di Marinella Correggia
Chiarissimo il concetto espresso da due ricercatrici sudafricane, Cheryl Cohen e Juliet Pulliam: «I livelli di protezione conferiti da infezioni precedenti contro malattie gravi hanno importanti implicazioni per la politica vaccinale relativa a Covid19. La sieroprevalenza in Africa era stimata all’87% nel dicembre 2021, in gran parte come risultato dell’infezione. Livelli elevati di immunità contribuiscono in modo importante ai livelli inferiori di gravità osservati con le infezioni provocate dalle sub-varianti Omicron», per concludere: «Mentre l’epidemiologia del virus Sars-Cov-2 vira verso modelli di circolazione più stabili nel contesto di elevati livelli di immunità, studi sul peso sociale e sui costi dell’infezione da Sars-Cov-2, e sui gruppi a rischio per malattia grave appaiono necessari per guidare una politica di vaccinazione razionale e decisioni circa la priorità da dare ad altre malattie prevenibili con il vaccino».
Come dire: da molto tempo andava rivisto il reiterato obiettivo dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ribadito da altri attori istituzionali e non, in tutte le salse, ovvero «vaccinare anti-Covid il 70% della popolazione di ogni paese del mondo è necessario per la sicurezza di tutti». Ricordiamo anche il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres che faceva coincidere la distribuzione a tappeto di vaccini anti-Covid con la massima misura di giustizia ed etica planetaria: «Vaccinate il globo! L’iniquità vaccinale è il fallimento morale peggiore di questi tempi» (https://press.un.org/en/2022/sgsm21137.doc.htm).
Ma le affermazioni delle due ricercatrici Cohen e Pulliam (che fanno parte del national Institute for communicable diseases e della School of Pulis Health del Sudafrica) sono ancora più interessanti anche per due ragioni. Primo, appaiono sulla nota e ufficialissima rivista The Lancet (COVID-19 infection, reinfection, and the transition to endemicity). Secondo, la data è febbraio 2023, dunque oltre un anno dopo le stime sulla realtà africana alla fine del 2021 (riportate poi nello studio Bergeri I, Whelan MG, Ware H, et al. Global SARS-CoV-2 seroprevalence from January 2020 to April 2022: a systematic review and meta-analysis of standardized population-based studies. PLoS Med 2022).
E’ ancora senza risposta la lettera (Request for an open discussion about medium-term effectiveness and safety of the current anti-COVID-19 vaccination campaign) che il gruppo multidisciplinare di esperti riuniti nella Commissione medico-scientifica indipendente (Cmsi) e privi di conflitti di interesse, ha inviato a gennaio 2023 al Direttore Generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, per sollecitare una discussione su efficacia e sicurezza a medio termine dei prodotti utilizzati nell’attuale campagna vaccinale anti- Covid-19. Nella lettera, anche la Cmsi si riferisce all’obiettivo Oms della vaccinazione a tappeto.
Riportiamo alcune frasi salienti, poi motivate nel resto della lettera: «L’Oms riafferma la necessità di assicurare la vaccinazione del 70% dell’intera popolazione mondiale con vaccini anti-Covid19 per contenere la pandemia; ma l’evidenza è che anche nei paesi che sono arrivati a livelli molto più alti, l’epidemia non è finita. La raccomandazione dell’Oms non si riferisce solo i gruppi di popolazione più a rischio e vulnerabili, ma viene estesa ai giovani, per i quali il rischio di ammalarsi in modo grave è davvero remoto, e i rischi legati all’inoculazione sono più elevati dei possibili benefici della protezione vaccinale. L’Oms riconosce che secondo le evidenze “i vaccini esistenti forniscono solo una modesta e relativamente limitata durata della protezione dall’infezione”. In realtà, l’analisi dei dati ufficiali da diversi paesi mostra che da pochi mesi dopo l’ultima dose, la protezione offerta non solo iene ridotta, ma l’efficacia diventa negativa: per persone non vaccinate ricevono meno diagnosi di Sars-Cov-2 di quelle della stessa fascia di età completamente vaccinate e con richiami». E questo mentre non ci sono garanzie di sicurezza, tanto più in mancanza di una sorveglianza attiva sugli effetti avversi e sulle conseguenze nel lungo periodo. In violazione del principio ippocratico “Primum non nocere” e del bilanciamento costi-benefici. E se, come scrive la Cmsi, « nei bambini e giovani adulti i vaccini a mRNA potrebbero essere coinvolti nell’eccesso di mortalità osservato in un certo numero di paesi europei dalla settimana 22 del 2021 fino a tutto il 2022», questo dovrebbe indurre a un’attenzione un abbandono dell’obiettivo 70% per l’Africa subsahariana, la cui popolazione ha un’età media giovanissima.
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