Perché le fake news sugli scontri al confine tra India e Cina?

28 Gennaio 2021 11:48 Piccole Note

Puntuali, ogni volta che Cina e India provano a dialogare, invece che accapigliarsi, sui confini tibetani, si registrano incidenti di frontiera che pongono criticità al dialogo, spesso mandando in fumo possibilità.

Sembra sia accaduto anche alcuni giorni fa, alla vigilia dell’ennesimo incontro tra una delegazione indiana e una cinese, come da agenda stipulata nell’ambito di un accordo quadro tra le due nazioni.

Un’intesa che prevede una serie di negoziati bilaterali per concordare una de-escalation controllata, dopo l’escalation del giugno scorso, quando uno scontro di confine rischiò di dar inizio a un conflitto vero e proprio tra le due potenze asiatiche.

Dopo quello scontro, infatti, i due Paesi hanno incrementato i rispettivi apparati militari sul confine conteso, con una tensione crescente e a rischio, almeno fino a quando, dopo una serie di contatti, hanno un accordo su un disimpegno parallelo e l’avvio del dialogo.

In altre note abbiamo accennato come tanti si oppongano a questa distensione, sia perché si vuole usare la contesa Cina-India per contenere Pechino sia perché è evidente che, se quest’ultima riesce a fare di New Delhi un partner strategico, non ce n’è per nessuno, come si dice a Roma.

Insomma, nuovo round di negoziati e, puntuali, nuovi scontri al confine. E, se non ci sono, occorre inventarli, com’è appunto accaduto nell’ultima occasione. La notizia dell’acceso scontro al confine tibetano del 20 gennaio ha fatto il giro del mondo. A rilanciarla tutti i media più importanti, ché quando certi media Usa o britannici danno la notizia, questa diventa subito “verità”.

Esemplare in tal senso, e analogo agli altri, il titolo dell’Ansa: “Scontri tra truppe India e Cina al confine”. Peccato che non era vero nulla, solo un bisticcio tra alcuni militari e nulla più.

La smentita delle fonti cinesi forse può apparire di parte, dato l’interesse di Pechino per la de-escalation. Ma a negare che sia successo un incidente di frontiera (addirittura uno scontro tra truppe…) è stata anche l’India, nel modo più categorico e autorevole.

Questa la dichiarazione ufficiale dell’esercito indiano: “Abbiamo ricevuto diverse domande riguardanti un confronto tra le truppe dell’esercito indiano e dell’EPL [esercito popolare di liberazione, quello cinese, ndr] nel settore del Sikkim”.

“È stato chiarito che c’è stato un confronto minore nell’area di Nakula del Sikkim settentrionale il 20 gennaio 2021, risolto dai comandanti locali secondo i protocolli stabiliti, i media sono pregati di astenersi dal travisare o esagerare informazioni completamente errate”.

Ovviamente, nessuno si è premurato di smentire la notizia data. Né di dare la notizia meno esplosiva, ma vera e più rassicurante per il mondo, che le due delegazioni hanno concordato ulteriori passi distensivi.

Sul punto rimandiamo alla nota del Global Times dal titolo: “Negli ultimi colloqui tra militari della Cina e dell’India si è concordato di affrettare i tempi per attuare un disimpegno anticipato in vista dell’avvicinarsi della primavera”.

Al di là delle Fake news più o meno interessate, va spiegato questo cenno alla primavera, che non è solo un rimando temporale.

Il punto è che l’area di attrito tra i due giganti asiatici si trova sul Tibet, ad altitudini notevoli che in inverno raggiungono temperature quasi polari, con ghiaccio, neve e tempeste tali da rendere praticamente impraticabili eventuali operazioni militari.

Situazione che ha, giocoforza, congelato anche le teste più calde. Ma in primavera cambierà tutto. Con rischi che le due potenze, almeno le menti più ragionevoli di ambo le parti, vogliono evitare.

Anche perché tra India e Cina, dopo gli incidenti (quelli veri) del giugno scorso, si è riaccesa una conflittualità antica, che il governo Modi aveva in parte sopito. E gli scontri di confine tra le due potenze potrebbero portare i due Paesi a un vero e proprio conflitto militare.

S tratta di due potenze nucleari: il mondo dovrebbe aiutare gli sforzi per domare l’incendio piuttosto che alimentare fiamme che potrebbero allargarsi ben al di là dei ristretti confini asiatici.

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