I fascisti incendiari di Ucraina e le complicita' europee. Parla un sopravvissuto al massacro di Odessa

«Vogliamo riunire le forze che in Ucraina sono portatrici di un punto di vista progressista, antifascista, internazionalista e antimperialista. Il paese è dominato da una ben organizzata minoranza oligarchica e nazionalista, contro la grande maggioranza disorganizzata»: Alexei Albu, del movimento Borotba («Lotta»), porta in Italia in questi giorni la resistenza anti-Maidan sviluppatasi come reazione al colpo di Stato fomentato dagli Usa e attuato da una gamma di forze della destra nazionalista che non escludeva (anzi) i neonazisti.
Alexei è un sopravvissuto al massacro del 2 maggio 2014, quando almeno 48 persone (ma egli afferma che furono circa 60) morirono nell’incendio della Casa dei sindacati di Odessa, dove si erano rifugiati manifestanti autonomisti disarmati. Egli rievoca quel giorno terribile in una serie di conferenze e incontri (il 9 dicembre a Roma ospite del sindacato Usb, il 10 di Scalo 77) che preparano una carovana di solidarietà nel Donbass l’anno prossimo. Come molti altri, è andato via per sfuggire alla persecuzione. Le mete dei fuggitivi sono la repubblica popolare di Donetsk e quella di Lugansk, la Crimea o la Russia. Dall’esilio egli continua l’impegno, anche per la verità e la giustizia sulla strage di Odessa.




Ricordiamo quel 2 maggio…

In quei giorni continuavano nella nostra città come in altre le manifestazioni pacifiche per l’autonomia, per un governo regionale, in reazione al colpo di Stato che aveva visto arrivare al potere a Kiev una giunta di oligarchi e neonazisti. E chiedevamo di vietare da noi i gruppi violenti di estrema destra. Mi precipitai con altri al palazzo dei sindacati non appena ebbi notizia dell’aggressione. Aggressione da parte di chi? Si trattava di due tipologie: centinaia di neonazisti provenienti da fuori Odessa in gran parte, e tifosi di calcio. Nel palazzo dei sindacati si erano rifugiati donne e persone non giovani. I neonazisti avevano iniziato a sparare, poi erano riusciti a entrare. Scappavamo da un punto all’altro, cercavamo un rifugio impossibile. Decine di morti: secondo le testimonianze, chi soffocato dal fumo o avvolto nelle fiamme, chi preso a rivoltellate, o strangolato o accoltellato. Io riuscii a uscire, beccandomi botte in testa dai neonazisti. La stessa polizia aveva paura di qui criminali, anche per il rapporto di forze sbilanciato, loro erano molti di più di noi e dei poliziotti.


Ci sono stati arresti, processi?

No. Finora nessuno ha pagato: il governo centrale e gli altri poteri dello Stato boicottano ogni indagine. C’è una totale complicità da parte della politica e delle istituzioni. Il massacro fu pianificato dagli stessi dirigenti ucraini golpisti e nazionalisti. Secondo registrazioni, il governatore spronò i neonazi a circondare la casa dei sindacati. Da oltre due anni c’è un totale sabotaggio di ogni indagine. Assistiamo al paradosso che a essere perseguitati e in carcere sono diversi oppositori antifascisti, non gli aggressori e assassini che restano intoccabili. Chiediamo il vostro aiuto per continuare a mantenere viva la pretesa di giustizia.


Quali sono le condizioni sociali dell’Ucraina di oggi?

Dopo il colpo di Stato e l’ondata di privatizzazioni, va sempre peggio. La moneta nazionale si è deprezzata di tre volte. Il budget dello Stato non basta nemmeno per la macchina amministrativa. Prezzi e tariffe sono aumentati molto. La differenza fra il costo di certi servizi per i cittadini in Ucraina e a Lugansk è di dieci a uno. La polizia non funziona e la corruzione è alle stelle. Secondo le ultime statistiche, solo poco più del 3% dei reati di corruzione viene scoperto e punito.




Ci sono limitazioni al diritto di sciopero e di manifestazione?
Formalmente si tratta di diritti riconosciuti, salvo alle formazioni che sono vietate. Ma in pratica, ad esempio, la mia organizzazione quando alla fine del 2014 e nel 2015 organizzò presidi contro l’aumento delle tariffe, finì nel mirino dei fascisti i quali «arrestarono» alcuni nostri militanti e andarono a consegnarli alla polizia dicendo: «Questi sono separatisti». I prigionieri politici sono molti. Ogni tanto si verifica uno scambio di detenuti antifascisti e soldati di Kiev catturati nel Donbass.


L’Unione europea, così «democratica, illuminata, diritto-umanista, premio Nobel per la pace» continua a dar manforte e a finanziare – come il Fondo monetario internazionale - al governo nazionalista e oligarchico dell’Ucraina, appoggiato dai neonazisti e altre formazioni di estrema destra…

Nel 2014 l’Unione europea si schierò subito con i golpisti di Majdan. E ha continuato. Anche se ultimamente gli aiuti europei a Kiev si stanno riducendo. Ma dobbiamo denunciare il fatto che i sostegni economici internazionali all’Ucraina non sono certo spesi in politiche sociali ma per quello che il governo incostituzionale chiama «operazioni antiterroristiche», in tutto il paese. Oltre all’acquisto di armi, si foraggiano gli apparati repressivi di sicurezza e i servizi segreti.

Marinella Correggia

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