di Antonio Di Siena
A quindici anni dall’inizio dell’inchiesta giudiziaria per uno dei più grandi scandali di corruzione della recente storia europea, si è finalmente concluso il processo a carico dei vertici della Siemens.
La Corte d’Appello di Atene ha condannato 22 dei 64 imputati, giudicandoli colpevoli di una serie di reati tra cui corruzione e riciclaggio di denaro.
70 milioni di euro di tangenti pagate ai politici greci dalla multinazionale tedesca per ottenere appalti dalla OTE, la società statale greca di telecomunicazioni.
Fra i condannati ci sono l’ex amministratore delegato di Siemens-Hellas Michalis Christoforakos, già detenuto in Germania; Christos Karavelas, ex direttore commerciale di Siemens Hellas, anche lui fuggito in Germania e condannato in contumacia. Due importanti ex manager tedeschi del colosso dell’elettronica, Reinhard Siekaczek e Michael Kutschenreuter. E il banchiere franco-svizzero Jean-Claude Oswald.
Una sentenza fondamentale, perché smonta una volta per tutte una delle più grandi bufale della retorica europeista.
La corruzione politica in Grecia esiste e ha certamente contribuito ad affossare il paese ellenico.
Ma quella montagna di milioni in mazzette è stata versata dagli onesti e incorruttibili tedeschi. Che prima hanno lucrato in terra greca con gli appalti e dopo ci hanno speculato su con la crisi economica.
Finalmente qualcuno paga.
E questa è una gran bella notizia.
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