Thomas Fazi - Altro che opportunità storica. Il Recovery Fund è la definitiva trasformazione dell’Italia allo status di colonia"

30 Settembre 2021 18:00 La Redazione de l'AntiDiplomatico

Nel suo intervento al Convegno "Rovesciare la piramide: contro la restaurazione e il pensiero unico", tenutosi a Roma il 19 settembre al Teatro Garbatella, l'economista e saggista Thomas Fazi ha fatto una disamina precisa e puntuale di quello che veramente significherà per l'Italia il cosiddetto Recovery Fund o PNRR.

Dopo aver giustamente sottolineato come la pandemia abbia di fatto tolto dal dibattito tutta una serie di questioni - in particolare gli effetti drammatici del modello economico imposto dall'Ue e dalla zona euro sui diritti dei lavoratori e la giustizia sociale in generale - Thomas Fazi inizia a sviscerare i numeri. "Nell’ultimo Def è prevista una traiettoria di riduzione del rapporto deficit/Pil dal 12 di oggi al 4% nel 2023. Come ha detto l'economista Piga si tratta della stretta fiscale più violenta della storia della Repubblica: parliamo di 120 miliardi di tagli nel giro di un anno". Ed è una coincidenza interessante, che coincidenza non è, prosegue Fazi, perché è esattamente l'ammontare dei prestiti del Recovery Fund, a cui si aggiungono gli 80 miliardi a fondo perduto. "Potrebbe sembrare tanto ma è solo il doppio di quello che l'Italia ha speso in deficit in un solo anno, il 2020, e come ha sottolineato anche il Ministero dell'economia si tratta solo dell'1% del Pil per i prossimi tre anni. Tanto che l'editorialista del Financial Times, Wolfgang Munchau, lo ha definito 'macroeconomicamente irrilevante'. Perché questo è", ha proseguito Fazi nel suo intervento.

E poi parliamo di soldi che vanno rimborsati quasi tutti - "anche per buona parte di quelli a fondo perduto, stati costretti a rimborsare sotto forma di trasferimenti al bilancio europeo in base ai Pil dei diversi stati", prosegue. Il saldo positivo netto per l’Italia quindi sono poche decine di miliardi: "praticamente nulla".

E qui il punto fondamentale che purtroppo è totalmente sfuggito al dibattito per la malafede o impreparazione o entrambe contemporaneamente dei media e della politica per il vincolo esterno. "Inoltre i soldi del Recovery andranno a pesare sul deficit che deve però scendere come richiesta dell’UE e quindi che si fa? Per i soldi europei che riceviamo dobbiamo compensare per un valore equivalente di tagli e torniamo proprio a quei 120 miliardi di austerità che dovremmo fare. Parliamo di un saldo nullo ma che ha una conseguenza enorme: la componente del bilancio direttamente controllata dall’Ue attraverso i tecnici aumenta e diminuisce ulteriormente quella discrezionale del governo italiano".

Insomma il solito modello di sviluppo dall’’Unione Europea e di Draghi: il trionfo del neo-liberismo sui diritti dei lavoratori. E non finisce qui: l’erogazione dei fondi del Recovery Fund è anche soggetta alle raccomandazioni dell’Unione Europea, gli stessi che racomandavano i tagli alla sanità e all’istruzione. "Il Recovery Fund è di fatto il commissariamento dell’Italia altro che opportunità storica. Non siamo di fronte ad un cambio di paradigma ma al rafforzamento di quello precedente con il rafforzamento del vincolo esterno e la diminuzione di quel minimo di democrazia e sovranità che ci restava: la definitiva trasformazione dell’Italia allo status di colonia."

E arriviamo alla conclusione assolutamente condivisibile di Fazi: "Il salto di paradigma lo dobbiamo fare noi. Ma è un salto di paradigma in primis mentale: o capiamo l’ideologia del vincolo esterno ci ha reso mentalmente schiavi da 30 anni o torniamo a credere di poter decidere in relativa autonomia o da questo incubo non ne usciremo mai."

Qui per vedere l'intero intervento:

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