Respinta istanza riapertura indagini sulla morte di Pasolini. Per lo Stato italiano resterà solo un francobollo

24 Novembre 2023 19:10 Francesco Guadagni

“Non ricorrono i presupposti per nuove investigazioni” per la riapertura delle indagini sulla morte di Pier Paolo Pasolini. La Procura di Roma si è presa una responsabilità storica. Ha sentenziato e confermato una verità giuridica che persite da quasi 50 anni, ovvero che il 2 novembre del 1975 il poeta, scrittore, regista, giornalista, uno dei più grandi intellettuali che l’Italia abbia mai avuto, sia stato ucciso dal solo Pino Pelosi, allora diciassettenne, per difendersi dalle sue molestie.

Eppure, in coincidenza con il centenario della nascita del Poeta, sembravano esserci nuove possibilità per avere non solo una verità giuridica e storica ma, soprattutto, per togliere quel marchio di infamia che pende su Pasolini dal 1975. Al momento, non ci sarà nulla, lo Stato italiano ha riservato per Pasolini solo un francobollo celebrativo per il centenario. È destinato a rimanere, come disse il Professor Francesco Sidoti, “simbolo di un Italia che non ha avuto giustizia.”

Negli ultimi 10 anni, con le nuove tecniche di indagini erano stati rilevati altri 3 DNA sugli indumenti di Pasolini raccolti sulla scena del delitto. Nella relazione finale della Commissione parlamentare antimafia, della scorsa legislatura, su istanza della parlamentare Stefania Ascari, si legge che il furto delle bobine del film Salò o le 120 giornate di Sodoma poteva essere un movente dietro l'uccisione di Pasolini. Nel delitto, inoltre, sarebbero stati coinvolti gruppi di malavitosi facente capo alla nascente Banda della Magliana, confermata da uno dei suoi elementi di spicco, Maurizio Abbatino.

Quasi 9 mesi fa, il 3 marzo 2023, l’avvocato Stefano Maccioni presenta l’istanza per la riapertura delle indagini, visti i nuovi elementi acquisiti, firmata da David Grieco, che è stato amico, allievo, attore e assistenze alla regia di Pasolini, regista del film La Macchinazione che ricostruisce gli ultimi mesi di vita del Poeta e da Giovanni Giovannetti sceneggiatore e scrittore di libri come Frocio e Basta, scritto con Carla Benedetti e Malastoria. L'Italia ai tempi di Cefis e Pasolini.

Alla notizia del respingimento dell’istanza, abbiamo consultato in primis Grieco, visibilmente amareggiato.

“Dopo 9 mesi, nonostante i faldoni che gli abbiamo portato questi ci liquidano con 20 righe dove dicono che non si può fare niente. In nessun altro Paese del mondo si vede una cosa del genere. Nonostante tutte le verità che ci sono state, i Dna, la deposizione di Abbatino che aveva raccontato di aver rubato le pizze di Salò. Dico… ma non c’era bisogno di interrogare Abbatino? Cosa si può dire di più? Siamo interdetti. France’, fai questo documentario, a maggior ragione va fatto adesso.”

Sui quali possibilità giuridiche possano esserci adesso, Maccioni è stato categorico: “Non si può fare niente. O escono nuove prove, qualcuno che parla, oppure è finita.” Ma senza resa: “Bisogna pensare a cosa fare, non sarà facile, qualcosa di concreto non solo a parole.”

Giovannetti è un fiume in piena: “C’è profonda amarezza e delusione. Ci tocca vivere in un Paese dove gli assassini a piede libero non vengono perseguiti. Ritengo che il movente dell’assassinio sia politico. Abbiamo presentato istanza di riapertura indagini perché sono emersi nuovi elementi. Dalle indagini di Minisci [Francesco, pubblico ministero che oggi ha respinto l’istanza. NDR] dal 2010 al 2015, le uniche che hanno prodotto dei risultati, sono emersi fatti nuovi. Ad esempio, l’emersione di un fascicolo su Pasolini presso il dipartimento delle informazioni per la Sicurezza. Ora, che Pasolini fosse monitorato dai servizi segreti lo si sapeva dai tempi del Golpe De Lorenzo. Sappiamo che fino all’ultimo Pasolini è stato monitorato da apparati dello Stato, più o meno legalmente. Si trattava di recuperarlo questo fascicolo. Manco per idea.” Lo scrittore ha ricordato un’altra base di partenza delle eventuali indagini: “Abbatino, come detto dalla Commissione parlamentare di inchiesta, nella sua appendice su Pasolini, racconta che aveva partecipato al furto delle bobine di Salò. Abbatino era un elemento importante della Banda. Come giudice mi sarei sentito non obbligato, ma nel dovere di ascoltarlo e fargli ribadire quello che aveva detto non solo alla Commissione. In rete c’è questa confessione di Abbatino anche alla giornalista Fanelli. Questa intervista, ci vogliono 3 minuti per ascoltarla, dalla sua viva voce c’è la confessione del furto delle pizze di Salò, che sono l’esca per attirare Pasolini e ammazzarlo.”

Non solo, Giovannetti ha ricordato, con sarcasmo, che si sono altri tre DNA, che “a questo punto sono di Grieco, Giovannetti e Macconi. Lo dico polemicamente, perché nessuno ha sentito il dovere di approfondire questa novità.”

Lo scrittore ha precisato un aspetto importante: “Nella nostra istanza e nelle successive integrazioni, abbiamo fatto dei nomi. I nomi degli assassini di Pasolini si sanno. Se giri in certi ambienti romani ti dicono chi è stato. Questi nomi li abbiamo fatti a Minisci, avrebbe potuto fare un riscontro verificando i Dna di queste persone. Non lo posso fare io che non sono l’autorità giudiziaria.”

Giovannetti ha osservato che alla base della decisione di oggi c’è la sentenza di primo grado emessa dal giudice per il Tribunale dei minori dell’epoca, Alfredo Carlo Moro, fratello di Aldo, che parlava di concorso di ignori nell’omicidio Pasolini. “Quel ‘concorso con ignoti’ avrebbe presupposto una continuazione delle indagini. Oggi siamo fermi, dal punto di vita della verità giudiziaria, siamo fermi all’inverno del 1976, quella che decreta Pino Pelosi unico responsabile di quel delitto, un vero scandalo. Cancellare quel ‘concorso con ignoti’ [nella sentenza di Appello. NDR] è stato un motivo per evitare di coinvolgere la sfera politica. Rocco Mangia, l’avvocato di Pelosi, chi glielo procura? Gli ambienti della P2. Chi lo paga? Giulio Andreotti. Questa cosa Mangia la riferirà all’avvocato Marazzita.”

Oggi, secondo Giovannetti “non ci possiamo permettere uno straccio di verità non solo su Pasolini, ma su Ustica, su Piazza Fontana e le altre stragi. Un esempio. Al Processo di Trento del 1977, pur essendoci dei rei confessi, furono assolti tutti. Dico questo perché in quel processo era coinvolto il colonnello Michele Santoro, omonimo del giornalista, che ritroveremo nel caso Pasolini. Infatti, è colui che farà espatriare Antonio Pinna, uno degli assassini. Pinna se ne va all’estero accompagnato da Santoro.” Su questo personaggio, lo scrittore aveva già dettagliatamente spiegato il suo ruolo in questa nostra intervista.

Oggi un messaggio chiaro è stato lanciato. Vuoi parlare dell’Eni, di Cefis, Mattei, delle Stragi e le collusioni con i servizi deviati e la CIA con i fascisti, fare il Processo alla Dc e restare in vita? Non solo devi morire, ma deve essere infangata la tua memoria.

Chi ha conosciuto e amato Pasolini pur essendo nato dopo la sua morte, conseguirà qualcosa di più importante delle carte giudiziarie. Gli renderà giustizia con la verità storica. Questa verità, oggi, è ormai una consapevolezza in tanti giovani che studiano, leggono Pasolini, guardano i suoi film e trovano in lui una chiave di lettura per capire il presente.

Anche in questa giornata Pasolini ci ha lasciato un monito, una possibilità, attraverso uno scritto tratto da Le belle bandiere (Dialoghi 1960-65 n. 33 a. XV, 20 agosto 1960):

..."Non potranno mentire in eterno. Dovranno pur rispondere, prima o poi, alla ragione con la ragione, alle idee con le idee, al sentimento col sentimento. E allora taceranno: il loro castello di ricatti, di violenze, di menzogne crollerà."...

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