Da anni l’Occidente fornisce grosse quantità di armi all’Ucraina. Adesso da quando la Russia ha lanciato l’operazione militare per smilitarizzare e denazificare il regime di Kiev il paese è stato ancora più imbottito di armi. Nonostante il presidente Zelensky continui a chiedere sempre più armi.
Dove vanno tutte queste armi? Siamo sicuri che non finiscano nelle mani di organizzazioni criminali? A fare queste domande non è un pacifista qualunque, ma il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, vera e propria punta di lancia dell’antimafia in Italia, ospite della trasmissione ‘Otto e mezzo’ condotta da Lilli Gruber su La7.
“Gli armamenti non sono tracciabili. Quello che è successo in Bosnia, può ripetersi nel Paese che la Russia sta aggredendo. A chi vanno le nostre armi?”.
La guerra, spiega Gratteri, è un grande affare per le mafie: “La guerra può essere un affare importante, una grande opportunità per le mafie. Dopo il conflitto nell’ex Jugoslavia, la ‘Ndrangheta ha comprato molte delle armi che circolavano indisturbate”.
Lo è stato in passato e può esserlo adesso: “Il mercato nero delle armi esiste ancora. In Bosnia, ogni famiglia nucleare ha il suo arsenale. Dopo la guerra nell’ex Iugoslavia, le mafie, le organizzazioni criminali, andavano in Bosnia, in Montenegro, e un kalashnikov costava 750 euro. Subito dopo la guerra, ogni famiglia aveva 4/5 kalashnikov, due bazooka, dieci chili di plastico C3 e C4”, quindi continua Gratteri “chi dice che questo non possa ripetersi? Queste usate dagli ucraini sono armi più sofisticate, sono armi pesanti. A prezzi stracciati, sono facilmente acquistabili. Dobbiamo stare attenti, però: non sono tracciabili. A chi le stiamo inviando?”.
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