Caso Djokovic e la nuova governance globale

18 Gennaio 2022 14:00 Francesco Corrado

Si è conclusa finalmente la vicenda di Djokovic in Australia: cacciato dall'autorità governativa con il rischio di non poter mettere piede nel paese dei canguri per i prossimi tre anni, la qual cosa, in considerazione dell'età del serbo, potrebbe significare la fine del rapporto tra il tennista ed il torneo di cui ha ottenuto il record di vittorie.

Ciò che è successo presenta aspetti emblematici su cui vale la pena soffermarsi.

Il caso infatti è deciso d'autorità dal governo in un loop di irrazionalità e di ferocia persecutoria sconcertanti. Come è chiaro per chi ha seguito la vicenda, il diritto, la legge, la scienza e misure sanitarie razionali sono le grandi escluse in questa vicenda.

Djokovic che, giova ricordarlo, si è presentato in Australia su invito, atterra a Melbourne il 5 gennaio poco prima di mezzanotte con un visto regolare concessogli dalle autorità competenti. A causa della pandemia aveva ottenuto la necessaria autorizzazione di due commissioni mediche indipendenti tra di loro: quella della federazione australiana del tennis e quella di una commissione medica dello stato di Vittoria.

Perché al suo arrivo è stato fermato ed arrestato pur avendo le carte in regola e un visto valido?

Perché sui social media e soprattutto su Instagram c'è stata una violenta reazione del popolo australiano, incoraggiata e fomentata dalla stampa, alla notizia che Djokovic non fosse vaccinato. Il tennista serbo aveva accennato a questo in un post su Instagram fatto al momento dell'imbarco sull'aereo che l'avrebbe portato a Melbourne. Travolto dalle proteste, ingigantite dai giornalisti il governo ha deciso di agire d'imperio, anche perché le elezioni sono vicine.

Il governo australiano, che ha imposto al proprio popolo il lockdown più feroce a livello mondiale, non poteva non mostrare la propria intransigenza.

All'arrivo, peraltro in piena notte e senza avere la possibilità di usare il cellulare per contattare un avvocato, il tennista serbo viene fermato e poi arrestato dopo quasi 8 ore di attesa.

Il tutto con metodologie che rimandano direttamente ad un ordine ricevuto dall'alto e non dall'applicazione della legge con relative procedure. Mentre i più disattenti proclamavano che l'arrogante Djokovic era stato messo in riga, il primo ministro spiegava eroicamente che le leggi sono uguali per tutti e che il ricco e famoso tennista non era esente. Visto che ci si trovava il governo si è ricordato di arrestare la tennista Renata Voracova che era entrata in Australia con esenzione dal vaccino, esattamente come Djokovic, ma diversi giorni prima, tanto che aveva già preso parte ad un torneo. Questo dimostra ulteriormente che l'azione contro Djokovic è stata scatenata proprio dalla ferocia mediatica che ha pressato il governo, altrimenti anche la Voracova sarebbe stata arrestata all'ingresso del paese e non dopo, come conseguenza dell'arresto di Nole, come invece è stato.

Dopo quattro giorni di fermo, la mattina del 10 gennaio, la questione è passata alla magistratura. Il giudice ha annullato la cancellazione del visto e permesso a Djokovic di entrare in Australia. Insomma, per parafrasare il primo ministro: la legge è uguale per tutti anche per il celebre tennista che, avendo fatto tutto regolarmente, poteva entrare in Australia. Durante l'audizione il giudice dice, rivolgendosi all'ufficiale che rappresentava il governo, che è impossibile capire cosa avrebbe dovuto fare Djokovic per avere l'approvazione dell'esecutivo". La risposta come diventerà evidente e esplicita nei giorni successivi è: "niente, di lui faremo un esempio!". Il concetto di pena esemplare rimanda a capitoli bui della storia: già, ma c'è il covid!

Infatti il governo australiano ha esercitato il suo potere di sbattere fuori chiunque dal paese per semplice considerazione politica, indipendentemente dal rispetto di eventuali leggi. Così il ministro dell'immigrazione Alex Hawke ha di nuovo ritirato il visto al tennista. A Djokovic non rimaneva altra possibilità se non appellarsi ad un collegio di giudici i quali non possono entrare nel merito della decisione del governo (sul visto) ma possono solo stabilire se è manifestamente irrazionale o illegale.

Il governo ha argomentato la decisione dell'espulsione sul presupposto che la presenza di Nole in Australia avrebbe creato il rischio di un "civil unrest", cioè avrebbe turbato la quiete pubblica scatenando sentimenti antivaccinisti, in quanto Nole sarebbe un "talisman of anti-vaccination sentiment", cioè un simbolo del sentimento novax; nientedimeno. Gli avvocati difensori, sbalorditi dalla motivazione, si sono limitati a far presente che il governo non aveva provato la veridicità di questa affermazione. I tre giudici hanno stabilito che il governo avesse il diritto di sbattere fuori Djokovic basandosi su questo presupposto ed ha condannato il serbo all'espulsione ed al pagamento delle spese processuali.

Del resto le leggi australiane sull'immigrazione sono durissime (Salvini farebbe di tutto per averle) e Djokovic le ha rispettate, da persona peraltro invitata nel paese, ma contro la forza di un governo dotato di questo genere di poteri un singolo nulla può.

Quindi si conclude la vicenda di Novak Djoikovic, cui gli australiani prima hanno mandato un invito e un visto di ingresso, per poi arrestarlo e sbatterlo fuori dal paese e la cosa bella è che in giro c'è gente che crede nella favoletta dell'arrogante e ricco tennista che vuole essere al di sopra della legge.

Djokovic ha superato il covid e già solo per questo non rappresenta un pericolo sanitario anche se oggi come oggi l'immunità naturale è roba da complottisti: il principio scientifico su cui si basa la tecnologia dei vaccini non esiste più. Niente immunità naturale, non più, esiste solo quella data dai vaccini: cioè è scienza la tecnologia di proprietà di qualcuno (mentre la scienza è pubblica) ma non lo è più il concetto scientifico che quella tecnologia fonda.

Oramai è evidente che la pandemia da covid non si configuri più come una lotta del genere umano nei confronti di un'infezione virale ma come un aspetto della nuova governance globale, in attesa che qualche nuova emergenza (Co2?) prenda il posto di quella sanitaria.

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