Perché la sanità italiana (pubblica) è in crisi?

di Paolo Arigotti

Il filosofo Arthur Schopenhauer scriveva che: “La salute non è tutto, ma senza salute tutto è niente.”

Magari qualcuno tra i padri costituenti aveva letto questa frase, traendone ispirazione per la formulazione dell’art. 32 della nostra Costituzione, che stabilisce che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.”

Il sistema sanitario italiano è stato a lungo considerato tra i migliori al mondo e, nonostante quanto diremo, lo è tuttora [1], il che non significa che non esistano molti problemi, che finiscono per ripercuotersi nella vita di ognuno di noi.

Chi non ha provato, anche in tempi recenti, a prenotare una visita sentendosi rispondere che i tempi di attesa sono estremamente lunghi, per non dire proibitivi?

In teoria, il nostro sistema sanitario, ispirato al principio universalistico, dovrebbe garantire cure mediche e ospedaliere a tutti, al più chiedendo il pagamento di un contributo (il famoso ticket) ai “non indigenti”, ma sappiamo che la pratica vale più della grammatica. Se è vero che siamo (per fortuna) ancora lontani dal modello statunitense, che per la verità funziona un po' diversamente da come abitualmente ci viene descritto[2], sempre più di frequente ritardi e inefficienze, non necessariamente imputabili a chi ci lavora, rendono l’accesso ai servizi più teorico, che effettivo.

Nel nostro paese il sistema sanitario è stato da tempo “regionalizzato”, specie per effetto della discussa riforma costituzionale del 2001, che affidò alle regioni una competenza (concorrente) in materia di tutela della salute (art. 117), aprendo sempre di più la strada a una differenziazione dei sistemi locali, con forti penalizzazioni a carico delle regioni meno “ricche”. Non a caso, sta suscitando più di una polemica il varo della cosiddetta autonomia differenziata, che si tradurrebbe, nella sostanza, nell’attribuzione ad alcune regioni, tendenzialmente le più “ricche”, di spazi di autonomia più ampi (art. 116 Cost.), col pericolo per nulla infondato di accrescere il divario - che nei fatti già esiste - tra nord e sud del paese, coinvolgendo inevitabilmente anche la sanità [3].

Tuttavia, il rischio di una sempre maggiore discriminazione tra i cittadini non dipenderebbe tanto o solo dalla regione di residenza. La criticità che investe il sistema sanitario riguardano tutto il paese, a causa di una serie di fattori che vanno dalla costante riduzione delle risorse – intesa in senso economico, logistico e strumentale – cui si aggiungono altre questioni, che andremo a esaminare.

Nel mentre, di fronte al protrarsi dei tempi di attesa, sempre più persone sono indotte a rivolgersi al privato, che offre le stesse prestazioni (a pagamento), ma in tempi decisamente più ragionevoli. Non serve una laurea in medicina per capire come talvolta la tempestività dei controlli e delle terapie possa rivelarsi molto importante per salvaguardare la salute, se non la vita stessa dell’individuo. E questo senza voler considerare che molte terapie o interventi, ove tempestivi, possono rivelarsi indispensabili per prevenire problematiche più serie e importanti, che poi finiscono per ripercuotersi sul sistema sanitario, creando un ulteriore “tappo”, a cominciare magari dai pronto soccorso.

In questo senso, ha causato un certo clamore la notizia circolata nelle scorse settimane riguardante un gruppo privato con sede in Lombardia il quale, forse ispirandosi alle logiche di un noto vettore aereo low cost, ha inaugurato una sorta di servizio prioritario “sperimentale” per i casi non urgenti: in sostanza, il paziente in codice bianco, sborsando 149 euro, salterebbe la fila. E non è l’unico caso, visto che scelte analoghe sarebbero state fatte in altre strutture della stessa regione[4].

Per quanto, giova ribadirlo, parliamo pur sempre del settore privato, la decisione è stata letta come una spia di quella che un domani potrebbe essere una tendenza del sistema sanitario nel suo complesso. Anche per questo il movimento Medicina democratica[5] ha recentemente promosso un referendum regionale per salvare la sanità pubblica, ricevendo l’appoggio di diverse sigle sindacali [6].

Insomma, se è vero, almeno in via di principio, che la salute non si compra, sarebbe ipocrita negare come già oggi, de facto, a maggiori disponibilità economiche corrisponda l’opportunità di migliori (e più tempestive) cure. Non è un certo un caso se le statistiche danno conto di famiglie costrette a indebitarsi per potersi curare (magari finendo nelle mani degli strozzini[7]), come di quelle che decidono, loro malgrado, di non curarsi, vuoi per mancanza di denaro o per via dei tempi di attesa troppo dilatati: parliamo di cifre importanti, circa un terzo dei cittadini secondo i dati Eurispes riferiti al 2023[8], per non citare quei casi limite nei quali si rischia di fare una brutta fine proprio per aver aspettato troppo[9]. Si è calcolato che la spesa sanitaria pro-capite delle famiglie italiane, tra il 2000 e il 2019, sia aumentata del 61 per cento, del 20 in termini reali (al netto dell’inflazione); nel solo 2021 la spesa sanitaria privata è stata stimata in circa 40 miliardi.

Per quanto sia comune vedere le cose dal lato del paziente, non occorre dimenticare che le problematiche investono anche il personale sanitario, che nei casi più critici, non reggendo più lo stress, finisce per gettare la spugna[10], magari nel timore di incorrere in vicende legali[11], obiettivamente non sempre loro imputabili, trovandosi spesso a operare in condizioni per nulla agevoli.

In effetti, il blocco del turn over nel pubblico impiego è divenuto una costante a partire dal 2006. Per contenere la spesa pubblica in nome di (per noi) incomprensibili parametri economico finanziari imposti dall’appartenenza alla UE, non si è provveduto alla sostituzione del personale cessato dal servizio: il calo del personale sanitario ospedaliero è stato stimato nella misura del 7 per cento solo tra il 2007 e il 2019[12] [13]. E poi c’è l’aspetto economico, con il blocco delle retribuzioni – e il mancato adeguamento al costo della vita[14] – che ha spinto molti, specie tra i giovani, a cercare migliori opportunità all’estero e/o nel settore privato.

Si sa che in questo paese spesso viene detto che c’è un eccesso di dipendenti pubblici, ma la cosa non corrisponde al vero, per lo meno in termini assoluti. La proporzione tra il numero dei dipendenti pubblici in Italia e quello di altre nazioni europee è sfavorevole per il nostro paese[15], alla quale occorrerebbe aggiungere la non sempre razionale distribuzione del personale[16], tutte questioni che evocano responsabilità che appartengono a un livello superiore. Tra il 2009 e il 2017 sono andate via circa 46mila persone (tra cui 8mila medici e 13mila infermieri), con un maggiore impatto nelle regioni del centro sud[17]. Per la Corte dei conti, il numero dei medici di medicina generale è passato dai 45.878 del 2010 ai 42.428 nel 2019 (-3.450, un calo superiore al 3 per cento), con un rapporto medico/abitante di gran lunga inferiore a quello di molti paesi europei (circa 89 ogni 100mila abitanti).

Nessuno discute, però, che i maggiori problemi derivino dai tanti e discussi “tagli” alla sanità pubblica. Vediamo di fornire qualche dato, giusto per rendere l’idea delle dimensioni del fenomeno.

Negli ultimi quattro decenni - anno più, anno meno - nella sanità pubblica si è tagliato tanto, sia in termini finanziari, che di risorse umane e strumentali. Prima di passare ai numeri è opportuna una precisione, che spesso sfugge ai più: non si è trattato di una riduzione in termini assoluti, bensì di incrementi minori rispetto a quanto pianificato e in rapporto al PIL; detto in altri termini, più che spendere meno in assoluto, si spende meno rispetto a quel che servirebbe e riguardo all’andamento generale di una serie di indicatori economici. Ma il risultato non cambia: le risorse stanziate non sono sufficienti. Non dimentichiamo che nel corso del 2022 è intervenuto pure il “caro energia” a peggiorare i conti della sanità[18].

Premesso che, lungi dal costituire un alibi per nessuno, la crisi della sanità non investe solo l’Italia[19], ma molti paesi europei, l’anno che ha fatto in qualche modo da spartiacque è stato il 2020, che con lo scoppio della pandemia, che ha riportato all’attenzione generale una serie di dati. Se nel 2018 (citiamo volutamente un periodo precedente alla pandemia) l’Italia spendeva per la sanità l'8,8% del PIL (il 6,5 se si considerino i soli investimenti pubblici), il valore percentuale era molto al di sotto rispetto a paesi come Stati Uniti (14,3), Germania (9,5), Francia (9,3) e Regno Unito (7,5); peggio di noi, a livello continentale, solo i paesi dell’est e Spagna, Portogallo e Grecia.

Se in termini assoluti la spesa sanitaria cresceva di 8,8 miliardi rispetto al 2010, occorre tener conto dell’inflazione, che produce come risultato finale un calo di circa 37 miliardi rispetto agli inizi del decennio[20].

Tracciando una piccola cronistoria dei tagli, circa 25 miliardi sono stati operati tra il 2010 e il 2015 dai governi Berlusconi e Monti, mentre i restanti dodici sono imputabili agli esecutivi Letta, Renzi, Gentiloni, Conte (fino al 2019). Ci sembra importante sottolineare come la politica della “forbice” non dipenda dal colore politico del governo, visto che praticamente tutti - chi più, chi meno – ha tagliato. Nel 2022 la Fondazione Gimbe[21] ha tracciato un quadro ancora più sconfortante, parlando di un calo di risorse, verificatosi nell’ultimo decennio, che ha obbligato molti cittadini a fare ricorso a fondi integrativi per affrontare le spese sanitarie, in pratica a pagarsi di tasca delle polizze integrative.

Scendendo più nel dettaglio, tra il 2009 e il 2017 i tagli per gli investimenti degli enti locali (quelli che gestiscono i servizi sanitari) hanno sfiorato il 50 per cento (-48 per la precisione), mentre per il personale la sforbiciata è stata del 5,3. In un dossier[22] redatto lo scorso anno dalla federazione CIMO-FESMED, che riunisce circa 14mila sanitari, si legge della chiusura di 111 ospedali e 113 pronto soccorso verificatosi tra il 2010 e il 2020 (37.000 i posti letto persi), con una carenza di organico stimata oltre le 29 mila unità, più di 4mila dei quali medici. Sono in calo anche le guardie mediche (-700 unità) e gli interventi: 1.498 in meno ogni 100.000 abitanti; va pure peggio sul versante dell’assistenza ambulatoriale, dove dalle 9.635 strutture del 2010 si è passati alle 8.798 di fine decennio[23]. Preoccupante anche il numero dei posti nelle terapie intensive, divenute tristemente famose durante l’emergenza sanitaria, circa i quali l’Italia è molto indietro rispetto a diverse nazioni europee: per dirne una, la Germania ne ha circa il quadruplo [24].

E parliamo dei posti letto. Nel 2019 erano 151.646 (2,5 ogni mille abitanti), che pure sommati agli oltre 40mila delle strutture private, segnano una flessione di circa un terzo rispetto al 2000. Se volessimo tornare ancora più indietro nel tempo, nel 1976 l’Italia aveva circa dieci posti letto per mille abitanti, nel 1998 eravamo scesi a sei, attualmente siamo a circa tre. Per la cronaca nel 1976 eravamo circa 55,7 milioni[25], oggi siamo meno di 59 milioni (dati Istat 2023[26]). Per fare un ulteriore paragone con la Germania (che di abitanti ne ha circa 83 milioni[27]), qui il numero di posti letto è pari quasi a otto: lasciamo a voi le proporzioni.

Sul taglio dei posti letto, stando alle dichiarazioni ufficiali, avrebbe inciso la cosiddetta politica di deospedalizzazione: in pratica, si vorrebbe offrire al paziente, in quanto possibile, l’opportunità di curarsi a casa. Scelta condivisibile in via di principio, peccato che richiederebbe l’attivazione di servizi efficienti di cura e assistenza domiciliare, spesso penalizzati dalla famosa mancanza di risorse, come ribadito recentemente dall’Ufficio parlamentare di Bilancio, nel focus “L’assistenza sanitaria territoriale: una sfida per il Servizio sanitario nazionale”[28].

Di numeri e statistiche se ne potrebbero aggiungere ancora tante, ma non vogliamo tediarvi con troppi dati. Consentiteci, però, di aggiungere un ultimo spunto di riflessione. Qualcuno potrebbe essere portato a pensare che la tragica esperienza del Covid abbia determinato un cambio di passo: nulla di più sbagliato purtroppo. La nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza approvato a fine 2021 (Governo Draghi) - in pratica l’atto politico che disegna i futuri equilibri di bilancio – prevedeva, è vero, per il 2021 un aumento della spesa sanitaria di sei miliardi, ma allo stesso tempo metteva in cantiere una serie di tagli stimati, tra il 2022 e 2023, in una misura percentuale superiore al due[29].

Le risorse stanziate per la sanità pubblica dal PNRR sono stimate in circa 20 miliardi di euro[30], con importanti voci riferite alla telemedicina o alla digitalizzazione, in grado di creare un nuovo vulnus al fondamentale rapporto diretto tra medico e paziente[31]; non sfuggirà come vengano stanziati per la sanità meno del dieci per cento dei fondi a disposizione, con l’ovvia precisazione (che vale per qualunque ambito) che si tratta di risorse aggiuntive. Il governo in carica – in attesa della nuova manovra di bilancio, che naturalmente dovrà passare il vaglio di Bruxelles – ha annunciato a luglio scorso nuovi stanziamenti per circa otto miliardi per il prossimo triennio, annunciando un rafforzamento degli organici (già abbondantemente depauperati dai tagli che abbia visto), passando anche per un allentamento dei vincoli per gli accessi ai corsi di laurea in medicina[32].

Una delle strategie che sono andate per la maggiore negli ultimi decenni è rappresentata dal ricorso al privato, “scaricando” su quest’ultimo oneri e risorse, una scelta che pare confermata dalle nuove misure sulla concorrenza[33], varate dal Governo Draghi a fine 2021, confluite nella legge n. 118 del 2022[34]. A parte l’ovvia considerazione che certi servizi non possono rispondere solo a logiche di stampo aziendalistico (introdotte per la prima volta con il D.L. n. 502 del 1992), fermo restando il sacrosanto contrasto a sprechi o illeciti, la logica del profitto, che ovviamente informa l’attività dei privati, suscita non poche perplessità[35]; tali considerazioni le troviamo condensate nel saggio di Chiara Cordelli, intitolato “Privatocrazia. Perché privatizzare è un rischio per lo Stato moderno”[36], nel quale si evidenzia come non sempre privatizzazione ed esternazionalizzazione dei servizi producano efficienza ed economicità. Forse non è un caso che perfino negli USA si parli, specie alla luce dell’esperienza pandemica, della necessità di un maggior ruolo del pubblico[37]. Aggiungiamo un passaggio delle critiche di Barbara Cittadini, presidente dell’AIOP, l’Associazione Italiana Ospedalità Privata, che parla di “provvedimenti antitetici e contrastanti che, in ultima istanza, si ripercuoterà sul grado di assistenza e sulla qualità delle cure che il Servizio Sanitario Nazionale riuscirà ad assicurare ai pazienti”[38].

Un interrogativo che sarebbe lecito porsi - la risposta la lasceremo a voi - è se un servizio essenziale quale quello sanitario, garantito dalla Costituzione e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948, possa essere ispirato e/o gestito con criteri aziendalistici e/o ispirato a logiche puramente economiche. Chi ha un minimo di rudimenti di economia ricorderà che talvolta lo stato deve farsi carico dei servizi non economicamente proficui, proprio perché il privato non interviene non avendone la convenienza: ricorrente nei manuali scolastici è l’esempio della linea di trasporto pubblica improduttiva, che però garantisce i collegamenti per i residenti in località remote e/o di scarso interesse economico.

Ma non andrebbe trascurata neanche un’ulteriore considerazione, di più ampio respiro. La nostra Costituzione, spesso citata poco e a sproposito, contempla agli articoli 2 e 3 due principi fondamentali: la solidarietà e l’eguaglianza sostanziale.

Ora, in un periodo di grave crisi, quale quello che stiamo vivendo, chiedere a cittadini alle prese con mille problemi di doversi far carico di servizi che lo stato, con le nostre tasse, dovrebbe garantire, crediamo sia in contrasto con tali prescrizioni. Venendo da una fase storica nel quale si è tanto insistito sulla tutela dei cosiddetti soggetti “fragili”, sarebbe perlomeno contraddittorio non tener conto che già oggi, con un trend in costante crescita, i cittadini over 65 hanno raggiunto il 23,5 per cento della popolazione, e non bisogna essere medici per comprendere che parliamo delle persone che, in termini statistici, abbisognano maggiormente di cure e assistenza.

Il famoso adagio “ce lo chiede l’Europa” non può e non deve contrastare con la salvaguardia dei diritti fondamentali – richiamati dagli stessi trattati UE[39] e dalla costante giurisprudenza della Corte costituzionale[40] – a meno di non volerlo trasformare in un alibi per non aggredire alla radice le cause del problema. A marzo di quest’anno le regioni hanno denunziato i rischi del collasso della sanità pubblica per carenza di risorse[41], e, per quanto permangano molte sacche di criticità[42], sarebbe irresponsabile ignorare un allarme di questa portata.

Come si sottolinea in un interessante articolo[43], sarebbe necessario ripristinare un forte legame tra economia e sanità, che non sono confliggenti, bensì complementari per lo sviluppo economico e sociale del Paese.

FONTI

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[1] www.bloomberg.com/news/articles/2018-09-19/u-s-near-bottom-of-health-index-hong-kong-and-singapore-at-top#xj4y7vzkg

[2] www.epicentro.iss.it/politiche_sanitarie/riformaUSA

[3] www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=114070

[4] www.lindipendente.online/2023/08/17/se-paghi-salti-la-fila-al-pronto-soccorso-la-sanita-neoliberista-arriva-a-bergamo/

[5] www.medicinademocratica.org/wp/?p=14921

[6] www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/covid-19-tagli-servizio-sanitario-nazionale-chi-li-ha-fatti-perche/b18749f6-736d-11ea-bc49-338bb9c7b205-va.shtml

[7] www.quotidiano.net/economia/le-famiglie-italiane-sono-sempre-piu-indebitate-si-rischia-un-ritorno-dellusura-275b051c

[8] www.federfarma.it/Edicola/Filodiretto/VediNotizia.aspx?id=25038#:~:text=Edicola%20%3E%20FiloDiretto-,Eurispes%2C%20nel%202023%20oltre%2033%25%20italiani%20rinuncia%20a,cure%20per%20liste%20di%20attesa&text=Un%20quarto%20delle%20famiglie%20italiane,Isole%20(30%2C5%25).

[9] notizie.virgilio.it/vercelli-donna-di-45-anni-muore-dopo-aver-aspettato-nove-ore-al-pronto-soccorso-1538045

[10] www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/ospedali-bologna-dimissioni-medici-646d1513;

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[11] www.altalex.com/documents/news/2016/04/07/decesso-per-colpa-medica-quando-e-in-che-misura-sono-risarcibili-i-danni

[12] www.lindipendente.online/2022/02/22/come-e-da-chi-e-stato-smantellato-il-servizio-sanitario-nazionale-italiano/

[13] www.collettiva.it/copertine/welfare/2022/05/16/news/la_crisi_del_ssn_l_effetto_di_una_scelta-2112218/

[14] benedettomineo.altervista.org/dipendenti-pubblici-incompetenti-no-poco-motivati-il-risultato-dello-studio/

[15] europa.today.it/lavoro/Dipendenti-pa-europa.html#:~:text=Tra%20tutti%20i%20Paesi%20Ue,Italia%20in%20rapporto%20agli%20occupati; www.econopoly.ilsole24ore.com/2021/02/15/impiegati-settore-pubblico-pochi/

[16] www.eticapa.it/eticapa/massimo-severo-giannini-rapporto-sui-principali-problemi-dellamministrazione-dello-stato-1979/

[17] www.wired.it/attualita/politica/2020/03/12/tagli-sanita-italia-storia/

[18] www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=111471

[19] www.ilpost.it/2023/01/15/sistemi-sanitari-crisi-europa/

[20] www.gimbe.org/osservatorio/Report_Osservatorio_GIMBE_2019.07_Definanziamento_SSN.pdf#page=13

[21] www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/sanita/2019/06/11/gimbe-ssn-a-pezzi.-tagliati-28-miliardi-in-10-anni_7cad26b6-4420-4236-8fad-0e2dab4d803f.html

[22] www.sfogliami.it/fl/259786/f9es994svvrdpqsdndm2451kfue8n#page/6

[23] sinistrainrete.info/articoli-brevi/21108-gilberto-trombetta-nel-2020-i-tagli-alla-sanita-hanno-ucciso-piu-del-covid.html

[24] www.youtube.com/watch?app=desktop&v=cjJ7ICkcanc

[25] dati.istat.it/Index.aspx?DataSetCode=DCIS_RICPOPRES1981

[26] www.regioni.it/newsletter/n-4494/del-11-04-2023/istat-cala-popolazione-e-aumentano-stranieri-25499/

[27] www.populationpyramid.net/it/germania/2023/

[28] www.sanita33.it/medici/775/pnrr-sull-assistenza-domiciliare-lo-spettro-della-carenza-di-personale-i-dubbi-dell-upb.html

[29] www.lindipendente.online/2021/10/14/la-pandemia-cambia-tutto-tranne-il-liberismo-draghi-taglia-6-miliardi-alla-sanita/

[30] www.pnrr.salute.gov.it/portale/pnrrsalute/dettaglioContenutiPNRRSalute.jsp?lingua=italiano&id=5833&area=PNRR-Salute&menu=missionesalute

[31] www.lindipendente.online/2022/02/22/come-e-da-chi-e-stato-smantellato-il-servizio-sanitario-nazionale-italiano/

[32] www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?approfondimento_id=18290

[33] www.governo.it/sites/governo.it/files/77938-10029.pdf

[34] trendsanita.it/legge-concorrenza-e-sanita/

[35] startingfinance.com/approfondimenti/sanita-italia-storia-tagli/

[36] www.mondadori.it/libri/privatocrazia-chiara-cordelli/

[37] www.nejm.org/doi/10.1056/NEJMp2207374

[38] www.inuovivespri.it/2022/07/20/salute-piegata-finanza-barbara-cittadini-aiop-disegno-di-legga-concorrenza-mario-draghi/

[39] www.europarl.europa.eu/about-parliament/it/democracy-and-human-rights/fundamental-rights-in-the-eu

[40] www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/STU_306_Diritti_fondamentali_2017.pdf

[41] www.quotidianosanita.it/allegati/allegato1678209441.pdf

[42] www.ilsole24ore.com/art/sanita-crisi-profonda-bilanci-rosso-liste-d-attesa-e-cure-non-garantite-

[43] www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=114390

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