di Diego Angelo Bertozzi
Già da tempo, all'interno delle tante iniziative che fanno da sostegno alla Belt & Road Initiative[1] (Nuova via della Seta), il governo della Cina popolare si era impegnato, soprattutto di fronte alle critiche sulla poca o scarsa trasparenza dei progetti collegati a tale iniziativa, a lanciare segnali collaborativi finalizzati anche alla creazione di centri compensativi per la risoluzione di eventuali controversie commerciali. Nel luglio del 2018, infatti, la Corte suprema del popolo cinese aveva annunciato l'istituzione di due tribunali commerciali internazionali: uno a Xian per gestire controversie sulla "cintura" economica della via della seta e l'altro a Shenzen per quelle legate al ramo marittimo. Già allora lo studioso Don Lewis, specializzato sia in diritto cinese che in diritto economico internazionale, sosteneva che con tale passo "il mondo dell'arbitrato internazionale e della risoluzione delle controversie internazionali in generale rischia di essere scosso dalle fondamenta" in quanto "ci sarà un grande spostamento verso la Cina e l'Asia e lontano dagli Stati Uniti e dall'Europa". Si tratta, insomma, del punto di partenza di un cambio di paradigma[2].
Tale volontà ha portato nei giorni scorsi (30 maggio 2025) alla firma di una Convenzione a Hong Kong che istituisce ufficialmente l'International Organisation for Mediation (IOMed). A firmarla alla presenza del ministro degli esteri cinese Wang Yi c'erano i rappresentanti di oltre trenta Paesi (tra i quali Pakistan, Indonesia, Venezuela, Serbia, Bielorussia e Cuba che diventano membri fondatori) e rappresentanti di 20 organismi internazionali. Va detto che per Pechino tale passo rientra appieno in un visione della politica/collaborazione internazionale indirizzata più alla convergenza di interessi che allo scontro o alla contrapposizione; e pienamente in linea con la prospettiva di un ordine globale che privilegia pluralismo, inclusività e risoluzione pacifica delle controversie. Allo IOMed è infatti chiesto di fornire servizio di mediazione amichevoli, flessibili, economici per controversie di diverse tipologie, che coinvolgano Stati, imprese o attori transnazionali. Sotto un altro aspetto - in prospettiva più interessante - si tratta di un'ulteriore "picconata" inflitta a un'architettura globale di matrice - sino ad oggi - occidentale come l'Organizzazione mondiale per il commercio (OMC) e altri forum sugli arbitrati internazionali plasmati in base agli interessi e alle tradizioni giuridiche di poche potenze dominanti. Missione dell'IOMed, lungo il sentiero del cambiamento dei rapporti a livello internazionale, è quindi quella di includere tradizioni giuridiche diverse e dare maggiori garanzie ai Paesi del Sud globale. Il carattere cinese di questa ennesima iniziativa è ben riconoscibile dall'enfasi posta sulla conciliazione e l'armonia come tasselli di un ecosistema giuridico internazionale che punta sul compromesso, il rispetto reciproco di contro all'assolutismo giuridico. Questo aspetto rende, ovviamente, visibile come questo organismo di mediazione si presenti anche come strumento geopolitico in un momento di passaggio - lento o contrastato quanto si voglia - verso un equilibro multipolare. Altrettanto ovvio è la risposta che arriva dalle nostre parti: basti pensare a Il Foglio per il quale ci troviamo già di fronte a "un colpo mortale al diritto internazionale" e - qui siamo alla piena malafede - e "un colpo letale alla neutralità degli organi giuridici internazionali", con Pechino che si crea - novello re Artù con gli occhi a mandorla - la sua corte[3].
[1] Per una visione globale di questa iniziativa rinvio a Bertozzi Diego Angelo, La nuova via della seta, Diarkos, Reggio Emilia, 2019.
[2] Belt and Road Interview Series: Don Lewis on Bri's Legal Framework, in Belt and Road Advisory, 5 agosto 2018.
[3] Il Foglio, Colpo mortale al diritto internazionale, 3 giugno 2025.
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