controllo assoluto dei pozzi petroliferi da parte dell’organizzazione in Iraq e Siria.

Le entrate petrolifere dell'Isis:


Secondo l’Istituto d’energia in Iraq, un’organizzazione indipendente non-profit focalizzata sullo studio del settore energetico iracheno, l’esercito degli islamisti radicali controlla la produzione di 30 mila barili al giorno di petrolio in Iraq e di 50 mila barili in Siria. Vendendo il petrolio sul mercato nero ad un prezzo scontato di 40 dollari al barile (rispetto ai 93 dollari dei mercati tradizionali), l’Isis ottiene dunque 3,2 milioni di dollari al giorno dal petrolio per finanziare le sue attività.

James Phillips, esperto analista sulle questioni medio-orientali della Heritage Foundation ha dichiarato al Daily Signal che la rendita petrolifera ha dato all’Isis una “base economica solida per sostenere la sua espansione”. La rendita in questione, circa 100 milioni di euro al mese, permette il finanziamento dei suoi attacchi militari e terroristi, oltre ad una maggiore capacità di attirare e addestrare nuove reclute da tutto il mondo, incluso gli Stati Uniti.
Per avere successo negli sforzi contro-terroristi, ha dichiarato Phillips, gli Usa e i suoi alleati devono “spingere lo Stato islamico fuori dai campi petroliferi che hanno preso in possesso ed eliminare la loro capacità di contrabbandare ai mercati stranieri”. Nel dettaglio Phillips ha dichiarato: “l’Isis ha venduto petrolio ai consumatori nel territorio sotto suo controllo, per un'estensione che è circa la metà del Maryland, tra Siria ed Iraq. Il gruppo vende petrolio anche ad una rete di contrabbandieri che si sono formati negli anni ’90 durante la dittatura di Saddam Hussein in seguito all’embargo internazionale contro l’Iraq. Questa rete smercia il petrolio fuori dall’Iraq attraverso la Turchia per evitare le sanzioni imposte dalla Nazioni Unite.
L’ISIS vende anche petrolio, attraverso suoi rappresentanti diretti, al regime di Assad in Siria che sta cercando di reprimere la rivolta nel suo paese proprio contro i stessi militanti islamici. Quando si tratta di fare soldi facili, sostiene correttamente il blog Zero Hedge, in Medio Oriente non mancano certo "strani compagni di letto" disposti a fare affari l’uno con l'altro.

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