Il trucco sui conteggi dei salvataggi: ecco perché i migranti schiavi ne l'Urlo dicono cose diverse

03 Gennaio 2023 21:00 Michelangelo Severgnini

Nei giorni a cavallo della fine dell’anno è stata pubblicata una notizia numericamente ad effetto: sarebbero 101.127 le persone sbarcate in Italia nel corso dell’anno scorso (al 23 dicembre 2022).

Superata la soglia psicologica, si dice.

Non è semplice fare stime sulla provenienza dell’imbarcazione inizialmente utilizzata da quelle persone per raggiungere le coste italiane, ma sappiamo che una minima parte è arrivata da Grecia e Turchia e una massima parte è arrivata dalla Tunisia. Gli altri sono arrivati dalla Libia.
Benché si tenda a omologare gli arrivi da Tunisia e Libia, sono in realtà molto diversi sia per motivazioni, ma soprattutto per modalità.

Quanti ne sono arrivati dalla Libia quindi?

Conosciamo un dato: oltre 23mila persone sono state ricondotte in Libia dalla Guardia costiera di Tripoli. Di solito sono il 50% di coloro che si erano imbarcati, pertanto un numero pari di persone è verosimilmente arrivato dalla Libia, forse un po’ di più.

Un altro dato che conosciamo è che le ONG avrebbero “salvato” quest’anno il 14% del totale del numero delle persone sbarcate, pertanto circa 14mila persone.

Una percentuale assai limitata, si dice.

Ma non va calcolata su chi arriva da Grecia o Turchia e nemmeno su chi arriva dalla Tunisia. Chi arriva da questi Paesi sa di dover arrivare tale e quale sulle coste italiane, con un mezzo idoneo alla traversata, e molto spesso, come nel caso della Tunisia, a bordo ci sono gli stessi Tunisini che quindi si imbarcano (da esperti del mare) soltanto quando sanno che l’imbarcazione è perfettamente in grado di raggiungere l’Italia (al netto di disgrazie).

Pertanto, come dicevo, il numero di chi è arrivato dalla Libia è certamente sopra i 23mila, forse 30mila.

La percentuale dei “salvataggi" va pertanto calcolata su questo numero, perché gli altri non ne hanno verosimilmente bisogno.

I “salvataggi” pertanto sono circa il 50%, forse più, di coloro che si sono imbarcati dalla Libia. Chi non è stato “salvato” dalle ONG ed ha comunque raggiunto l’Italia, lo ha fatto grazie alla Guardia costiera italiana o a qualche nave mercantile di passaggio (insomma, ha dovuto essere “salvato”) o qualche volta su un’imbarcazione di legno in grado di raggiungere le coste italiane.


IL TRUCCO SUI CONTEGGI DEI SALVATAGGI

Il trucco sta nelle modalità di attraversamento. Quando i migranti arrivano da Grecia, Turchia e Tunisia viaggiano sempre su imbarcazioni di legno normalmente in grado di raggiungere le coste italiane.

Quando arrivano dalla Libia, nella maggioranza dei casi vengono imbarcati su gommoni sgonfi che vanno a fondo dopo poche miglia di mare in assenza di “salvataggio” e mai nessuno di questi gommoni ha raggiunto da solo le coste italiane.

E’ in questo caso che subentra il “pull factor”, cioè in quel momento in cui chi verrà imbarcato dalla Libia su di un gommone sgonfio sa che senza intervento di una nave delle ONG andrà in contro a probabile affogamento (oltre 2mila le persone accertate morte in mare nel 2022) e pertanto ha bisogno di tenersi informato via internet attraverso i canali social delle ONG e ne viene influenzato.

Ecco spiegato al ministro Piantedosi (che si domandava qualche giorno fa) perché le ONG facciano la spola soltanto davanti alla Tripolitania, perché solo da lì i migranti partono sui gommoni sgonfi, caricati dalle
milizie di Tripoli che solo in quella zona hanno mano libera, e quindi solo da lì i migranti hanno bisogno di essere “salvati”.


LA LOTTA DI CLASSE DEI MIGRANTI-SCHIAVI NELL’URLO

Ma c’è un ultimo dato, il più importante, che non dobbiamo dimenticare. In Libia, quasi tutti in Tripolitania, ci sono 700mila migranti-schiavi. Questo significa che se 30mila di loro quest’anno sono arrivati in Italia, gli altri 670.000 sono rimasti in Libia. Vuol dire che 1 migrante-schiavo in Libia su 21 nel 2022 ha raggiunto l'italia e gli altri 20 sono rimasti là.

Ecco perché le centinaia di migrati-schiavi che parlano nel film e nel libro “L’Urlo” dicono cose che i migranti accreditati dalle ONG non dicono e chi si è messo in testa di censurare le loro voci per il tramite di dubbie figure, sta facendo censura borghese.

Perché chi parla dalla Libia nel film e nel libro "L'Urlo" non appartiene a quella minoranza di privilegiati esposti dalla carità borghese europea come trofei a copertura delle loro connivenze con le milizie di Tripoli, salvati in mare o ingaggiati in Libia.


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Appartiene alla maggioranza (quest’anno 20/21) bloccata in Libia. Appartiene a quella classe lavoratrice proletaria che nella storia fa sempre una brutta fine quando le narrazioni le costruiscono i capitalisti e chi gioca a salvare gli oppressi con i soldi degli oppressori.

Appartiene a quella maggioranza che non ha nulla da guadagnare dalle narrazioni fiabesche europee ma che paga il prezzo per intero del colonialismo europeo, abbandonata in Libia da anni, ostaggio delle milizie che controllano ormai soltanto 20% di territorio, Tripoli e dintorni.

Appartiene a quella maggioranza che si può permettere di parlare liberamente perché non riceverà nessun compenso o vantaggio dalle proprie affermazioni e che nel momento in cui rivendica il diritto di tornare a casa sta compiendo la sua lotta di classe fino in fondo, senza prestarsi alle vetrine europee spacciate per soluzioni.




P.S. Per raccontare questa storia “L’Urlo” torna in tour il 13 gennaio a partire da Genova. Altre date saranno comunicate e si aggiungeranno.
Per chi volesse organizzare una proiezione: lurlo.thescream@gmail.com

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