Il costituzionalista Carlo Amirante: "Quello di Renzi e Napolitano è stato un delitto tentato. Ora non gli resta che piangere"



di Alessandro Bianchi


“Il risultato del Referendum costituzionale è una risposta etica e politica agli attentati alla Costituzione di cui il principale responsabile è stato il presidente Napolitano”. Così Carlo Amirante, già professore di Diritto Costituzionale alla Federico II di Napoli e una delle voci giuridiche più critiche della riforma costituzionale proposta da Renzi ascoltato da l'AntiDiplomatico.


Napolitano, la vera mente delle riforme, è il grande sconfitto oltre a Renzi?

Si certamente. Dopo aver condizionato l’accettazione di un secondo mandato all’impegno del Parlamento e del futuro Governo di cambiare la Costituzione e realizzare ampie riforme economiche, pur avendo giurato fedeltà alla Costituzione vigente – passaggio obbligato prima di assumere la carica – si è poi impegnato con tutto il peso della sua carica a stravolgere la Costituzione nominando una commissione di costituzionalisti con la quale ha anche dialogato, provando a trasformare il Paese in una repubblica semipresidenziale o evocando addirittura una ipotetica repubblica presidenziale. Purtroppo, il meritatissimo impeachment contro il Capo dello Stato promosso dai Cinque Stelle, si è arenato in parlamento nell’omertà di parlamentari incapaci di valutare il comportamento di Napolitano, palesemente in contrasto con il suo ruolo istituzionale.


Una riforma costituzionale approvata a colpi di fiducia. Come giudica il comportamento istituzionale di Renzi e del suo governo?

Il presidente Renzi, a sua volta, sorretto e fiancheggiato da Napolitano, ha compiuto una serie di attività che non rientravano nelle competenze che la Costituzione attribuisce al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al suo governo e tanto meno erano conformi alle tradizioni costituzionali, inserendo nella compagine governativa un Ministero per le riforme costituzionali, cosa che nella storia della Repubblica aveva fatto solo il presidente Letta, ritendo entrambi che i loro rispettivi governi avessero gli stessi poteri e funzioni dell’Assemblea Costituente che ha dato vita alla Costituzione repubblicana del ’48.
Se si aggiunge che, la riforma costituzionale assieme alla legge elettorale costituivano il nucleo fondamentale dell’indirizzo politico del governo Renzi, diviene evidente perché entrambi le due fondamentali riforme sono apparse ad una cospicua minoranza parlamentare ed infine ai cittadini elettori scelte politiche di parte, poste in essere per rafforzare i poteri e le competenze del governo, sottraendo ai cittadini ed alle loro rappresentanze parlamentari la dovuta partecipazione a scelte determinanti per la vita democratica del Paese.



Domenica, quindi, il popolo italiano si è dimostrato migliore della sua classe dirigente?

Si. La risposta dei cittadini alla campagna elettorale - durante la quale il Presidente del Consiglio ed i suoi ministri hanno usato impropriamente non solo la stampa e la televisione ( violando sistematicamente il principio della par conditio ) ma anche il pubblico danaro, inviando una lettera ad ogni cittadino, sollecitandolo a votare Sì al Referendum costituzionale – è stata una risposta esemplare.
I cittadini, con un voto dal significato inequivocabile per le sue dimensioni, non solo hanno confermato l’attualità di una costituzione che è stata un modello esemplare per molti paesi ( in particolare per la Spagna, il Portogallo, la Grecia, e molte costituzioni latino-americane ) – una costituzione che deve essere attuata piuttosto che stravolta - ma hanno inferto una dura lezione per un governo le cui scelte economiche e politiche sono state spesso autoreferenziali, sostenute dai poteri forti, sia a livello nazionale che internazionale, e deleterie per i diritti dei lavoratori e dei cittadini.
Il ritorno dei cittadini al voto sembra finalmente una risposta alla crisi dell’impegno politico ed un segnale chiaro per ogni governo che volesse insistere nell’attacco al ruolo fondamentale delle rappresentanze sindacali e politiche, ai diritti sociali e ai diritti di libertà.



Un messaggio anche alle politiche imposte dalla Bce con la famosa lettera del novembre 2011?

L’attacco sistematico allo stato sociale, ai servizi pubblici, la privatizzazione inarrestabile del patrimonio paesaggistico e artistico nazionale e la disoccupazione ormai strutturale, soprattutto a carico dei giovani in cerca di primo impiego, ha certamente risvegliato la voglia di partecipazione che non solo ha il senso di un voto di protesta, ma piuttosto contiene la richiesta di invertire radicalmente politiche economiche orientate a soddisfare le richieste ( o meglio le imposizioni ) della finanza e dei mercati internazionali, piuttosto che orientate ad uno sviluppo economico attento al sistema produttivo e all’occupazione.


E ora, dopo le dimissioni “congelate” fino all'approvazione della legge di bilancio di Renzi, cosa dovrebbe fare secondo lei il presidente Mattarella?
La bocciatura del referendum, non solo della revisione costituzionale ma anche delle scelte politiche del governo e della sua maggioranza, impongono al presidente della repubblica Sergio Mattarella di proporre -con quel coraggio che gli è mancato quando avrebbe dovuto rinviare alle Camere quell’Italicum che riproponeva le gravi incostituzionalità del Porcellum dichiarato incostituzionale da quella Corte di cui era parte – una soluzione istituzionale imparziale e all’altezza della gravità della crisi.

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