La lezione di Hiroshima e Nagasaki

06 Agosto 2022 10:28 Geraldina Colotti

Il 1° di agosto, nella giornata che i popoli nativi dedicano alla Madre Terra (la Pacha Mama), si è aperta all’Onu la decima Conferenza del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (Tnp), che si svolge a New York e continuerà fino al 26 agosto. Questa volta, la presidenza tocca all’Argentina. Argentino è anche Rafael Grossi, direttore dell’Agenzia internazionale per l'energia atomica preposta al controllo degli accordi, e particolarmente “sollecitata” nell’ambito nel conflitto in Ucraina dalle denunce degli Stati uniti nei confronti della Russia a proposito delle centrali nucleari. Mosca è un importante produttore e esportatore di combustibile nucleare. La maggior parte dell'uranio viene estratto in Khazakistan. Circa un quarto di quello utilizzato dall’Europa proviene dalla Russia.

La conferenza per valutare il Tnp ha luogo ogni 5 anni, e avrebbe dovuto svolgersi nel 2020, ma è stata rimandata per via del covid-19. Il Tnp, approvato dall’Onu nel 1968, è entrato in vigore nel 1970, e ha carattere vincolante. Oggi comprende 191 stati, a cominciare dalle 5 potenze nucleari firmatarie, Stati uniti, Russia, Francia, Cina e Regno unito - i 5 vincitori della II Guerra mondiale e membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu – e dalle altre 3 che non hanno firmato – India, Pakistan, Israele -, o che hanno firmato e poi hanno denunciato l’accordo, come la Corea del Nord.

Obiettivo del Trattato è quello di prevenire la diffusione delle armi nucleari e la tecnologia bellica correlata, di promuovere la cooperazione e l’uso dell’energia nucleare per fini pacifici e di favorire il disarmo nucleare e il disarmo totale. Agli stati è vietato procurarsi armi nucleari, e alle potenze che già le possiedono è proibito trasferirle ad altri. Israele, India e Pakistan non hanno però firmato il Tnp, dunque non sono tenuti a rispettarlo.

Inoltre, i paesi membri della Nato ospitano sul proprio territorio le testate nucleari degli alleati, principalmente degli Stati uniti. In Italia, si calcola siano oltre un centinaio, su un totale stimato a 13.000 testate da Antonio Guterres, Segretario generale dell’Onu, detenute negli arsenali di tutto il mondo.

Per Antonio Guterres, “basta un errore di calcolo per provocare un olocausto”, giacché il pericolo nucleare è più presente di quanto non lo fosse “all’apice della Guerra fredda”. Il mondo – ha detto – è stato messo sotto stress dalla “crisi climatica, dalle gravi disuguaglianze, dai conflitti e dalle violazioni dei diritti umani, nonché dalla devastazione personale ed economica causata dalla pandemia Covid-19”.

Eppure, ha aggiunto il diplomatico portoghese, le tensioni geopolitiche stanno raggiungendo di nuovo livelli massimi, la competizione sta prevalendo sulla cooperazione e la sfiducia ha sostituito il dialogo. “L’umanità – ha denunciato Guterres - rischia di dimenticare le lezioni impartite dai terrificanti incendi di Hiroshima e Nagasaki”.

Il 6 agosto del 1945, erano esattamente le 8,15 della mattina quando il bombardiere statunitense battezzato Enola Gay, pilotato dal comandante Paul Tibbets, lanciò la prima bomba nucleare della storia sulla città giapponese di Hiroshima, uccidendo in un sol colpo oltre 100.000 persone e provocando sofferenze inenarrabili ai sopravvissuti. Il 9 agosto, un secondo attacco analogo contro Nagasaki. Si era alla fine della II Guerra mondiale e all’inizio dell’era atomica. Due anni fa, la Rete degli intellettuali e artisti in difesa dell’umanità (Redh) ha proposto di dichiarare il 6 agosto la Giornata dei crimini contro l’umanità commessi dagli Stati uniti. Una proposta più che mai attuale.

Il pericolo di una guerra nucleare, oggi esiste – ha detto il presidente russo Vladimir Putin in un messaggio inviato alla X Conferenza – e si deve evitare perché in una guerra nucleare “non vi sarebbero vincitori”. Rispondendo indirettamente alle accuse del governo Usa e dei loro alleati europei, Putin ha assicurato che Mosca ha seguito, “nella lettera e nello spirito”, le indicazioni vincolanti del Tnp, il cui accordo deve rafforzarsi.

Stessa cosa ha ribadito anche il Vietnam, uno dei primi firmatari del Trattato, ricordando che i paesi che possiedono armi nucleari hanno anche la principale responsabilità nel promuovere il disarmo dei loro arsenali. Hanoi ha rispettato “con serietà e responsabilità” gli impegni presi nell’ambito del Tnp, così come altri impegni inerenti in ambito internazionale, inclusa la promozione del Trattato della Zona Libera dalle Armi Nucleari del Sud est Asiatico (Seanwfz) e le risoluzioni emesse al riguardo dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

Di tutt’altro tenore le dichiarazioni di Israele, che pur non ammette apertamente di avere la bomba nucleare. In una cerimonia di avvicendamento alla guida della Commissione per l'energia atomica, il premier Yair Lapid ha alluso alle “capacità diverse” di cui Israele dispone per “proteggersi dalle minacce regionali”. L’ex premier Naftali Bennett ha per parte sua affermato: “Un anno fa abbiamo adottato una serie di decisioni il cui scopo era di perfezionare la nostra capacità di misurarci con il nucleare iraniano. Abbiamo fatto uso di risorse enormi per chiudere divari che ci toglievano il sonno. Gli iraniani stanno facendo progressi, ma anche gli apparati israeliani lavorano quest'anno a tutta forza”.

Ma se nessuno chiede conti dell’arroganza israeliana, ben diverso è l’atteggiamento degli Usa nei confronti dei paesi sgraditi al suo gendarme in Medioriente. In agenda, alla X Conferenza, anche il rilancio dell’accordo sul nucleare iraniano del 2015. I colloqui tra Iran, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania, interrotti lo scorso marzo, sono ripresi a Vienna, in Austria, coordinati dall’Unione europea. Alla presenza dell’inviato speciale Usa per l'Iran, Robert Malley, i negoziati sono ripartiti sulla base di un testo presentato dall'Alto rappresentante per la politica estera Ue Josep Borrell. Alla X Conferenza, Tehran ha detto che, pur avendone la capacità, non considera prioritaria avere oggi la bomba nucleare, e ha richiamato i principi del Tnp.

La Cina è l’unica tra le grandi potenze del Tnp ad aver aderito, fin dal 1964, al No first use (Nfu), il principio secondo il quale una potenza nucleare si impegna a non usare armi nucleari come mezzo di guerra a meno che non venga prima attaccata da un paese nemico con armi nucleari. Un concetto applicato anche alla guerra chimica. Gli Usa e la Nato hanno invece sempre respinto i principi della Nfu, mantenendo l’attacco nucleare preventivo come un’opzione chiave, da usare come “deterrente” contro l’allora Unione Sovietica, che aderì al Nfu nel 1982, e poi contro le “nuove minacce”.

Considerato il ruolo crescente del complesso militare-industriale nel modello capitalistico, imperante a livello globale, e data l’asimmetria esistente nei rapporti internazionali, l’enunciato del Tnp è destinato dunque a rimanere pressoché sulla carta. Dietro le dichiarazioni di principio, si cercherà di far rientrare dalla finestra quello che è di fatto proibito dalla norma. E, infatti, anche in questa occasione, a fare la voce grossa e a dare lezioni di disarmo sono i principali fautori dei conflitti bellici a livello internazionale: gli Stati uniti.

Alla prova della realtà – degli interessi economici e del potere – cadono le maschere della democrazia borghese, emerge il vero volto del “pacifismo bellico” e quello del “capitalismo verde”, evidentissimo in Europa a fronte del conflitto in Ucraina. Il 6 luglio, il Parlamento europeo ha incluso, seppur a certe condizioni, l’energia nucleare e il gas nella lista di fonti energetiche che riceverà finanziamenti del cosiddetto Green Deal europeo, considerandole parte della “transizione energetica”.

L’energia nucleare, dice il rapporto Nuclear Power and Secure Energy Transitions, a determinate condizioni economiche, politiche e sociali, può costituire una fonte di energia elettrica a basse emissioni che può essere complementare alle rinnovabili quasi fino al 10%. Tuttavia, dice il rapporto, la crescita del nucleare riguarderà in gran parte i mercati emergenti, a cominciare dalla Cina, e poco le economie avanzate. Considerando i tempi di realizzazione delle nuove centrali, l’obiettivo europeo di ridurre di oltre la metà le emissioni di Co2 entro il 2030 non potrà comunque essere raggiunto sfruttando il nucleare.

Gran parte dei nuovi reattori che entreranno in funzione nei paesi occidentali serviranno soprattutto a rimpiazzare quelli che sono arrivati alla fine del ciclo e dovranno essere chiusi. L’età media delle centrali, che in Cina è di 5 anni e in India di 15, negli Stati Uniti arriva a 36 anni e in Europa a 38. E poi ci sono i costi: nel 2050, l’elettricità prodotta dal nucleare occidentale sarà 3-4 volte più casa di quella prodotta da solare ed eolico. Per non parlare dei rischi e del problema dello smaltimento delle scorie. Ma i sostenitori del nucleare hanno preferito vedere nel rapporto il bicchiere mezzo pieno, anche per dimostrare di poter fare a meno delle forniture russe e diffondere il “racconto” voluto dal campo atlantico.

Dopo il disastro di Fukushima, nel 2011, la Germania aveva deciso di chiudere progressivamente le 23 centrali nucleari entro il 31 dicembre 2022. Per ovviare alla crisi energetica e al taglio delle forniture di gas russo, da cui la Germania è assai dipendente e che viene usato non solo per il riscaldamento, ma anche per produrre energia elettrica, i verdi tedeschi sono stati invitati da Bruxelles “a uscire dall’ideologia”: a rimandare la chiusura delle centrali nucleari, e anche a riattivare quelle a carbone. Le ultime tre centrali nucleari che restano in funzione, potrebbero ora continuare a farlo oltre il limite fissato, e non si esclude, sotto la pressione degli altri paesi europei e degli Stati uniti, neanche la riattivazione di altre centrali spente.

In Europa, Francia e Regno Unito hanno già annunciato nuovi investimenti nei prossimi anni.

Alla X Conferenza di revisione del Tnp, il ministro degli Esteri argentino, Santiago Cafiero, ha partecipato a importanti incontri di alto livello sulla sicurezza dei siti nucleari a rischio in base ai Sette Pilastri proposti dal suo concittadino Grossi. “L’Argentina – ha detto Cafiero – conta con una traiettoria consolidata in oltre sette decadi nel campo delle attività nucleari con fini pacifici, e opera in forma sicura nelle sue istallazioni per uso civile. Continuerà a lavorare con quegli stati che sono alla ricerca di un’energia nucleare sicura, come elemento chiave per lo sviluppo armonioso dei popoli e come garanzia di pace e di sicurezza internazionale”.

In Venezuela, dopo il disastro di Fukushima, Chávez decise di congelare tutti i progetti di sviluppo del nucleare civile, progettati con la Russia e con la Cina. Un anno fa, Bolivia e Russia hanno iniziato la costruzione di un reattore nucleare per scopi civili, a 4.000 metri sul livello del mare.

Oggi, il dibattito è tutt’altro che risolto.

(Articolo pubblicato su Cuatro F)

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