Pakistan: altre due settimane a Ashraf per riaprire il caso Zardari

La Corte suprema del Pakistan ha concesso altre due settimane di tempo al primo ministro Raja Pervez Ashraf per riaprire con le autorità svizzere l'investigazione sul caso di corruzione che riguarda il Presidente Asif Ali Zardari. L'ultimatum precedente imposto dalla corte scadeva mercoledì e molti avevano temuto che si potesse ripetere quanto successo con il precedente primo ministro Yousuf Raza Gilani, destituito proprio per aver rifiutato di adempiere ad una obbligazione similare. Nell'ordine della corte, del resto, era chiarito come Ashraf rischiasse la stessa sorte. A sorpresa, tuttavia, mercoledì, il giudice Asif Saeed Khosa ha deciso di posticipare al 8 agosto il caso, dopo che il Procuratore generale, rappresentante del governo al processo, aveva chiesto ulteriore tempo per rendere "seri e genuini gli sforzi" volti a risolvere la stasi creatasi con il sistema giudiziario, chiedendo alla corte di ritirare l'ordine pendente, definiendolo “non attuabile e anticostituzionale”.
La lotta tra i poteri dello stato in Pakistan non conosce la conclusione. Rimane aperta anche la possibilità di elezioni anticipate prima del febbraio 2013, impedendo così al governo guidato da Zardari di portare a termine per la prima volta nella storia del paese la legislatura di cinque anni. Da tempo la Corte costituzionale cerca di riaprire il caso di corruzione contro il presidente Zardari, i cui sostenitori lo giudicano come una campagna di vendetta personale. Le accuse contro Zardari sono datate agli anni '90, quando lui e la sua ex moglie, l'ex primo ministro Benazir Bhutto, sono accusati di aver usato i conti bancari svizzeri per azioni da riciclaggio da oltre dodici milioni di dollari ricevuti in tangenti da compagnie estere. Il governo ha sempre affermato che il presidente gode di piena immunità, ma nel 2009 la corte ha ribaltato una legge d'amnistia politica, ordinando la riapertura del caso.

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