Uranio impoverito e la missione "a sorpresa" di Kishida: il mondo sull’orlo della Terza guerra mondiale

23 Marzo 2023 07:00 Piccole Note

La Gran Bretagna ha portato il mondo sull’orlo della Terza guerra mondiale. Infatti, non poteva restare senza conseguenze l’annuncio che avrebbe inviato a Kiev proiettili all’uranio impoverito, intenzione espressa dal vice ministro della Difesa britannico Annabelle Goldie.


La visita di Xi in Russia e l’escalation

Putin ha dichiarato ufficialmente che “se ciò dovesse avverarsi, la Russia sarà costretta a reagire“. A declinare la possibile reazione, politici e analisti russi e filorussi, dal presidente bielorusso Lukaschenko, che ha parlato di una risposta che “servirà da lezione al mondo intero” alla più contenuta, ma non meno disastrosa, prospettiva immaginata dell’analista per la Difesa di Ria novosti, secondo il quale l’esercito russo potrebbe iniziare a usare le armi nucleari tattiche.

I proiettili all’uranio, atti a distruggere i carri armati, causano una contaminazione radioattiva che si propaga per decine di chilometri e che persiste per gli anni a venire. Inutile specificare i danni causati dalle radiazioni, sia sui soldati, russi e ucraini, sia sui civili che andranno ad abitare quelle regioni nel dopoguerra (sul punto vedi The Intercept).

L’idea di utilizzare tali proiettili, dati i danni che causeranno anche agli ucraini, dà la misura di quanto gli sponsor di Zelensky abbiano a cuore il popolo che dicono di voler aiutare… tant’è.

L’annuncio della signora Goldie non è voce dal sen fuggita, dal momento che da tempo i neocon e i loro adepti stanno facendo pressioni in tal senso. E a gennaio la Casa Bianca, interpellata sulla questione, non ha escluso che gli Usa potessero compiere tale disastroso passo.

Non riuscendo a forzare la mano all’amministrazione Usa, i neocon hanno deciso di ricorrere all’ancella d’oltreatlantico, già usata al tempo dell’invasione irachena grazie a Tony Blair.

L’annuncio è giunto durante il summit tra Putin e Xi Jinping, come risposta a questo. L’incontro tra i due leader aveva suscitato qualche flebile speranza per la pace in Ucraina. La risposta è stata un’ulteriore escalation, che si approssima a una delle linee “rosse nucleari” di Mosca (Military watch).


Incenerire le speranze di un negoziato

A dare l’idea che potesse aprirsi uno spiraglio per i negoziati non erano state solo le aperture di Putin al piano di pace cinese, ma soprattutto quelle più sorprendenti del ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, il quale aveva espresso la speranza che la mediazione di Pechino potesse aprire spazi per un “cessate il fuoco”.

La sola idea che qualcosa si potesse muovere in tal senso ha letteralmente fatto impazzire l’amministrazione Usa, che ha avuto reazioni che possono definirsi isteriche sia contro la visita di Xi in Russia che contro la prospettiva di una mediazione cinese sul conflitto ucraino.

Negli Stati Uniti, infatti, si è registrata una vera e propria escalation di dichiarazioni contro il piano di pace cinese, e specificatamente contro il cessate il fuoco, prendendo evidentemente sul serio le parole di Kuleba. Un nervosismo rivelatore.

Evidentemente non si fidavano di Kiev. Avevano paura che le élite ucraine forzassero Zelensky a fare un passo in tale direzione. Infatti, nonostante Zelensky si proponga come l’uomo solo al comando, esiste all’interno della leadership ucraina un’opposizione tacita al suo egotismo, che si è rafforzata dopo la sua decisione di difendere a tutti i costi Bakhmut, che parte delle élite reputava saggio abbandonare evitando la macelleria che vi si sta consumando (ipotesi che, peraltro, aveva il sostegno americano, che da tempo ha suggerito il ritiro).

La mission di Kishida

Così, a rafforzare la posizione di Zelensky, e per evitare possibili tentennamenti di Kiev, Fumio Kishida è volato improvvisamente in Ucraina. Una visita furtiva quella del presidente giapponese, che ha tutta l’apparenza di una missione approntata in fretta e furia, come se gli fosse stato affidato un incarico urgente di cui si è fatto parte diligente.

Diverse la anomalie del viaggio registrate dai media giapponesi. Anzitutto, come annota Kyodo News, la visita non ha avuto l’approvazione previa del Parlamento giapponese, come da prassi istituzionale.

Terminata la visita di Stato in India, dopo la quale Kishida sarebbe dovuto tornare in Giappone, senza avvertire nessuno, ha deciso di partire per la “Polonia utilizzando un aereo noleggiato segretamente invece dell’usuale aereo governativo”. Quindi, dalla Polonia, ha preso un treno per Kiev.

Il Japan Times aggiunge che l’aereo noleggiato per l’occasione era lo stesso “usato dalla star del baseball giapponese Shohei Ohtani quando è tornato in Giappone dagli Stati Uniti all’inizio di questo mese”.


Kishida come Johnson

Tali anomalie sono state motivate come dettate da ragioni di sicurezza, ma è davvero arduo immaginare che Putin si metta a tirar giù gli aerei su cui viaggiano i capi di Stato dei Paesi a lui ostili… tant’è.

Nel suo incontro con Zelensky, dopo la visita di rito a Bucha, necessaria ad alimentare la narrazione dei crimini russi, Kishida ha recitato il credo iper-atlantista, ribadendo il sostegno “incrollabile” del Giappone all’Ucraina e sostenendo che difenderla serve a preservare l’ordine internazionale basato sulle regole (affermazione che suona bizzarra data la ricorrenza dei venti anni dall’invasione dell’Iraq).

A nessuno è sfuggito che la visita serviva a lanciare ufficialmente una sfida a Xi, ma essa serviva anzitutto a incenerire sul nascere le possibilità aperte dal piano di pace cinese. La visita improvvisata di Kishida sembra così aver ricalcato le orme dell’altrettanto improvvisa visita di Boris Johnson, il quale ad aprile dello scorso anno si precipitò a Kiev per impedire che l’Ucraina raggiungesse un accordo con Mosca.

Non solo. Il ministero degli Esteri cinese aveva dichiarato che il Giappone dovrebbe “aiutare a ridurre la tensione invece di fare il contrario” (New York Times). Evidentemente sapeva di cosa parlava, perché l’escalation si è materializzata, sia con l’annuncio dei proiettili all’uranio britannici, sia con la decisione degli Stati Uniti di accelerare i tempi per la consegna dei carri armati Abrams.

Il momento dei kamikaze globali

Infine, sulla visita a Kiev c’è da registrare quanto scrive Michael MacArthur Bosak, consigliere del governo nipponico per l’Indo-pacifico, sul Japan Times, il quale, oltre ad annotare il guanto di sfida lanciato da Kishida alla Cina, spiega che è la prima volta che un leader nipponico si “reca in una zona di guerra da oltre mezzo secolo”, iniziativa che apre la strada a una politica estera muscolare del Giappone (lo scrive in termini più soft, ovviamente).

Inoltre, essendo il primo leader di un Paese non occidentale a volare a Kiev, Kishida ha rotto lo schema dello scontro tra Oriente e Occidente, evidenziando che si tratta di un conflitto globale e, “con questa visita, il governo giapponese ha dimostrato che non intende assistere a tale competizione da bordo campo”.

Dati i precedenti del militarismo nipponico, non tranquillizza. Anche considerando che sono stati loro a inventare i kamikaze (tornati di attualità con il Terrore internazionale). Ricordo di nefasto auspicio, soprattutto in un momento in cui si gioca con la Terza guerra mondiale, un gioco in stile kamikaze su scala globale.

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