L’ombra di Saif Gheddafi sui piani NATO in Libia. Ma le milizie non ci stanno

15 Novembre 2021 16:33 Michelangelo Severgnini

(Mentre scriviamo ci giungono notizie che le sedi elettorali delle principali città della Tripolitania siano state prese d’assalto dalle milizie legate alla Fratellanza Musulmana e quindi al governo di Tripoli. L’Alta Commissione Elettorale Nazionale ha comunicato in questi minuti, con un post sulla propria pagina Facebook, che la candidatura di Saif Gheddafi è stata rifiutata per ragioni di interesse nazionale e per prevenire disordini nel Paese. L’intervista che proponiamo di seguito, registrata nelle prime ore della mattina di lunedì 15 novembre da Tripoli, ipotizzava proprio uno scenario simile).

Domenica 14 novembre Saif Gheddafi ha annunciato la propria candidatura alla presidenza della Libia per le prossime elezioni del 24 dicembre 2021. Una volta conclusa la conferenza di Parigi che, a meno di sorprendenti colpi di mano militari a Tripoli, ha sancito definitivamente la data delle elezioni, il figlio del colonnello Muammar Gheddafi è tornato sulla scena politica del proprio paese così come lungamente atteso e invocato da buona parte dei suoi concittadini.

Abbiamo sentito un nostro contatto a Tripoli per commentare cosa questo significhi per gli equilibri del Paese, a poco più di un mese da un passaggio fondamentale per la storia recente di quel che rimane della Libia.

Se da un lato queste elezioni sono state il motivo per cui la comunità internazionale e il Parlamento libico avevano inizialmente concesso la fiducia al premier Dabaiba insediatosi lo scorso marzo, ora lo stesso premier, sempre più strumento nelle mani della Turchia, sta provando in ogni modo a rimandare o annullare le elezioni.

Troppo rischioso per la Turchia che, in caso di sconfitta della Fratellanza Musulmana alle elezioni, eventualità praticamente certa, rischierebbe di vedersi annullati gli accordi con il precedente e attuale governo che consentono la presenza militare turca in Tripolitana e l’occupazione di diverse basi militari sul suolo libico tra cui quella di al-Waityah.

Vorrebbe dire per la Turchia dover smobilitare e lasciare le risorse libiche nelle mani del prossimo parlamento e del prossimo governo. Questa dovrebbe essere la democrazia, ma non è il metodo con cui è stata governata la Libia negli ultimi 10 anni. Ecco perché il momento è cruciale.

Ascolta l’audio dell’intervista:

https://soundcloud.com/exodus-escapefromlibya/a-comment-from-tripoli-on-the-candidacy-of-saif-gaddafi

“La legge elettorale dice che è necessario dimettersi dal proprio incarico istituzionale 3 mesi prima delle elezioni. Dabaiba non l’ha fatto. Al tempo in cui avrebbe dovuto farlo teneva manifestazioni nelle piazze e nelle strade aizzando la gente contro il Parlamento libico. Pensa che qualsiasi cosa gli sia permessa.

Non si è dimesso, punto primo. Punto secondo, a Ginevra lo scorso febbraio, prima di essere eletto premier, lui e gli altri membri del governo hanno firmato un accordo secondo il quale non avrebbero corso alle elezioni. Ha firmato dunque un documento in cui prometteva di non candidarsi, lui al-Mishri e tutti gli altri membri del governo.

In questi giorni alla conferenza di Parigi ha supplicato che ci si dimenticasse di ciò che lui ha firmato a Ginevra e che si cambi ora la legge elettorale, articolo 12, in modo che possa correre per la presidenza anche se non si è dimesso dalla carica di premier. A Parigi non ha ricevuto alcuna risposta sul tema. Quindi è tornato a Tripoli, adesso sta dando disposizioni alle proprie milizie, sta armeggiando con al-Mishri e con la Turchia e solo Dio sa cosa succederà, io non lo so.

Adesso la Turchia, attraverso al-Mishri, ha chiesto che le elezioni siano posticipate di altri 3 mesi proprio per dare a Dabaiba la possibilità di dimettersi ora giusto in tempo e correre per le elezioni. Ma anche questa proposta non è stata raccolta dalla comunità internazionale. Sta giocando tutte le proprie carte ma non sta ottenendo nulla. La nuova carta che giocherà è quella di elargire miliardi di dinari alla gente, per gli stipendi dei lavoratori, per gli studenti e chissà chi altro al fine di comprare il loro consenso e averli dalla sua parte.

Domanda: Quanto a Saif Gheddafi, probabilmente da Parigi è emersa la volontà definitiva di tenere le elezioni del 24 dicembre e quindi ha pensato che questo sia il momento per uscire allo scoperto.

Risposta: I Russi lo appoggiano. Haftar è con lui, dal momento che l’Esercito Nazionale Libico gli dà protezione a Sabha, nel sud della Libia. I Libici sono con lui. Ma chi è contro di lui? Chi lo sta cercando è la Corte Criminale Internazionale che ha dichiarato che la sua pratica è ancora aperta, che la sua candidatura non cambia la situazione e che ha commesso crimini in Libia durante la cosiddetta rivoluzione. Ma, ammesso che lui abbia commesso questi crimini, li ha commessi in Libia a danno di altri cittadini libici. Ma i Libici e soprattutto una corte libica lo hanno assolto. Dunque se i Libici lo hanno perdonato, cosa vogliono adesso quelli della CCI?

Domanda: Ma le accuse nei suoi confronti sono comunque state giudicate fondate dalla corte libica?

Risposta: Chiaro che no. Era guerra. Lui era dalla parte del padre, ma non è un uomo di guerra, come i suoi due fratelli. E’ un uomo molto tenero. Si trovava in Beni Walid sull’ultima linea di fronte e ciò che rimaneva dell’esercito stava combattendo, chiaramente. Era una questione di sopravvivenza: o io uccido te o tu uccidi me. E quindi cosa dobbiamo aggiungere?

Domanda: Ora che si è candidato alla presidenza si troverà in competizione con Haftar. Come gestiranno questa situazione?

Risposta: La sapranno gestire. Ad esempio, se ci saranno incidenti e Saif Gheddafi non sarà in grado di portare a termine la propria campagna elettorale e deciderà di ritirarsi, allora tutti i suoi elettori voteranno Haftar.

Domanda: Quindi possiamo dire che nel migliore dei casi uno dei due farà un passo indietro.

Risposta Esatto. E il “ticket” sarà salvo”.

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