Stellantis chiude reparto “confino” di Nola. Slai Cobas: “Non finisce qui la lotta contro le discriminazioni”

09 Maggio 2022 08:00 Francesco Guadagni

Un evento quasi a sorpresa. L’ex Fiat, ora Stellantis dopo la fusione con Peugeot, ha deciso di chiudere nel comprensorio del sito produttivo di Pomigliano d’Arco, il reparto logistico di Nola, situato sempre in provincia di Napoli. Più che reparto logistico, così presentato da azienda e sindacati, era una riedizione delle ex Officine Stella Rossa degli anni ’50 del Novecento, usate dal Lingotto per metterci dentro gli operai comunisti e socialisti e quelli più conflittuali.

La creazione del reparto confino di Nola con il trasferimento di più di 300 operai dal sito di Pomigliano fu la premessa per attuare il piano industriale per annientare le residue conquiste dei lavoratori ottenute con le lotte degli anni ’70. Quel piano per produrre la Nuova Panda portava il nome dall’allora Amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne ed è stato alla base del Jobs Act voluto dal Partito democratico, con Matteo Renzi Presidente del Consiglio, che portò all’abolizione dell’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

Un piano salutato da quasi tutte le forze politiche e sindacali come un nuovo corso che avrebbe portato benessere ai lavoratori, ma che fu osteggiato seriamente solo dallo Slai Cobas e per opportunismo dalla Fiom-Cgil, la quale al referendum del 2010 sull’approvazione del Piano Marchionne, invece di dichiararsi per il “No”, come fece appunto il sindacato di base, preferì aspettare l’esito del voto che registrò un 40% di voti contrari, un risultato eccezionale nonostante media e politici fossero tutti proni al Lingotto.

Soprattutto, il sedicente polo logistico fu descritto da Azienza e sindacati compiacenti come un sito che avrebbe dato il suo contributo allo sviluppo di quello di Pomigliano. Nulla di tutto questo perché in 12 anni c’è stato un perenne ricorso alla Cassa integrazione da parte dell’ex Fiat.

Dal 2008 lo Slai Cobas, che aveva subito il trasferimento dell’80% dei suoi iscritti a Nola mentre la percentuale degli altri sindacati era del 3%, ha portato avanti una battaglia sindacale e nelle aule di tribunale per la chiusura di questo reparto e il reintegro degli operai trasferiti a Pomigliano, ritenendo che alla base ci fossero state delle discriminazioni contro i suoi tesserati.

Queste battaglie nel corso degli anni non hanno dato esiti positivi con un rimbalzo delle decisioni tra i Tribunali di Nola e Napoli. Finché, come ci raccontarono nel gennaio 2020 Vittorio Granillo e Mara Malavenda, dell’esecutivo nazionale Slai Cobas, la Procura Generale della Cassazione contestò la sentenza della Corte d’Appello di Napoli, rifacendosi alle Diritto antidiscriminatorio europeo che ribaltava l’onere della prova.

"Nel diritto antidiscriminatorio europeo c'è il ribaltamento dell'onere della prova. E non è un caso che questa è la prima sentenza della Cassazione dell'anno. Solitamente quando un lavoratore denuncia deve dimostrare la discriminazione al 100% o perde la causa. La direttiva europea ribalta l'onere della prova. Deve essere il datore di lavoro a dimostrare che non c'è stata discriminazione. Quindi adesso dopo il pronunciamento della Cassazione, quando si tornerà in Appello toccherà alla Fiat provare che non c'è stata discriminazione nei nostri confronti. Un po' difficile quando l'80% dei nostri iscritti sono stati trasferiti."

C’è stato il Covid-19, anche i procedimenti giudiziari hanno subito rallentamenti, ma la Corte d’Appello di Napoli dopo che la Procura generale della Cassazione le ha rinviato gli atti, si dovrà pronunciare il 6 dicembre 2022.

Attualmente sono 246 i lavoratori che entro settembre dovranno essere reintegrati a Pomigliano, probabilmente Stellantis prima della sentenza vuole evitare una batosta giudiziaria e mettere così tutto a tacere.

A tal proposito, l’ex Parlamentare dello Slai Cobas, Mara Malavenda ha già avvertito: “Se FCA pensa che, chiudendo il reparto e facendo rientrare a Pomigliano i deportati a Nola potrà richiedere la ‘cessazione della materia del contendere’ nella causa di dicembre prossimo evitando la condanna sappia che sbaglia di grosso perché la chiusura del reparto è la conferma della sua ‘inutilità produttiva’ e la sua ‘inutilità produttiva’ è la conferma dell’esclusivo intento discriminatorio da parte dell’azienda”.

Inoltre, ha ricordato che “è evidente che uno pseudo reparto (quello di Nola) creato dall’azienda a prevalente scopo discriminatorio è ‘tecnicamente impossibilitato’ a svolgere alcuna congrua missione produttiva”.

La battaglia proseguirà, quindi, questa sentenza attesa per fine anno potrà avere delle ripercussioni per rilanciare le lotte operaie ne nostro Paese a partire dalla FCA. Come spiegò all’epoca Granillo, “l'impatto della sentenza si avrà nei prossimi anni, i lavoratori vedranno che il Re è nudo. Ora sono abituati a subire la repressione. Toccheranno con mano l'esercizio della libertà di opinione e delle libertà sindacali, la possibilità di difesa e da qui si potrà ripartire.”

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