Gli psicopatici irresponsabili secondo Crisanti e una domanda

di Marinella Correggia

Persone matte, anzi m(entc)atte, condannate ad affidarsi alla sola fortuna: secondo il noto infettivologo Andrea Crisanti, questo sono di fatto le donne e gli uomini che – in realtà per le più disparate ragioni - non si vaccinano contro Covid-19.

Giorni fa, al Tirreno, Crisanti aveva delicatamente pronosticato per loro la sicurezza di una malattia prossima ventura: “Direi che, se non sono stati finora contagiati, hanno avuto una grande fortuna. Perché quando sei indifeso al virus basta un minimo spiraglio per attaccarti. Invece chi non è vaccinato deve avere fortuna sempre, in ogni momento, 24 ore su 24, 365 giorni all’anno. Ed è statisticamente quasi impossibile”. Tutto si gioca sull’equivoco fra “contagio” e “malattia mortale”. In realtà incontrare il virus Sars-CoV-2 nella stragrande maggioranza dei casi non significa affatto sviluppare la malattia Covid, e poi quest’ultima può essere curata.

Ma secondo il docente, i non vaccinati sono un po’ scemi.

E al tempo stesso vanno compresi, essendo affetti da patologia psichica. Lo ha precisato pochi giorni dopo lo stesso Crisanti al programma L’aria che tira de La 7 (qui la trascrizione https://www.adnkronos.com/covid-crisanti-chi-ha-paura-del-vaccino-metta-mascherina-ffp2_3OHytX2Ax3IgPEOkteYApS). Volendo spiegare perché “difficilmente a livello di popolazione si arriverà al 95% di vaccinati”, ha detto che chi non si vaccina “ha paura, interiorizza la fobia del vaccino”; “in Italia c’è una grossa percentuale di persone che soffrono di fobie, ansia, nevrosi. La paura del vaccino diventa irrazionale, qualsiasi argomento non fa breccia. La paura del vaccino diventa una fobia e siamo nel campo di una patologia”.

Invece, per Crisanti, una persona (e sono milioni) che dagli inizi del 2020 si barrica dietro un mascherina anche da sola per strada, si igienizza chimicamente le mani a ogni piè sospinto, sterilizza anche la scatola della pasta dopo averla comprata, si sposta se qualcuno osa sedersi accanto, sogna virus e apocalissi, si vede già intubata alla prima linea di febbre, ebbene quella persona è saggia e intelligente.

In una realtà attorcigliata

E dunque che cosa si fa con quei m(entec)atti? Impossibile obbligarli alle dosi in mancanza di una legge (si rischierebbe forse di finire accoltellati). Però, devono pagare pegno. Andranno in giro (all’aperto e al chiuso) con un abito speciale, tutto per loro: “Che se mettessero – sic - la mascherina FFP2 tutti i giorni e basta. Tanto ormai sono una piccola percentuale”. Niente male: diventerebbe un segno distintivo dei tempi moderni.

Ma qui sorge la domanda: la mascherina Ffp2 (il dispositivo facciale a becco) ai soli non vaccinati, chi dovrebbe proteggere? I portatori o gli altri? Insomma, chi deve proteggersi da chi? Chi è il (pur incolpevole) untore e chi la (probabile) vittima? La narrazione vuole che i vaccinati siano responsabili e i non vaccinati siano egoisti. A ecco una citazione di Crisanti, pur in risposta a una domanda sulla maggiore efficacia della Ffp2 rispetto ai tamponi: “Uno studio pubblicato su Lancet il 4 ottobre su quattro milioni di persone dimostra che, nel vaccino, la protezione contro l’infezione cala dal 95% al 40% dopo sei mesi”. Dunque, sono i non vaccinati a doversi proteggere maggiormente dai vaccinati “stagionati” e tornati infetti, rendendo dunque inutile il lasciapassare su base vaccinale?

Parrebbe di sì. In altra sede, in una contestuale intervista a La Stampa, Crisanti ha anche precisato che la schermatura anche contro la malattia grave cala con il tempo dal 95% al 65%. L’Italia ha avuto una campagna vaccinale più tardiva rispetto al Regno unito (per questo in quest’ultimo ci sono più morti) e dunque l’immunità calerà anche nel nostro paese da novembre, il rischio inglese è alle porte e dunque occorre “mantenere le mascherine e fare il richiamo – terza dose – a tutti per completare la protezione”. Aggiungendo “arrivare al 90% di vaccinati garantirebbe un equilibrio che con la terza dose potrebbe diventare buono”. Una terza dose, intanto. Come ribadito anche da Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss e portavoce del Cts, in un’intervista a La Stampa.

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