Italiana arrestata in Marocco per un post Facebook. Dove sono i "buoni"?

01 Luglio 2021 12:00 Antonio Di Siena

Il Marocco viene spesso citato come fulgido esempio di Paese islamico “moderato”. Nonostante il suo Re sia tutt’oggi indicato come "comandante dei fedeli", massima autorità religiosa, nella Costituzione. I giornalisti vengano sistematicamente arrestati; internet e social network siano spesso oscurati; i blogger perseguitati per le critiche alla monarchia; i matrimoni cristiani non siano legalmente riconosciuti e le relazioni omosessuali punite col carcere.
Ebbene è successo che in questa nazione “moderata”, pochi giorni fa, una cittadina italiana ventitreenne di origine marocchina sia stata arrestata all’aeroporto di Marrakech a causa di un post Facebook del 2019 in cui faceva ironia sull’Islam. “Offesa pubblica alla religione di Stato” è l’accusa, tramutata in sentenza di colpevolezza dopo un processo lampo che l’ha condannata a 3 anni e mezzo di galera.
Sono passati più di dieci giorni dal vergognoso arresto della giovane cittadina ma nessun comitato ha organizzato qualche sit in di protesta sotto le ambasciate, nessuna campagna social di sensibilizzazione, Amnesty International tace, la Boldrini continua a parlare di DDL Zan e gli studenti non si mobilitano. Niente di niente. Di lei non si conosce né volto né nome. Eppure parliamo di una ragazza italiana perseguitata per reati religiosi.
Un silenzio assordante che mostra la reale caratura morale delle anime belle della sinistra che ciarlano ad ogni piè sospinto di dritti, integrazione e ius soli ma ben si guardano dal difendere una studentessa così “italiana” da aver fatto proprio il suo diritto di critica, di libera espressione del pensiero, di laicità.
Viene il sospetto che se vicende come questa non capitano ad un attivista LGBT (neanche italiano) e le critiche non siano rivolte a qualche governo militare inviso agli interessi geopolitici di qualche potenza straniera, allora sia meglio starsene zitti in un angolo, sperando che la cosa si risolva da sé. Soprattutto se mobilitarsi equivale a prendere atto dell’intrinseca intolleranza di una religione spesso e volentieri raccontata come democratica, pacifica, tollerante e inclusiva.
Un doppiopesismo ignobile per una sinistra che ha eletto l’ignavia a norma di vita e seleziona accuratamente le battaglie politiche da portare avanti sulla scorta della coerenza di queste con la sua narrazione distorta della realtà.
Mi aspetto che il Presidente della Repubblica, le istituzioni italiane ed europee e i partiti si attivino fermamente e rapidamente per l’immediata liberazione della ragazza. Con le buone o con le cattive.
Diversamente sarà chiaro una volta per tutte che a questa gente non gliene frega nulla dei “diritti”. Interessa solo mettere in bella mostra il loro solidarismo ipocrita e di maniera utile a preservare potere e interessi economici e che giorno dopo giorno assomiglia sempre più a un fragilissimo castello di carte.

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