Il Bangladesh segue con apprensione le violenze settarie in Myanmar

Il segretario generale dell'organizzazione regionale dell'Asean, Surin Pitsuwan, ha dichiarato oggi durante una conferenza stampa da Kuala Lampur, che il Myanmar ha rigettato un'offerta di tavolo delle trattative a tre - ASEAN, Nazioni Unite e Myanmar - per impedire che le violenze possano uscire dai confini nazionali. "Il Myanmar crede che sia una questione interna, ma può scatenare conseguenze drammatiche in tutta la regione se non affrontata a dovere", ha dichiarato Surin.
La crisi settaria in corso nella provincia orientale di Ratkine tra la minoranza musulmana di Rohingya e la maggioranza buddista ha creato una catastrofe umanitaria, che potrebbe allargarsi al vicino Bangladesh, dove centinaia di profughi cercano protezione, ma vengono respinti lungo le sponde del fiume Naf. Nello scorso giugno, quando la crisi a Ratkine si era intensificata, il ministro degli Esteri del Bangladesh, Dipu Moni, aveva chiarito con toni molto duri come il suo paese non voleva dar protezione a nessun altro rifugiato, nonostante le richieste internazionali di aprire i confini, perché già ampiamente “sovraccaricato”. Del resto, nei campi profughi bengalesi, i Rohingya vivono in condizioni che Human Rights Watch ha definito come “le peggiori mai viste”, con un incredibile tasso di malnutrizione tra i bambini, assenza di acqua potabile e la mancanza delle condizioni minime d'igiene che favorivano il dilagare di malattie, oltre a restrizioni alla libera circolazioni e gravi violazioni dei diritti umani.
Le tensioni rimangono alte a Rakhine dal maggio scorso, quando una donna buddista è stata violentata ed uccisa da tre musulmani. In una spedizione punitiva, la comunità buddista ha poi ucciso 10 musulmani per vendetta, anche se totalmente estranei all'incidente, generando un'escalation di violenze settarie riaccesosi una decina di giorni fa per ragioni ancora non ben definite. Le due comunità sono ora segregate. Ad agosto, il governo centrale ha creato una commissione per investigare sulle violenze, rinunciando ad una inchiesta delle Nazioni Unite. Oltre 22 mila persone, la maggior parte musulmani, sono al momento senza casa e dispersi per le violenze scoppiate nello stato occidentale di Ratkine in Myanmar. A dichiararlo domenica all'agenzia di stampa AFP, il rappresentante delle Nazioni Unite a Yangoon, Ashok Nigam. "Gli ultimi dati di cui disponiamo ci indicano che 22,587 persone sono dispersi e circa 4,665 case siano state distrutte”, aggiungendo come 21,700 delle persone senza casa sono musulmani.

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