E' il momento di tifare l'interesse generale e non quel partito o quel politico


di Paolo Desogus*

Faccio molta fatica a capire come sia possibile che ancora oggi, in questa fase di estremo pericolo, ci sia qualcuno continui a fare il "tifo" per quel politico o quel partito e non invece per il paese, per l'interesse generale. Oltretutto questa non è la prima crisi che stiamo vivendo. Negli ultimi trent'anni ne abbiamo vissute altre due molto importanti (1992-'93, 2008-'12), da cui ne siamo sempre usciti profondamente indeboliti, proprio per l'incapacità di riconoscere l'interesse generale al di sopra gli interessi di fazione. Oggi, le condizioni in cui si trova l'Italia sono molto più preoccupanti, anche perché i nostri avversari non vogliono farci sconti e, anzi, si sfregano le mani dalla voglia di mettere le mani sui nostri capitali pubblici.

Non capisco dunque quelli che difendono Conte qualsiasi cosa dica o faccia: non metto in discussione la sua buona fede e gli riconosco dei passi avanti importanti. Ma ha anche commesso e sta commettendo un sacco di errori, primo su tutti quello di puntare a un obiettivo irraggiungibile, gli eurobond, là dove invece occorrerebbe riorientare la sfida diplomatica sulla trasformazione della BCE in banca centrale vera, con funzioni il più possibile vicine a quelle delle banche centrali del resto del mondo. Personalmente desidero che Conte resti a Palazzo Chigi, ma vorrei anche che cambiasse strategia politica, perché altrimenti si va a sbattere. Solo i tifosi non lo capiscono.

Allo stesso modo trovo davvero incredibile chi ancora oggi si rifiuta di accettare che venga criticata l'UE, di cui - fatta salva con moltissime riserve la BCE - è allo stato attuale un'istituzione dispotica, antidemocratica, antisolidaristica, le cui leggi servono a rendere formale e legale la forza e l'egoismo di pochi paesi egemoni. Nel Pd si continua a negare questa evidenza, nonostante l'esito disastroso dell'Eurogruppo condotto in maniera vergognosa da Gualtieri, che spero un giorno possa essere processato. I tifosi del PD continuano a spalleggiare gente come questo qua, appartenente a una classe politica sommamente vigliacca, del tutto priva di respiro storico e senza ideali.

L'Europeismo del PD non è infatti stato altro che la negazione di qualsiasi ideale, di qualsiasi progetto. È stato la negazione dell'idea stessa di politica. I dirigenti di questo partito hanno infatti usato il vincolo esterno esclusivamente per attuare un programma di tagli alla spesa pubblica da cui si sono arricchite le consorterie nostrane. Il vincolo esterno e la governance europea hanno prodotto tagli, privatizzazioni; hanno spinto al ribasso il costo del lavoro. Di tutto questo si sono avvantaggiati imprenditori, faccendieri e gruppi di potere vicini al PD, e non solo al PD, ma anche a Forza Italia e naturalmente a Italia viva (della Lega non so dire). Basti pensare solo alla sanità nelle varie regioni italiane: i tagli in questo settore, imposti dai vincoli di bilancio europei, hanno fatto la ricchezza di quegli imprenditori che hanno investito nella sanità privata e nel sostegno dei partiti andati al governo e al vertice delle amministrazioni regionali.


Per carità, ci sono stati anche molti vantaggi, derivanti dal mercato unico (ma non ci vuole l'UE per il mercato unico...). Ad ogni modo sino a un certo punto credere nell'Unione Europea è stato legittimo. Perché non immaginare uno spazio capace di mettere a frutto il meglio della cultura occidentale? Questo obiettivo però non è mai veramente stato perseguito e oggi, dopo tanti anni, il risultato è che tra paesi europei ci si odia più di prima e si vive in costante competizione, non in sinergia e solidarietà. Questa è la verità che i fatti recenti ci dimostrano e che la crisi greca ci aveva già preannunciato.


Però sia chiaro. Per questo fallimento non è corretto scaricare tutte le colpe sulla Germania. Questo paese ha giocato in maniera abbastanza scoperta: non vuole l'integrazione europea e ora, date le nostre condizioni economiche, la vuole meno di prima. Il comportamento della Germania sarà moralmente discutibile, ma è legittimo.


Chi ha giocato sporco e continua a farlo sono quei partiti italiani che non vogliono guardare in faccia alla realtà e che si nascondono dietro le loro stesse rappresentazioni false dell'UE. Gioca sporco, molto sporco l'opposizione che non ha uno straccio di idea e punta solo a indebolire il governo senza fare proposte concrete. Giocano poi sporco gli intellettuali conformisti (di cui l'Italia è strapiena) e giornalisti codardi che non prendono posizione, magari perché criticare l'UE, nel loro milieu, fa brutto, puzza di "popolare", di "sovranista", oppure perché magari ci si gioca una comparsata televisiva, una collaborazione editoriale, una consulenza succulenta o un invito a una manifestazione piena di personaggi ricchi e influenti.

Però c'è poco fare i tifosi o gli struzzi: i nodi stanno venendo al pettine. Allo stato delle cose non abbiamo i mezzi per affrontare l'attuale crisi, che si presenta peggiore di quella del 2008-2012. Lo stato italiano dal 1992 ad oggi ha svenduto tantissimo, anche pezzi strategici vitali, come la rete delle telecomunicazioni, senza poi scordare le concessioni autostradali. Ha eliminato parti significative di assistenza al paese. Ha tagliato nella scuola, nella sanità, nel pubblico (siamo il paese con meno dipendenti pubblici in Europa). Ha inoltre mantenuto gli stipendi molto bassi e l'età pensionabile molto alta (la più alta d'Europa). Non c'è rimasto granché da tagliare e svendere senza compromettere i gangli vitali dello stato.

Invece di fare il tifo per quel politico o quel partito bisognerebbe avere a cuore il paese nel tentativo di salvarlo e addirittura di rafforzarlo in vista del futuro. Provate a immaginare solo un attimo: per sopravvivere svendiamo tutto, Eni, Enel, Fincantieri, Finmeccanica, Leonardo; vendiamo porti, aeroporti; diamo in concessione spiagge; cediamo i poligoni militari; privatizziamo la sanità; chiudiamo la metà degli atenei italiani e quintuplichiamo le rette d'iscrizione.

Possiamo farlo.

Ma poi, se è vero che nell'ultimo mezzo secolo l'Italia ha vissuto ogni dieci anni circa una crisi economica, tra dieci anni o quindici, anni quando arriverà la nuova ennesima crisi, che cosa ci vendiamo per non finire completamente in mani straniere? Gli Uffizi? Il Quirinale? La Reggia di Caserta? L'arcipelago della Maddalena?

Ecco, forse non è il caso di stare a fare tanto i tifosi. Pensiamo all'interesse generale e alla strada meno dolorosa.

*Professore della Sorbona di Parigi

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