Sono sufficienti le clausole sociali in materia di appalti?

di Federico Giusti

Le clausole sociali, applicate nei cambi di appalto e presenti in gran parte dei contratti nazionali, sono sufficienti a garantire tutele reali alla forza lavoro preservandola da sgradite sorprese quali riduzioni orarie, alleggerimento dei contributi previdenziali e carichi di lavoro aggiuntivi?
Le clausole sociali sono importanti, anzi fondamentali, ma non aiuta la giurisprudenza del lavoro la quale, da tempo, assegna ai datori poteri eccessivi che spesso si traducono nel deterioramento delle condizioni di vita, lavorative e retributive.
E' bene sapere che la clausola sociale dovrebbe essere obbligatoria anche negli affidamenti diretti e nel caso di prestazione ad alta intensità di manodopera ma, invece, per tutti gli altri casi?
E nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti le clausole sociali trovano spazio e possono essere rafforzate?
Negli ultimi anni la tendenza dei sindacati è stata quella di accontentarsi delle tutele, talvolta insufficienti e generiche, contenute nei contratti nazionali di riferimento e applicati, la richiesta alle aziende si limita a chiedere la presenza nei bandi delle clausole sociali senza mai domandarsi se le stesse all'atto pratico risulteranno sufficienti a garantire ad esempio il mantenimento delle ore . Se in un appalto non giochi di anticipo, non porti avanti delle richieste avanzate capaci di andare oltre la conservazione dello status quo assai difficilmente potrai ottenere dei risultati apprezzabili. La logica attendista e quella della riduzione del danno non portano mai a risultati apprezzabili.
Ma è innegabile il grande limite derivante dalle norme di legge, nazionali e comunitarie che sanciscono il primato dell'impresa, e dei suoi interessi, la libera concorrenza e l'autonomia datoriale rappresentano principi inamovibili che nel corso del tempo hanno avuto la meglio sulla applicazione rigida e garantista delle norme a tutela della forza lavoro.
L'affidamento diretto di un appalto è un procedimento amministrativo nel corso del quale il dialogo negoziale/trattativa con un unico operatore vede del tutto assente la parte sindacale, in questo ambito interlocutorio ogni decisione viene rimessa alla volontà del committente e dell' appaltatore, alla lungimiranza del Rup, alla nozione di alta intensità di manodopera.
In tutta sincerità, anche applicando le clausole sociali negli affidamenti diretti, è proprio l'assenza dell'obbligo di una trattativa preliminare con i sindacati a preoccuparci e su questo punto dovrebbero focalizzare l'attenzione le opposizioni parlamentari . Al momento della approvazione del nuovo codice degli appalti, ad esempio, le clausole sociali sono state oggetto di confronto con i sindacati firmatari di contratto che hanno una sorta di conflitto di interesse rispetto alla applicazione di contratti nazionali (da loro siglati) che certe tutele prevedono in termini assai approssimativi. E quindi il riferimento al CCNL finisce con il diventare la norma di riferimento senza mai chiedersi se rappresenti una tutela reale e sufficiente per la forza lavoro.
E un altro aspetto dirimente, e assai critico, si trova tanto nella norma nazionale quanto in quella comunitaria, ad esempio l’operatore non può essere obbligato per legge, come sarebbe logico e giusto, ad una integrale riassunzione del personale del precedente gestore alle stesse condizioni e retribuzioni. E in assenza di questa autentica, ed efficace, garanzia le clausole sociali possono essere delle tigri di carta al cui cospetto anche il padrone meno organizzato e potente potrebbe non fermarsi perseguendo l'obiettivo del massimo profitto anche a costo di macellerie sociali

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