“Tampone per sicurezza”. Alla fine i veri no Vax sono le Tv italiane

21 Ottobre 2021 15:49 Agata Iacono

Due articoli de Il Tempo svelano, in successione, due fondamentali retroscena che l'asfissiante omologazione propagandistica televisiva censura accuratamente.

Mentre, infatti, dallo schermo, i presentatori e i loro ospiti politici e "tecnici" in studio, in tutti i talk show, criminalizzano gli italiani non vaccinati che, addirittura!, (a me ogni volta viene in mente come sottofondo Contessa di Pietrangeli), chiedono di poter lavorare senza ricatti di sorta, loro, proprio loro, non fanno accedere nello studio nessuno, anche vaccinato, senza tampone negativo.

Quindi, non si fidano del vaccino.

Non si salva nessuno, da Vespa alla Merlino.

"Rai, Mediaset e La7 non si fidano del vaccino e del green pass: a casa loro pretendono il tampone", titola il Tempo.

Riporta il direttore Franco Bechis che, ogni volta, l'azienda avvisa l'ospite:

“Mi raccomando, almeno un'oretta prima dell'inizio che dobbiamo fare il tampone”. Ho protestato: “Ma io ho un green pass valido fino an giugno 2022!”. Risposta ovunque: “Capisco, ma l'azienda vuole il tampone per sicurezza”.

È ormai risaputo che la vaccinazione non offre alcuna garanzia né dal contrarre di nuovo il covid né dal contagiare.

Ma allora, a cosa serve il green pass?

La sicurezza sul lavoro dovrebbe essere garantita dai risultati dei tamponi e non dall'avvenuta vaccinazione, se si seguisse l'esempio (non certo dovuto a capriccio o alla volontà sadica di torturare l'ospite) di tutte le aziende televisive, pubblica e private.

Ammesso, naturalmente, che il tampone (rapido antigenico, molecolare, salivare) dia un risultato valido e sicuro....

Oggi il Tempo ci offre un'altra chicca. "Gran pasticcio nel rapporto sui decessi. Per l'Iss gran parte dei morti non li ha causati il Covid", titola il Tempo.

Di cosa si tratta?

Ebbene, l'Istituto Superiore di Sanità ha aggiornato il suo rapporto, che era fermo a luglio.

Verosimilmente lo ha aggiornato secondo i nuovi criteri di classificazione, che tengono appunto conto delle malattie cosiddette pregresse, soprattutto se persistono a livello anamnestico comorbilità.

Sanno i telespettatori che solo in Italia la prima tipologia di classificazione diagnostica (cioè chiunque muoia con covid è morto di covid) non è mai stata adottata in nessuno Stato al mondo?

Ci siamo sempre chiesti come mai, a parità di interventi e restrizioni, l'Italia fosse nella prima fase il Paese più colpito, tanto da giustificare qualsiasi provvedimento emergenziale e il blocco della circolazione anche da parte delle altre Nazioni.

Adesso noi italiani siamo in ginocchio, economicamente, socialmente, psicologicamente, sanitariamente, in una condizione da quarto mondo, con in più un governo che ha sospeso ogni garanzia parlamentare e criminalizza qualsiasi espressione di dissenso, a meno che non si tratti di "testare ondulazioni oscillatorie" per distrarre l'attenzione dai veri, drammatici problemi dei lavoratori.

"Secondo il campione statistico di cartelle cliniche raccolte dall'istituto superiore di sanità solo il 2,9% dei decessi registrati dalla fine del mese di febbraio 2020 sarebbe dovuto al Covid 19. Quindi dei 130.468 decessi registrati dalle statistiche ufficiali al momento della preparazione del nuovo rapporto solo 3.783 sarebbero dovuti alla potenza del virus in sé. Perché tutti gli altri italiani che hanno perso la vita avevano da una a cinque malattie che secondo l'Iss dunque lasciavano già loro poca speranza".

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