La libertà e la scienza: fine della libertà di opinione?

di Vincenzo Costa

"La vita psichica normale dipende dal buon funzionamento delle sinapsi cerebrali, e il disturbo mentale si manifesta come risultato di squilibrio neuronale.. E' necessario modificare questi squilibri sinaptici e cambiare le vie percorse dagli impulsi nel loro passaggio costante così come modificare le corrispondenti idee e costringere il pensiero dentro differenti canali"

Questa frase è di Egas Moniz, uno dei più grandi neurologi del '900, un premio Nobel. Che cosa intende?

Lasciamolo dire a Robert Sapolsky:

"Modificare la regolazione neurale. Suona delicato. Si, già. Queste sono le parole del neurologo portoghese Egas Moniz, all'epoca in cui fu insignito del premio Nobel per i suoi progressi di leucotomia (lobotomia) frontale nel 1949"

Ora, che cosa ci dice questo episodio?

1) Che aver fatto scoperte importanti non implica un sapere garantito nel proprio stesso campo, e che si possono avviare processi terribili (la gente cui è stato portato via un pezzo di cervello non si conta);
2) Che è necessario un dibattito ampio, che la scienza non è verità, ma che che è razionale, ed è razionale perché rivedibile, perché soggetta a un costante esame critico collettivo, e che richiede libertà di espressione: CHE VI è UN NESSO TRA LIBERTA' DI ESPRESSIONE E CRESCITA DELLA SCIENZA.

Ora, negli ultimi tempi si moltiplicano i casi di docenti ripresi dalle autorità accademiche. Nei contenuti dissento totalmente da tutti i colleghi che hanno subito richiami. Penso che abbiano torto. Ma il punto non può essere questo. Il punto è: è legittimo esprimere un'opinione, che può essere criticata, contro cui si possono portare ragioni, che può essere smontata razionalmente?

Oppure non può essere più espressa un'opinione divergente da quella dominante?

Qui c'è qualcosa di enorme in ballo: c'è la libertà di tutti, c'è la razionalità dell'impresa scientifica, che richiede dissenso, critica, punti di vista diversi.

Supponiamo che la lobotomia fosse considerata in un certo punto del tempo scientificamente fondata. Chi la criticava poteva allora essere additato come propagatore di fake news, come sobillatore. E quindi poteva essere richiamato dalle autorità accademiche? Per non dire essere escluso dalla sfera pubblica, cioè dai social media?

Che cosa significa questo? Dove stiamo andando? E' questo il mondo che vogliamo? E' una società libera quella in cui uno scienziato non può esprimere il proprio punto di vista?

Qualcuno ricorda quando emerse l'ipotesi che il virus fosse scappato da un laboratorio? Qualcuno ricorda la campagna feroce che si scatenò contro questa ipotesi, perché il sezionamento mostrava "in maniera inconfutabile" che il virus era di origine naturale? Chi si opponeva era un ignorante, incompetente, un propagatore di tenebre. Oggi improvvisamente diventa probabile che il virus sia di origine artificiale. Oggi Fauci dice che, si, forse è uscito da li.

E' in pericolo la libertà, stiamo cambiando la base fondamentale del patto sociale che sosteneva la cultura occidentale. Senza accorgercene.

Almeno, che si definisca che cosa un docente universitario può dire e che cosa non può dire.

Seriamente: io credo che un docente debba essere non solo richiamato, ma sanzionato in modo pesante se commette atti illegali, se trucca i concorsi, se offende gli studenti, se viola le leggi del paese. Perde il diritto di insegnare se commette cose di questo tipo.

Ma le opinioni? Se, in scienza e coscienza, non può esprimere le proprie opinioni, è ancora un docente? Non viene meno al suo ruolo?

Io spero si ritrovi il buon senso, la moderazione, e si smetta di seguire questa strada.

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