Il nemico comune per chiunque aspiri al socialismo e alla giustizia sociale

Negli scritti di Umberto Eco degli anni Sessanta ricorre una riflessione sulle classi subalterne che si è rivelata del tutto illusoria. Secondo il semiologo, la società dei consumi avrebbe dovuto provocare una reazione di critica se non di rivolta, perché incapace di soddisfare i desideri che essa stessa induce. Le immagini di benessere, di soddisfazione materiale e di integrazione nel consumismo avrebbero dovuto in altri termini provocare indignazione, rabbia e rifiuto, dunque protesta e lotta di classe.
Oggi queste considerazioni ci paiono molto ingenue. Alla prova dei fatti la percezione di diseguaglianza non provoca alcuna protesta, non la protesta immaginata da Eco contro i detentori del capitale. Ne sono una prova le immagini sempre più frequenti dei miliardari in yacht, seduti placidi in case paradisiache o addirittura immortalati in viaggi spaziali privati che valgono più del salario dell’intera esistenza di diverse migliaia di operai e lavoratori.
La ricchezza esagerata non produce una reale e concreta risposta politica, non suscita il sacrosanto odio di classe, non provoca voglia di redistribuzione o di aspirazione a una civiltà diversa, più umana e giusta. Produce semmai antipolitica, rancore verso lo stato, colpevole di non coltivare i talenti, di non fare abbastanza, di imporre troppe tasse. Provoca inoltre razzismo verso altre minoranze e non di rado crea addirittura un desiderio di imitazione. Non si spiegherebbe altrimenti il successo di due fenomeni degradanti e penosi come quello di Fedez e Ferragni.
Mentre piccole minoranze di sguarniti parla di dittatura sanitaria, l’immaginario neoliberale si radica sempre più nelle masse. Pasolini lo chiamava il nuovo fascismo, ben peggiore del fascismo storico perché radicato nella democrazia. Il nemico comune per chiunque invece aspiri al socialismo, all’eguaglianza e alla giustizia sociale dovrebbe essere proprio questo nuovo fascismo e non altro.

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