La più grande auto-umiliazione nella storia del Corriere

22 Aprile 2021 16:46 Fabrizio Verde

«Tranne che per qualche disagio di breve durata nei flussi commerciali, la Brexit si è rivelata un evento insignificante sotto il profilo macroeconomico», basta il sottotitolo di un commento firmato dall’editorialista del Financial Times Wolfgang Munchau sul Corriere della Sera, a smontare anni di fake news e terrorismo mediatico sparso a piene mani sulla Brexit. Ironia della sorte, con proprio il Corriere in prima linea nel pronosticare imminenti catastrofi per il Regno Unito fuori dall’Unione Europea.

Ricordate? Nel giugno del 2018 il Corriere pubblicava un articolo intitolato «Brexit, lo scenario dell’Apocalisse: in due giorni mancheranno medicine e rifornimenti», pezzo corredato da un sottotitolo dai toni ancor più terroristici: «Svelato dossier riservato: il 29 marzo 2019, è la previsione, il porto di Dover collasserà, Scozia e Cornovaglia saranno a corto di rifornimenti, poi mancheranno le medicine».

Quindi oggi arriva l’auto-umiliazione con la pubblicazione dell’editoriale di Munchau che smonta tutta una narrazione terroristica in cui proprio il Corriere si è distinto nel tentativo di diffamare l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.

Invece, come abbiamo visto che nella lotta al Covid, il Regno Unito fuori dal mostro europeo corre e gode di forma smagliante.

Ancora una volta i professionisti dell’informazione hanno sbagliato tutte le loro previsioni. Il dubbio a questo punto è tra malafede e crassa ignoranza.

Scrive Munchau: «Ricordiamo tutti il grande clamore suscitato dalla notizia dell’interruzione degli scambi commerciali tra Regno Unito e Unione europea dopo il primo gennaio. Molto più sottotono, invece, è passato il fatto che quasi tutte le esportazioni britanniche hanno ripreso a viaggiare a pieno ritmo. A febbraio sono risalite del 46,6 percento, dopo un calo del 42 percento a gennaio. Le importazioni però non hanno tenuto lo stesso passo. Sono aumentate del 7,3 percento a febbraio dopo un calo del 29,7 percento a gennaio. L’unica previsione che mi sento di avanzare in questo momento è che ben presto torneranno ai livelli pre-Brexit. I numeri ci rivelano che le più funeste previsioni in questo senso saranno certamente scongiurate».

L’editorialista del Financial Times poi analizza i gruppi che hanno clamorosamente sbagliato tutte le previsioni sugli scenari nel Regno Unito a Brexit avvenuta: «Le errate previsioni sulla Brexit rispecchiano tre fenomeni distinti ma sovrapposti. Il primo riguarda l’acquisizione dei dati politici da parte degli analisti ufficiali. Il tesoro inglese e la Banca d’Inghilterra non sono stati, ovviamente, attori neutrali. Le istituzioni internazionali, come l’FMI e l’OCSE, annoverano il governo inglese tra i loro azionisti.

Il secondo gruppo ha sbagliato le previsioni perché ha lasciato prevalere le proprie preferenze politiche sulle stime economiche. A questa categoria appartengono quasi tutti gli altri attori della Brexit. La Brexit è stato un campo di battaglia politico che come nessun altro, negli ultimi tempi, ha agitato passioni ed emozioni, esasperando gli animi fino all’eccesso. Conosco ben poche persone che sono rimaste sinceramente neutrali. E le aspettative sulle ripercussioni economiche erano dettate al 100 percento dalle proprie convinzioni politiche.

Il terzo gruppo, formato in prevalenza da economisti, ha sbagliato le proiezioni per aver fatto affidamento a modelli errati. Benchè si ricolleghi per certi versi ai due gruppi precedenti, vale la pena identificare questo terzo gruppo separatamente. I modelli presi a riferimento sono basati sui flussi commerciali di lungo termine. Man mano che la Brexit innescava frizioni nello scambio dei beni materiali, e contrasti ben più accesi nei servizi finanziari e nel commercio agricolo, i modelli degli analisti puntavano verso una perdita di ricchezza sul lungo periodo. Ma sono modelli che guardano con un occhio solo, e hanno preso di mira esclusivamente gli svantaggi».

Intanto chi provava ad obiettare che la Brexit non avrebbe significato la fine del Regno Unito come qualcuno provava ad affermare nel tentativo di far passare l’idea presso l’opinione pubblica europea che non esiste possibilità di sopravvivenza o vita fuori dall’UE, veniva bollato con i peggiori epiteti. Ma come conclude Munchau «le previsioni più funeste, tuttavia, si sono rivelate errate e menzognere. Quando non riuscirono a prevedere la crisi finanziaria globale, gli economisti non erano motivati da malevolenza o da pregiudizi politici. Ma le loro previsioni sulla Brexit sono state tutt’altro che un errore in buona fede, e così passeranno alla storia».

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