Il fallimento della vaccinazione come ulteriore dispositivo di controllo e oppressione

di Riccardo Paccosi

Verpknit Festival di Utretcht, in Olanda, dedicato alla musica elettronica, svoltosi il 3 e 4 luglio.
Giungono 20.000 spettatori e ciascuno di essi, per accedere, deve esibire documento di vaccinazione o test tampone negativo.
Risultato: quasi 1.000 contagiati fra i partecipanti al festival, in prevalenza asintomatici.
Gli organizzatori si dicono scioccati, si scusano e, naturalmente, tutto lascia prevedere per i Paesi Bassi nuove restrizioni sulle iniziative di massa.
Il punto cruciale di tutta questa faccenda è che i numerosi casi come questo che si verificheranno nelle prossime settimane, non susciteranno nell'opinione pubblica dubbi sull'evidente inutilità o perniciosità della vaccinazione di massa e, tantomeno, faranno aumentare il numero di coloro che propugnano l'idea di convivere col virus senza ricorrere al lockdown.

Al contrario, il fatto che la vaccinazione di massa abbia totalmente fallito - ovvero non abbia portato l'auspicato ritorno alla normalità - genererà nell'opinione pubblica nuova paura e conseguente nuova rassegnazione al fatto che, come predetto un anno fa da Klaus Schwab, il ritorno alla normalità non debba arrivare mai.
Fino a che punto gli esseri umani saranno così rassegnati e fatalisti da rinunciare al rapporto con gli altri e al poter disporre autonomamente del proprio corpo?

Fino a quando verrà creduta ogni menzogna dello Stato e dei media senza che il desiderio di condivisione, di ebbrezza, di comunità e di amore possano nuovamente affiorare nella coscienza umana?
Per quello che ne sappiamo, il processo di trasformazione antropologica potrebbe essere già al punto di non ritorno.
In termini più politici, possiamo però dire che la "madre di tutte le battaglie" si svolgerà quest'autunno. Le corporation sovranazionali che animano il World Economic Forum e che finanziano l'OMS dovranno, nei prossimi mesi, giocarsi la partita decisiva: da una parte superare le resistenze dei capi di stato e, dall'altra, far sì che l'opinione pubblica accolga in via definitiva la prospettiva del distanziamento sociale permanente.

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