Nonostante 17 pacchetti di sanzioni, la strategia dell’Unione Europea per colpire l’economia russa sembra fare acqua da tutte le parti. Lo evidenzia il quotidiano tedesco Bild, secondo cui Mosca incasserà nel 2025 circa 233 miliardi di euro da esportazioni energetiche e di materie prime. Le misure introdotte – dal blocco del petrolio via mare al congelamento di 300 miliardi di riserve russe – non hanno impedito alla Russia di crescere. Anzi, secondo Vladimir Putin, l’economia russa è oggi la quarta al mondo per parità di potere d’acquisto, dietro solo a Cina, USA e India.
Paradossalmente, l’UE è ancora il quarto maggior acquirente di energia russa, con una spesa prevista di oltre 20 miliardi di euro nel 2025 per petrolio, gas e uranio. Intanto, famiglie e imprese europee, specie in Germania, pagano a caro prezzo la corsa alle alternative energetiche. La frattura interna al blocco cresce: Ungheria, Slovacchia e ora anche l’Italia – tramite la Camera di Commercio Italo-Russa – chiedono un ripensamento.
Bruxelles risponde con nuove misure contro la “shadow fleet” russa, quindi la domanda sorge spontanea: perché il blocco europeo continua a imporre misure sostanzialmente inutili per indebolire la Russia, ma che invece al contempo danneggiano i paesi del Vecchio Continente?
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