Roma Expo 2030: Bisogna saper perdere (e perché si perde)


di Eusebio Filopatro

Arabia Saudita-Italia: 119 a 17.

In attesa delle nazionali di Mancini e Spalletti, vale la pena riflettere sull’impietoso risultato della votazione per Expo 2030, che ha visto trionfare Riyadh, di gran lunga, sulla sudcoreana Busan (29 voti) e su Roma (17).

Il successo della monarchia saudita non stupisce minimamente. Futuro membro dei BRICS da gennaio 2024, organizzatore praticamente certo dei mondiali di calcio 2034, il Regno interpreta sempre più assertivamente il ruolo di crocevia economico e geopolitico mondiale: in modo simbolico e in modo sostanziale.

Da un lato, l’intesa con la Russia nel consesso dell’OPEC+ e il partenariato economico e geopolitico con la Cina (del 20 novembre la notizia di uno scambio di valute per 50 miliardi di yuan: ben noto il coinvolgimento diplomatico nella normalizzazione delle relazioni con Iran e Siria). Dall’altro, il continuo corteggiamento occidentale, dai viaggi di Biden e Blinken nell’ultimo anno fino al “nostro” Matteo Renzi.

Sorprende invece la reazione di Giampiero Massolo, presidente del comitato promotore per Roma, e già Direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza: ma come, l’Italia non conosce e non prevede le preferenze non di uno, ma di decine o centinaia di paesi?

Accusare il “metodo mercantilistico”, la “deriva”, la sordità ai “valori”, suona come prendersela con l’arbitro dopo una sconfitta per sette a zero. Un proverbio recita: “se qualcuno ti dà dell’asino, lo devi ignorare, ma è meglio comprarsi una sella se a ripetertelo sono in cinque”.

E centodiciannove?

Non è che potrebbe esserci qualcosa da rivedere nella strategia di relazioni internazionali dell’Italia?

O perlomeno nella valutazione delle relazioni internazionali sulla quale questa strategia dovrebbe fondarsi?

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