Viktor Orban e il miracolo ungherese: lontano da Bruxelles si può risorgere economicamente


di Cesare Sacchetti
Quando lo Stato fa la sua parte, e bene, una nazione non potrà che trarre beneficio dal suo intervento. L’Ungheria guidata da Viktor Orban, è l’esempio più chiaro di come lo Stato possa risanare una situazione di instabilità economica, utilizzando gli strumenti economici che la macchina statale ha a disposizione.
La rinascita dell’Ungheria passa in primo luogo dal controllo della Banca centrale da parte del Governo, con la nomina di un direttore imposto dall’esecutivo per riguadagnare il controllo della politica monetaria della nazione e infrangere definitivamente il tabù liberista della sua indipendenza, sempre in omaggio alle teoria quantitativa della moneta che associa la stampa della moneta all’inflazione. Una teoria rigettata dallo stesso Milton Friedman, il suo esponente più noto che negli ultimi anni della sua vita riconobbe la fallacia di questa equazione sulla quale sono impostati i trattati europei che hanno come obiettivo principale non il raggiungimento della piena occupazione, ma quello della stabilità dei prezzi. In questo contesto l’eurozona è trascinata in una spirale deflattiva che si abbatte sulle economie dei paesi europei, con consumi ridotti ai minimi termini e una disoccupazione crescente.
Orban ha voltato le spalle ai dogmi del liberismo che avevano portato l’Ungheria a lasciare per strada più di 10 punti di PIL, ed è ripartito dalla centralità dell’intervento pubblico con la nazionalizzazione del sistema pensionistico, opponendo un netto rifiuto all’ipotesi dell’ingresso del suo paese nell’Eurozona. E per questo si è guadagnato la fama di malvagio antieuropeista nei corridoi di Bruxelles, che ha ridotto i finanziamenti europei all’Ungheria per punire chi non si è voluto allineare ai suoi diktat. Sanzioni che a quanto pare non hanno influito minimamente sull’andamento dell’economia ungherese, che sta conoscendo un vero e proprio boom con il PIL che dall’inizio del 2014 è volato ben oltre il 7% e l’anno ancora non si è concluso.
Un personaggio decisamente scomodo, Orban, che ha abbandonato la politica filo atlantista per girare lo sguardo a est verso Mosca, con la quale ha costruito un solido asse di collaborazione e procede speditamente insieme al Premier Serbo Vucic alla realizzazione del gasdotto Southstream, osteggiato dalla Commissione Europea perché bypasserebbe l’Ucraina nella fornitura di gas ai paesi europei. La partita fondamentale per restituire all’Ungheria il controllo delle proprie risorse energetiche, passa dal controllo dei servizi pubblici per i quali Orban sta proseguendo su una strategia di nazionalizzazioni già iniziata nel 2010 , riprendendo il possesso della controllata ungherese del settore energetico posseduta dal gruppo tedesco E.ON., della società petrolifera MOL e di una società idrica che era stata acquisita dalla francese Suez.
L’obiettivo è ottenere il controllo dei servizi pubblici e delle utilities: “Una volta per tutte dobbiamo fermare l’era in cui i fornitori di servizi energetici potevano fare utili alle spalle della gente”, ha dichiarato il primo ministro magiaro. Un vero e proprio strappo alle politiche liberiste imposte dalla Commissione Europea, fondate sulla privatizzazione dei servizi pubblici e sul controllo delle authority che come dimostra il caso italiano non fanno altro che sanzionare una situazione di monopolio privatistico sui settori pubblici che posseggono le caratteristiche di monopoli naturali, perciò il privato si trova in condizioni ideali per trarre profitto dal controllo dell’energia elettrica o dei trasporti non potendo avere concorrenti, e il risultato è stato il lievitare dei costi delle utility e lo scadimento dei servizi.
Un principio che Orban conosce bene e non intende fermarsi su questo cammino, mandando un avvertimento alla tedesca E.ON. per una prossima acquisizione totale della compagnia. La strada per sfidare i poteri forti passa proprio da qui, sul controllo degli strumenti fondamentali economici attraverso i quali lo Stato può intervenire per sanare quelle situazioni di squilibrio e di controllo monopolistico da parte di mastodontici gruppi privati stranieri, assumendone egli stesso il controllo per ottenere un calo delle tariffe e rendere così il servizio fruibile anche ai meno abbienti.
Un modello questo che apparteneva all'Italia, fondato sulla gestione dei servizi pubblici, demonizzato e vilipeso nel corso degli anni da una campagna mediatica sostenuta anche e sopratutto da economisti di fede liberista, che hanno dipinto lo Stato come il nemico da abbattere dipingendolo come un intruso che non può e non deve secondo la loro visione mercantilista intervenire nella regolazione dei processi economici. Il risultato, lo abbiamo constatato sulla nostra pelle, è stato la creazione di un’anarchia liberista che accentra su di sé tutti i poteri più importanti di cui l’economia ha bisogno e comprime ogni spazio di manovra che lo Stato può utilizzare per invertire la tendenza. In questo modo si continuano a seguire politiche procicliche che non fanno altro che aggravare la recessione.
Il primo ministro ungherese ha deciso di non vendere il suo paese alle élite transnazionali che stanno, al contrario, saccheggiando il nostro, ha sfidato coraggiosamente i poteri forti ed è stato premiato con la rielezione e una ripresa formidabile. Un politico che fa gli interessi del suo popolo deve prendere esattamente queste decisioni a livello economico e ribellarsi ai diktat di Bruxelles. Quanto ne avremmo bisogno anche in Italia....

Le più recenti da NOTIZIE BREVI

On Fire

Il "piano Draghi": ora sappiamo in cosa evolverà l'UE

di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico Io credo che le prossime elezioni europee andrebbero inquadrate nel modo più corretto possibile. Provo a dare la mia interpretazione. 1 Si dà troppo...

Andrea Zhok - Il momento esatto in cui si è deciso il suicidio di Ucraina e Europa

di Andrea Zhok* Tre giorni fa, il 16 aprile, l'autorevolissima rivista di provata fede atlantista "Foreign Affairs" ha pubblicato un articolo che mette la parola fine a tutte le chiacchiere intorno...

L'avviso (finale) del Fondo Monetario Internazionale all'Impero Americano

di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico   Abbiamo sempre sottolineato che questa enorme crisi geopolitica in corso abbia una origine di tipo economico e monetario. Del resto solo le persone ingenue...

Alessandro Orsini - Le democrazie occidentali, le dittature e l'antropologia culturale

  di Alessandro Orsini*   C’è questa idea senza alcun fondamento empirico secondo cui le democrazie occidentali sono sempre migliori delle dittature. Lo studio della storia smentisce...

Copyright L'Antiplomatico 2013 all rights reserved
L'AntiDiplomatico è una testata registrata in data 08/09/2015 presso il Tribunale civile di Roma al n° 162/2015 del registro di stampa