Concertone del primo maggio, il solito depistaggio di massa contro il lavoro?


di Alessandro Bianchi

“I sindacati dovrebbero abolire il concertone del Primo Maggio. Non solo perché devasta il centro di Roma in una ubriacatura eccessiva, ma soprattutto perché ha perso ogni valenza politica ed appare sempre di più come una gigantesca foglia di fico davanti alla mancanza di una strategia di tutela e promozione dei lavoratori più giovani. Vorrei dire invece ai sindacati: abolite il concertone e usate le stesse energie mediatiche, finanziarie, politiche per la vita dei giovani lavoratori italiani. Meno circenses e più panem”. Si esprimeva così l’Unità il 1 maggio 2009, come rileva Maria Murone su The Universale. Non c’era chiaramente ancora Renzi e i toni erano molto meno ossequiosi e riverenti.
Abolire il primo maggio. Una provocazione all'epoca dell'Unità, giornale che del resto ha sempre fatto finta di non capire, anche quando non era la Pravda renziana, che i giovani lavoratori italiani non hanno lavoro per un sistema monetario, l'euro, che impone l'austerità e il neo-liberismo - quindi la "flessibiltà" cioè disoccupazione nel sud Europa - come unico possibile sistema.

In questo drammatico periodo per la storia del nostro paese, organizzare una festa del lavoro imporrebbe slogan chiari, bersagli di lotta mai così nitidi e una strategia che solo chi è oggi complice non vede. Non voler affrontare la madre di tutte le questioni per il mondo del lavoro, come si ostinano oggi a fare le tre principali sigle sindacali italiane, rende tutto drammaticamente inutile.

La nostra critica non è rivolta alle centinaia di migliaia di persone che oggi andranno al celebre Concertone di San Giovanni, anzi, sono energia viva di un paese in una lenta e costante eutanasia. La nostra riflessione è rivolta alla decina di artisti che si succederanno per conto di quei sindacati responsabili della distruzione del lavoro nel nostro paese e che, ci lanciamo in questa previsione, ancora una volta mancheranno (di proposito?) tutti i veri bersagli della lotta. Lotta, che come ha ricordato Noam Chomsky nella sua ultima intervista a El Mundo, è una lotta di classe per abbattere Welfare, democrazia e costituzioni. E, come in tutte le lotte di classi, o si sta con il lavoro o con il capitale, alternative non ce ne sono.

In un'intervista recente a Rolling Stones, il grande Roger Waters bacchettava i suoi colleghi a stelle strisce che, al contrario di quello che accadeva negli anni '60 e '70 quando gli artisti riuscivano a dare la scintilla per mobiltazioni di massa contro la guerra in Vietnam, oggi non solo non riescono ad essere incisivi sui grandi crimini internazionali, come l'ocupazione israeliana, ma non hanno neanche il coraggio di nominarli. Per non scalfire le logiche della grande produzione e continuare a lavorare, chiaramente.

Ecco, lo stesso coraggio manca alle decine di artisti che sfileranno oggi per conto di sindacati defunti oggi a San Giovanni.

Come si fa a dire oggi di essere per le politiche del lavoro, di provare solidarietà per i milioni di disoccupati o alla generazione del voucher e non dire una parola sull'euro?

Come si fa oggi a dire di difendere la Costituzione anti-fascista e partigiana e far finta di non capire che la sua distruzione porta avanti un progetto sovra-nazionale e che Renzi non sia altro che uno dei tanti burattini di Bruxelles?

Come si fa a dire di essere per la "pace nel mondo" o dichiarsi inorriditi per la situazione dei migranti e non dire una parola sull'organizzazione criminale, la NATO, responsabile della fuga di quei milioni di disperati?

Come si fa oggi a dirsi "di sinistra" e non mettere in discussione la dittatura di Bruxelles (sede Ue e Nato), Francoforte e Washington? A non dire, per dirla alla Roger Waters, mai neppure una parola sull'argomento.

Non si può. Per questo, per l'ennesimo anno, per l'ennesimo primo maggio, gli artisti che sfileranno
nel Concertone continueranno nella loro azione di depistaggio delle centinaia di miglia di persone che crederanno di assistere ad uno spettacolo di "sinistra" e saranno invece testimoni dell'ennesimo teatrino affinché nulla della loro situazione cambi. O forse no. O forse quest'anno gli artisti sfideranno le logiche del capitale e ci stupiranno? Noi siamo qui pronti a raccontarlo e a complimentarci.

Oggi è il primo maggio 2016. Sono passati 7 anni e la situazione è sempre più drammatica sul fronte lavoro, se pensiamo alle previsioni scoraggianti del presidente dell’ Inps, Tito Boeri, alla grande beffa della pensione che diventa un gigantesco punto interrogativo per i giovani. La vedranno mai? La classe dei giovani tra i 25 e i 34 anni rischia di dover lavorare fino a 75 anni. A patto di riuscire a trovarlo un lavoro. Già. E allora questo concertone dei sindacati appare ancora più imbarazzante e fuori luogo. Cosa c’è da festeggiare? Il non lavoro, la precarietà, i laureati che lavorano nei call center sottopagati e umiliati, il jobs act del nulla. “Continuare a organizzare il concertone per suggerire un’immagine di vicinanza ai più giovani non serve a niente senza iniziative politiche adeguate, anzi, è controproducente: nessuno ci crede, alla vicinanza”, diceva ancora l’Unità. Per non parlare della music industry. Industry, appunto.
Allora si può parlare ancora di festa santo Dio! Cosa c’è da festeggiare?
«Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza» (Lc 16,13)

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