Il NYT prende posizione sugli attacchi in territorio russo: un futuro "vietnamita" per Zelesnky?

L’America accusa Kiev di aver pianificato l’attacco del drone contro il Cremlino. Così sul New York Times: “Le agenzie di intelligence americane non sanno esattamente chi abbia effettuato l’attacco questo mese, ma suggeriscono che facesse parte di una serie di operazioni segrete orchestrate dai servizi di sicurezza ucraini”.

NYT: i russi avevano ragione…

Ancora una volta gli Stati Uniti disvelano la disinformazione ucraina, che anche in questo caso aveva negato le proprie responsabilità sull’accaduto, smentendo le accuse di Mosca. Era già successo per l’attentato al ponte di Kerch e quello che aveva ucciso Darja Dugina, figlia dell’ideologo Aleksandr Dugin.

Stavolta, però, l’accusa è più pesante, dal momento che il drone ucraino aveva puntato dritto al cuore della Russia, al Cremlino e allo zar che lo abita. L’attacco, recita il Nyt, ha creato “disagio negli Stati Uniti, che più di altri forniscono attrezzature militari all’Ucraina. L’amministrazione Biden è preoccupata per il rischio che la Russia accusi gli Stati Uniti e reagisca espandendo la guerra oltre l’Ucraina”.

La denuncia del NYT fa il paio con quella di ieri, relativa agli attacchi in territorio russo degli ultimi giorni, condotte da milizie neo-naziste russe intruppate all’interno delle forze ucraine. Così recitava ieri il giornale della Grande Mela: “L’uso di attrezzature militari statunitensi in territorio russo potrebbe mettere a dura prova le relazioni tra Ucraina e Stati Uniti, che hanno fornito all’Ucraina decine di miliardi di dollari in aiuti militari a condizione che non vengano utilizzati per attaccare la Russia all’interno dei propri confini”.

Il regime di Kiev sotto esame

Un uno-due che denota il nervosismo di Washington nei confronti dell’attivismo di Kiev. Certo, è anzitutto un modo per prendere le distanze dalle operazioni incriminate, così da evitare che la reazione russa prenda di mira obiettivi non ucraini, anzitutto i tanti militari e funzionari dell’intelligence Nato (per lo più americani e inglesi) di alto grado che, nel segreto, coordinano le forze di Kiev dall’interno del territorio ucraino.

Un personale che, nonostante la presa di distanza di Washington, non è affatto estraneo alle imprese in questione, dal momento che l’Ucraina non può muovere una foglia senza la supervisione Nato né, senza tale supporto (in particolare di intelligence), le forze ucraine avrebbero potuto realizzare operazioni così efficaci.

Washington, tramite il NYT, media ufficiale del mainstream Usa, ha inteso così anzitutto lanciare un messaggio alla Russia, prendendo le distanze dai falchi Nato e dai falchetti ucraini. E un parallelo messaggio all’Ucraina, dal momento che la reprimenda distanza pubblica, e non segreta, indica che l’insofferenza di Washington potrebbe arrivare a un punto di rottura.

Nel caso non si andrebbe automaticamente a chiudere la guerra, che si concluderà solo quando gli Stati Uniti lo reputeranno opportuno in un calcolo costi-benefici, ma potrebbe dar luogo a un regime-change a Kiev più o meno drammatico, scenario che va dal commissariamento di Zelensky fino ad arrivare a un golpe simile a quello che pose fine al regime di Ngô ?ình Di?m nel corso della guerra del Vietnam (che continuò dopo il colpo di stato nel quale il presidente vietnamita perse la vita).

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