L’antifascismo “atlantico” dell’imperialismo. L’urgenza di una riflessione


di Diego Angelo Bertozzi
(articolo già pubblicato su Marx 21)
Uno dei segnali della sconfitta subita dalla sinistra e dai comunisti in Italia (e non solo) è rappresentato dalla sorte subita, a livello simbolico, dall’”antifascismo”, ormai utilizzato con libera disinvoltura dalla propaganda imperialista come strumento di consenso, in ambito Nato, in grado di creare egemonia anche in un campo pacifista - e in senso più generale nella sinistra europea - attraversato da divisioni e contraddizioni. L’assenza di un serio e vasto movimento di opposizione alle tante aggressioni che si sono dispiegate negli ultimi lustri è indicativo del successo ottenuto in questo senso.
L’ultimo rapporto di “Human Rights First” (1) sul riemergere del fascismo in Europa è l’ennesima operazione orientata allo stravolgimento dell’antifascismo storico al fine di legittimare l’espansione della Nato ad Est e bollare con infamia ogni opposizione e ogni voce coraggiosamente critica.
Che una parola non venga dedicata alla lisciata di pelo amorevolmente concessa da Usa e Europa ai nazisti in Ucraina non può essere certo sorprendente in un rapporto che sussume nella categoria “fascismo”ogni critica agli interessi economici e strategici Usa: dall’allargamento della Nato, alla stipula del trattato di libero scambio, passando per la presenza di basi statunitensi. L'accusa di“fascismo” diventa così l’arma “assoluta”, soprattutto in ambito europeo, per condannare e discriminare – espellere senza scampo dal dibattito e dal consorzio civile - ogni radicale critica agli interessi Usa. Tanto più che posizioni simili vengono - in un quadro di vera e propria caccia alle streghe - collegate a subalternità nei confronti delle mire egemoniche della Russia di Putin, che finanzierebbe a piene mani i movimenti fascisti di tutta Europa.
Ovviamente, nel rapporto, non vengono presi in considerazione i tanti finanziamenti che da occidente arrivano alle forze politiche anti-Putin o alle tante operazioni di “rivoluzione colorata” che hanno visto in campo l'impegno economico di tante agenzie e ong.
Ed ecco che il cerchio si chiude: il fascista del XXI° secolo è colui che cerca di comprendere le ragioni della Russia e denuncia il colpo di Stato in Ucraina come ennesima marcia della Nato nei sobborghi di Mosca. Più semplicemente: è “fascista” chi appoggia gli Stati -i “regimi” nel discorso dominante - che resistono al dispositivo militare ed economico dell’unilateralismo imperialista di Usa e alleati (con il seguito di istituzioni finanziare come il FMI).
La lunga pratica storica dell’utilizzo del fascismo - e di regimi che ad esso si ispiravano - da parte dell’imperialismo occidentale è ormai “orwellianamente” cancellata. Ricordare il passato ingresso nel dispositivo Nato della Spagna franchista e del Portogallo salazarista- in funzione del contenimento della “marea rossa” bolscevica - altro non è che bieca propaganda anti-americana. Il sacrificio sull’altare dell’anticomunismo dei tanti antifascisti spagnoli è un ricordo ormai sopito. Nell'Asia dell'immediato secondo dopoguerra, sempre per bloccare l'influenza rossa, l'Occidente “democratico”ricorse ai tanti collaborazionisti del fascismo nipponico, per riorganizzare i nuovi governi: su tutti il caso di Manuel Roxas, subito piazzato alla presidenza delle Filippine.
La riduzione dell’antifascismo a utile strumento della nuova “guerra fredda” deve indurci a riflettere seriamente, per andare finalmente oltre una stanca e autocelebrativa retorica, per non subire una lunga fase terminale di piena e completa subalternità.
Cos’è l’antifascismo se non la denuncia delle guerre di aggressione, dei bombardamenti indiscriminati, della sovversione violenta, dell’utilizzo (vedi Ucraina) dello squadrismo nazistoide per disfarsi di governi scomodi?
Cos’è l’antifascismo se non la contrapposizione più netta all’azione dei “cingolati” del liberismo - sempre pronti a seguire con puntualità le avventure belliche della Nato - a difesa di una compiuta democrazia (progressiva) dei diritti sociali e dell’inclusione? Cos’è l’antifascismo se non la conquista della democrazia nei luoghi di lavoro? Il diritto universale a progettare la propria vita oltre l’angusto orizzonte della sopravvivenza da strumento bipede da lavoro? Ebbene, ora l’antifascismo dominante è l’opposto di tutto questo; è l’orrenda creatura partorita dall’odierno “fascismo”. Moriremo del loro “antifascismo”?

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