Sul trattato per le "future pandemie"

Di Marinella Correggia

E il 30 marzo 2021, diversi capi di Stato (dalla Francia all’Ucraina, dal Ruanda al Regno unito, dalle Fiji al Kenya, dalla Grecia all’Albania), su iniziativa del co-firmatario direttore generale dell’Oms, hanno proposto formalmente (nella lettera «Full text of op-ed by 25 world leaders calling for pandemic treaty» https://en.yna.co.kr/view/AEN20210329009100325), un nuovo «trattato internazionale per la preparazione, la prevenzione, l’individuazione, la valutazione e la risposta alle pandemie», all’insegna della «trasparenza, cooperazione, responsabilità condivisa». Tirano in ballo nientemeno – come sempre – la devastazione delle due guerre mondiali definendo la pandemia «la sfida più grande per la comunità globale dagli anni 1940».

Il riferimento è alla pandemia in corso mentre le misure anti-pandemiche in corso (davvero molto diverse da un paese all’altro) non vengono assolutamente messe in discussione. Ricordiamo che le due guerre mondiali provocarono decine di milioni di morti per non dire dei mutilati e degli affamati, e ridussero in macerie il tessuto abitativo e produttivo. Comunque la lettera dei 25 (più il direttore generale dell’Oms) chiede un’«architettura internazionale robusta che protegga le future generazioni». Ma in che cosa deve consistere la protezione? Si legge, è vero, il richiamo all’«approccio One Health che collega la salute degli umani, degli animali e del nostro pianeta».

Tuttavia le future pandemie vengono date per scontate (assicurando che «la domanda non è se, ma quando») e il focus della lettera è prettamente medico-farmacologico-securitario. «Ci impegniamo ad assicurare, per questa e per le future pandemie, la disponibilità universale ed equa a vaccini, farmaci, materiale diagnostico, sicuri, efficaci e a prezzo accessibile. L’immunizzazione è un bene pubblico globale e avremo bisogno di sviluppare, produrre e distribuire vaccini nella maniera più rapida possibile. Ecco perché è stato messo in moto l’Acceleratore Act-A per promuovere un equo accesso a test, trattamenti e vaccini».

Ma l’Act-A non basta e dunque ci vuole un trattato, una pietra miliare, a sostegno del diritto universale alla salute, coinvolgendo governi e società nello sforzo che comprende «un potenziamento della cooperazione internazionale pr migliorare, per esempio, i sistemi di allerta, condivisione dei dati, ricerca, produzione e distribuzione a livello locale e regionale di contromisure mediche e di salute pubblica come vaccini, medicine, apparecchiature diagnostiche ed equipaggiamenti per la protezione personale». (Mascherine e vaccini sono assicurati. Cibi sani e ambiente pulito come prevenzione e diritto, forse continueranno a non essere assicurati. Non ci può essere spazio e denaro per tutto. Visto che poi, ad esempio, le stesse cure a buon mercato vengono boicottate).

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