Abe visita Yasukuni e le tensioni con la Cina aumentano

Il leader dell'opposizione giapponese, Shinzo Abe, ha fatto visita mercoledì al santuario di Yasukuni a Tokyo, che onora i caduti della seconda guerra mondiale, tra cui diversi criminali di guerra. In passato le visite da parte dei leader giapponesi a Yasukuni avevano sempre prodotto casi diplomatici con Cina e Corea del Sud, che vedono il santuario nel centro di Tokyo come il simbolo del rifiuto del Giappone di pentirsi delle aggressioni passate. In un momento di crescenti tensioni con i vicini asiatici, la scelta di Abe, probabile primo ministro dopo le elezioni della prossima estate, aumenterà il livello del conflitto soprattutto con Pechino. L'agenzia di stampa cinese Xinhua ha infatti subito condannato il gesto, sottolineando come: “la visita di Abe rivela che la destra giapponese rappresenta un rischio concreto di militarizzazione”.
Ministro degli Interni dall'ottobre del 2005 e dal 2006 successore di Koizumi alla guida del paese, Abe aveva il progetto di riportare il Giappone ad una posizione di prestigio globale con una politica estera eccessivamente aggressiva: sotto la sua amministrazione, Abe aveva fatto approvare una legge volta ad indire un referendum per rivedere la Costituzione pacifista e anti militarista del Paese e si era battuto per la riscoperta dei valori nazionalisti, imponendo l'insegnamento del patriottismo nelle scuole. Abe fu protagonista inoltre di una serie di dichiarazioni improprie che causarono le sue dimissioni: celebre fu il caso diplomatico con Cina e Corea del Sud creatosi in virtù di una sua dichiarazione, secondo cui non vi erano prove che le donne erano state costrette a divenire schiave sessuali dai soldati giapponesi durante la seconda guerra mondiale. La scelta del mese scorso del partito liberal-democratico di sceglierlo come suo candidato premier alle elezioni di quest'estate simboleggia i ltentativo di cavalcare il ritorno di toni nazionalisti nel paese per la disputa territoriale con la Cina per le isole Senkaku.
La svolta politica in corso in Giappone preoccupa anche gli Stati Uniti, vincolato per trattato a difendere la sua integrità territoriale. Alcuni analisti statunitensi hanno anche evidenziato il peggiore dei scenari possibili, vale a dire una guerra forzata contro la Cina, se il Giappone dovesse voler arrivare ad un conflitto aperto con Pechino per la sovranità delle isole Senkaku. “Se Abe farà realmente quello che sta dicendo, avremo grossi problemi”, ha dichiarato Gerald Curtis, esperto di politica giapponese alla Columbia University. Tuttavia, Curtis, ha anche sottolineato come la posizione intransigente di Abe potrebbe modificarsi da primo ministro, quando dovrebbe essere in grado di riconoscere che peggiorare ulteriormente i legami con il principale partner commerciale giapponese potrebbe avere conseguenze drammatiche. Molti analisti giapponesi sottolineano, del resto, come Abe sia un politico molto accorto e pragmatico e che i toni nazionalisti siano finalizzati a vincere le elezioni, ma una volta insediato assumerà una posizione diversa. Del resto, il suo primo atto come primo ministro è stata una visita in Cina per riparare alla visita allo Yasukuni del suo predecessore, Junichiro Koizumi. Il Giappone sta pagando enormente dal punto di vista economico il conflitto politico con la Cina: le principali aziende nipponiche hanno visto crollare le loro vendite per il boicottaggio dei prodotti deciso dai cittadini cinesi.

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