Se lo show "del complotto contro Sydney" non è riuscito a destare i sospetti della nazione, non accadrà mai. John Pilger sul Guardian


Prendendo spunto da un viaggio organizzato da Tony Abbott a Arnhem Land, nel nord remoto dell’Australia, per capire meglio le esigenze degli indigeni australiani, John Pilger sul Guardian attacca duramente il primo ministro australiano.
In una foto del viaggio, ricordando un antropologo d'epoca, il primo ministro afferra la testa di un bambino indigeno che cerca di stringergli la mano. Nella didascalia si legge “ Politica interna un giorno, focus sulla guerra un altro”.
Ed ecco allora che il capo di tutti gli australiani vola a sud a salutare le SAS per la loro ultima missione eroica dopo il trionfo in Afghanistan. "Perseguire il male puro" suona familiare; naturalmente, il ruolo storico da mercenario è impronunciabile, questa volta nel sostenere l’ultimo regime settario istallato da Washington a Baghdad e glii ex "terroristi" curdi, ora a guardia dei pozzi della Chevron, di Exxon Mobil, Marathon Oil, Hunt Oill.
Non è consentito alcun dibattito parlamentare; nessun invito fabbricato da stranieri in difficoltà è necessario, come è stato in Vietnam. La velocità è l'essenza. Con l'intelligence USA che insiste che non vi è alcuna minaccia per l’America e presumibilmente l'Australia dallo Stato islamico, la verità può scoraggiare la missione se si perde il momento. Se lo show della polizia e dei media, questa settimana, "del complotto contro Sydney" non riesce a destare i sospetti della nazione, non accadrà mai, scrive Pilger.
Ma che dire delle decapitazioni? Durante i 21 mesi tra il rapimento di James Foley e la sua decapitazione, 113 persone sono state decapitate in Arabia Saudita, uno degli alleati più stretti di Barack Obama e Tony Abbott nella loro attuale impresa "morale" e "idealista”. La guerra di Abbott otterrà una targa nell’Australian War Memorial, insieme a tutte le altre invasioni coloniali riconosciute in quel grande emporio del nazionalismo bianco - tranne, naturalmente, l'invasione coloniale dell'Australia durante la quale la decapitazione degli australiani indigeni non erano considerate il male puro.
Questo ci riporta a Arnhem Land. Abbott dice che la ragione per cui lui e i media sono accampati lì è per consultarsi con "leader" indigeni e "ottenere una migliore comprensione delle esigenze delle persone che vivono e lavorano in queste aree”
L'Australia è inondata dalla conoscenza dei "bisogni" dei suoi primi popoli. Ogni settimana, un nuovo studio si aggiunge al torrente di informazioni circa l'impoverimento imposto e la discriminazione nei confronti delle persone indigene: l'apartheid in tutto, tranne che nel nome. I fatti, che non possono più essere ignorati, dovrebbroe essere impressi nella coscienza nazionale, se non in quella del primo ministro. L'Australia ha un tasso di incarcerazione indigena superiore a quello dell’apartheid in Sudafrica; le morti in carcere sono sempre più frequenti; malattie dickensiane prevenibili dilagano, anche tra coloro che vivono nel bel mezzo di un boom minerario che frutta un miliardo di dollari a settimana. La cardiopatia reumatica uccide indigeni tra i 30 e i 40 anni e i loro figli diventano sordi e soffrono di tracoma, che causa la cecità.
Oggi, mentre Abbott si mette in posa per la fotocamera con i bambini di Arnhem Land, a Utopia, una vasta regione nel Territorio del Nord, le comunità si vedono negare l'accesso ad acqua potabile sicura e pulita. Per 10 settimane, le comunità non hanno avuto l'acqua corrente.
Nel 2012, Olga Havnen, un funzionario del governo del Territorio del Nord anziano, ha rivelato che più di 80 milioni di dollari sono stati spesi per la sorveglianza delle famiglie e la rimozione dei bambini rispetto ad appena 500.000 dollari a sostegno delle stesse famiglie povere. Il suo avvertimento di una seconda “generazione rubata” ha portato al suo licenziamento. Questa settimana a Sydney, Amnesty e un gruppo conosciuto come Grandmothers Against Removals hanno presentato un'ulteriore prova del fatto che il numero di bambini indigeni sottratti alle loro famiglie, spesso violentemente, è maggiore che in qualsiasi altro momento nella storia coloniale dell'Australia.
Tony Abbott, amico autoproclamato degli indigeni, è intervenuto a difesa di queste famiglie? Al contrario, nel suo bilancio di maggio, Abbott ha tagliato 536 milioni dollari dai "bisogni" dei popoli indigeni per i prossimi cinque anni, un quarto dei quali era destinato alle prestazioni sanitarie. Lungi dall'essere un "amico" degli indigeni, il governo di Abbott continua il furto della terra indigena con una truffa chiamata "contratti di locazione per 99 anni". Forse solo in Australia questo inganno può mascherarsi da politica.
Allo stesso modo, Abbott sembra sostenere la riforma costituzionale che "riconosce" i popoli indigeni in un referendum. La campagna "Riconoscere” altro non è, secondo il Sydney Morning Herald, che l’opportunità di dare alla maggioranza, o a chi se ne occupa, la sensazione di fare qualcosa, mentre in realtà non stanno facendo nulla.
Durante tutti gli anni trascorsi nell’Australia indigena per le riprese del suo film “Utopia”, Pilger ha percepito un "bisogno" come fondamentale. Un trattato. Una carta dei diritti indigeni: diritti fondiari, diritti alle risorse, diritti alla salute, il diritto all'istruzione, diritto alla casa, e altro ancora. Nessuno dei "progressi" degli ultimi anni, come il Native Title, ha assicurato i diritti e i servizi che la maggior parte degli australiani danno per scontato.
Come dice l’attivista Rosalie Kunoth-Monaci: "Non abbiamo mai ceduto la proprietà di questa terra. Questa rimane la nostra terra, e abbiamo bisogno di negoziare un trattato legale con quelli che hanno preso la nostra terra". Molti, se non tutti gli australiani indigeni sono d'accordo con lei; e una campagna per un trattato - ignorata dai media - è in rapida crescita, soprattutto tra i giovani indigeni non rappresentati da "leader" cooptati che raccontano alla società bianca quello che vuole sentire. Che l'Australia abbia un primo ministro che ha descritto questo paese come "instabile" fino all’arrivo dei britannici indica l'urgenza di una vera riforma - la fine del paternalismo e la promulgazione di un trattato negoziato tra pari. Fino a quando non restituiremo ai primi australiani la loro nazione, non potremo mai pretendere la nostra, conclude Pilger.

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