"Cambierà presto tutto come è avvenuto con la prima e la seconda rivoluzione industriale". J. Rifkin e la fine del capitalismo


“Al cuore del capitalismo c’è una contraddizione che ne sta ora accelerando la fine. Cambierà tutto come è avvenuto con il motore a vapore, il telegrafo e la ferrovia durante la Prima Rivoluzione ed elettricità, telefono e petrolio durante la Seconda. Possiamo accettarlo e agire di conseguenza oppure rimanere spettatori del cambiamento altrui”. E' il pensiero di Jeremy Rifkin, nei giorni scorsi a Milano, Mantova e Trento per presentare il suo nuovo libro, La società a costo marginale zero - tutto questo è già realtà.
Nella ricostruzione che fornisce Elisabetta Roncalli sul il cambiamento.it, una società caratterizzata da costi marginali prossimi allo zero rappresenta per Rifkin il contesto a massima efficienza in cui promuovere il benessere generale e, nel contempo, il punto di flesso che segna l’inevitabile uscita del capitalismo dalla scena mondiale. Infatti quando i beni e i servizi diventano quasi gratuiti, il profitto precipita, il mercato si atrofizza e il sistema capitalistico muore. A cominciare dal suo elemento fondante: la proprietà.
Prendendo a riferimento anche una ricerca condotta da Ipsos e commissionata da Airbnb e BlaBlaCar secondo cui il 31% degli intervistati si dimostra interessato ad utilizzare i servizi collaborativi, il 57% prevede una forte diffusione del ride sharing, del co-working e del car sharing, il punto di svolta è ormai vicino, secondo le previsioni di Rifkin: stando alla sua ricostruzione, entro il 2050 il mercato capitalistico si ritrarrà in nicchie sempre più ristrette, mentre si affermerà sulla scena mondiale un nuovo sistema economico, quello del Commons collaborativo. Nel nuovo scenario la gestione e il controllo centralizzato del commercio cedono il passo alla produzione paritaria, distribuita e a scala laterale, segnando quindi la fine delle bipartizioni “proprietari e lavoratori”, “venditori e consumatori”. Arroccarsi in una Seconda rivoluzione industriale ormai al tramonto, con opportunità economiche sempre più modeste, un Pil sempre più contratto, una produttività sempre più in calo, un tasso di disoccupazione sempre più alto e un ambiente sempre più inquinato, è quindi improponibile, secondo Rifkin.
Questa trasformazione deve poi essere accompagnata da un cambiamento culturale, quello che Rifkin chiama “sviluppo di una coscienza biosferica”, ovvero quella coscienza che porta a riconoscere che le vite degli individui sono intimamente interconnesse, che il benessere personale dipende dal benessere della più ampia comunità nella quale si vive e che, ancora, tutto ciò che si fa lascia un’impronta ecologica.
Fonte: ilcambiamento.it

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