Paolo Maddalena - Suberbonus: è da rivedere l’intera struttura della finanza creativa

19 Febbraio 2023 16:24 Paolo Maddalena

Con decreto legge n. 11, del 16 febbraio 2023, entrato in vigore il giorno successivo, il Governo Meloni ha bloccato con effetto immediato la “cessione” dei crediti edilizi e lo “sconto in fattura” in materia di Superbonus edilizio al 110%.

Il Governo si è infatti accorto che il sistema del Superbonus ha creato un buco, nel bilancio dello Stato, di oltre 110 miliardi di euro, 2000 euro a testa, compreso vecchi e lattanti.

In base a tale decreto legge, resta in vigore il diritto di detrarre dalle dichiarazioni di imposta le spese per il restauro degli immobili a fini di recupero energetico, (detrazione definita “credito di imposta”) e oggetto del divieto è soltanto la “cessione” di detto credito, nonché dello “sconto in fattura”. Si sancisce, in particolare, un divieto secco per Comuni, Province e Regioni di acquistare crediti fiscali legati a lavori di ristrutturazione.

Si tratta, a mio avviso, di una conseguenza della assurda legge n. 130 del 1999, che ha creato la “cartolarizzazione dei diritti di credito”, con la quale, in pratica, si autorizzano le banche a emettere dei “titoli”, che in realtà hanno ad oggetto, non il “credito” in sé, ma l’altra faccia del credito e cioè i “debiti”, i quali in tal modo diventano commerciabili sul mercato generale. Una assurdità in plateale contrasto con la disciplina del codice civile sui titoli di credito, la quale impedisce assolutamente che i titoli di credito possano girare sul mercato come moneta contante (vedi artt. 2003, 2008 e 2022 c. c.). Il fatto è che, trattandosi in realtà, non di crediti di sicuro assolvimento, ma, come accennato, di “debiti”, il cui pagamento è “futuro e incerto”, si finisce per porre in circolazione, non un “bene giuridico”, il “credito”, ma solo la “speranza di un bene”, il “debito”.

Una operazione chiaramente ingannevole e sicuramente “tossica” per l’economia nazionale, quali sono, in genere, quei “prodotti della cosiddetta finanza creativa”, denominati “derivati”, che tali non sono, in quanto non hanno un sottostante reale dal quale derivino, e sono soltanto delle “scommesse” dall’esito incerto. Sarebbe molto opportuno che, per il bene della “Patria” e del “Popolo italiano”, la Meloni intervenisse radicalmente su questo tema. Ma la Meloni è una fervente “neoliberista” e, quindi, c’è poco da sperare.

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