Così il referendum olandese sull’Ucraina può far esplodere l’Europa


di Eugenio Cipolla

«Se l’esito del referendum rimane così com’è oggi, allora non possiamo continuare con la ratifica dell’accordo di associazione con l’Ucraina. Questa è la mia visione politica. Il “no” ha chiaramente vinto. Per l’affluenza finale abbiamo bisogna di ottenere una conferma più sicura. Siamo entrati in un processo che va per step. Prima discuteremo questi risultati con il governo, poi seguiranno consultazioni con la Camera e i nostri partner europei. Ci prendiamo del tempo per questo. Si tratterà di settimane, piuttosto che di giorni». Mark Rutte ha scelto Facebook per commentare il risultato del referendum di ieri sulla ratifica dell’accordo di Associazione Ue-Ucraina. Il premier olandese ha lanciato un messaggio forte e diretto, soprattutto ai piani alti di Bruxelles, confermando la volontà di rispettare le promesse della vigilia, quando aveva assicurato che il suo governo, pur trattandosi di un referendum consultivo, e dunque non vincolante, avrebbe dato seguito alla volontà popolare. Qualunque fosse stata.

D’altronde, nelle urne i cittadini olandesi sono stati piuttosto chiari: il 61% ha votato contro, mentre il 38,1% si è espresso a favore, con un affluenza del 32,2%, superiore di un paio di punti all’asticella del 30%, quorum minimo per considerare il voto valido. Ed è proprio su quest’ultimo aspetto che si giocherà non solo la partita interna olandese, ma anche il futuro dell’Europa intera. In realtà i risultati definitivi arriveranno solamente il 12 aprile, quando il Consiglio elettorale dei Paesi Bassi avrà incrociati i dati elettronici con quelli cartacei. Il margine di errore sull’affluenza è del 3% e, nel caso in cui il dato definitivo dovesse scendere al 29%, potrebbero aprirsi margini per un ripensamento da parte dell’esecutivo guidato da Rutte (a quel punto, infatti, il voto non sarebbe più valido).

Anche perché da Bruxelles sono arrivate le prime pressioni, con fonti del Consiglio europeo che, attraverso la stampa, hanno chiesto al governo olandese una risposta immediata sul da farsi. Le opzioni sono due: non rispettare l’esito della votazione, a prescindere dal conteggio sull’affluenza, accontentando l’Europa e creando al tempo stesso una frattura con i cittadini (che a quel punto si sentirebbero ignorati dalla politica), oppure accettare quel 61% e rischiare di far esplodere l’Europa.

Quest’ultimo scenario spaventa molto i vertici dell’Ue, perché metterebbe a rischio ogni processo decisionale e politico dell’Unione, dimostrando che l’Europa può essere contraddetta dai propri cittadini e incoraggiando i sostenitori del “Brexit” ad andare avanti nella loro battaglia solo apparentemente impossibile. Non a caso stamane la stampa britannica ha dato molto rilievo al risultato del referendum (al contrario di quella italiana), confermando il grado di influenza che questo avrà sulle scelte dei sudditi di sua Maestà.

La strada è stretta e anche le soluzioni di “emergenza” che stanno affiorando in queste ultime ore sembrano davvero rischiose. Una vede la divisione dell’accordo in due parti, una economica, che continuerebbe comunque a operare, e una politica, ratificata singolarmente da tutti i paesi; l’altra vede l’esclusione dei soli Paesi Bassi dall’accordo. In entrambi i casi, si creerebbe un precedente capace di far nascere gravi divergenze all’interno dell’Ue, perché a quel punto sarebbe giustificato persino un rifiuto dell’Ungheria nell’accogliere i rifugiati siriani che passano dalla Turchia.

Ma c’è anche un altro fronte importante da tenere d’occhio e che sarà influenzato da questo referendum, quello russo-ucraino. Petro Poroshenko ha provato a “minimizzare”, spostando l’argomento «sull’attacco nei confronti dei valori dell’Unione Europea», ma sa bene che il voto degli olandesi indebolirà la posizione del suo paese a livello diplomatico. «La situazione sta cambiando con gradualità e il fatto stesso del referendum di oggi sull'accordo di associazione Unione europea-ucraina nei Paesi Bassi non fa che confermarlo», ha detto Vladimir Chizov, ambasciatore russo presso l’Unione Europea. «Le nazioni dell'Unione europea stanno cominciando a vedere non solo quello che accade nel Dombass, ma anche quel che accade a Kiev e altrove in Ucraina, stanno vedendo che le riforme che erano state promesse dal governo eletto dopo il colpo di stato del 2014 sono rimaste soltanto sulla carta».

Su Facebook il premier russo Dmitri Medvedev ha detto che «i risultati del referendum olandese sull'accordo di associazione dell'Ucraina con l'Ue sono un indicatore dell'atteggiamento degli europei verso il sistema politico ucraino». Parole concise e dirette, che danno quasi l’impressione di come Mosca sia pronta a sfruttare l’onda del fallimento euro-ucraino per dimostrare agli occidentali, ma anche ai propri cittadini, di come sia stata una cosa buona opporsi a Poroshenko e soci.

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