Luciano Vasapollo sul Venezuela: "Con una destra che non ha rispetto nemmeno del Papa, dal presidente Maduro una lezione di democrazia popolare"


«Oggi 1 di maggio annuncio che in base alle mie facoltà presidenziali come Capo dello Stato d’accordo con l’articolo 347 convoco il Potere Costituente Originario affinché la classe operaia e il popolo convochino l’Assemblea Nazionale Costituente», queste le parole di Maduro pronunciate in Avenida Bolivar in occasione delle celebrazioni per la festa dei lavoratori. Nelle prossime ore verrà consegnata al Potere Elettorale la proposta per l’elezione di 500 costituenti.

L’opposizione, responsabile dei tentativi di golpe del 2002, del 2014 e quella attuale è in pieno fermento. Non solo la violenza nelle strade. Si grida al “golpe” con il megafono di tutta la stampa internazionale. Addirittura il presidente del Parlamento Borges ha dichiarato che questo è il momento di “colpire il paese”. Queste dichiarazioni gravissime contro il proprio paese seguono quelle dell’ex presidente Allup, altro leader dell’opposizione, che aveva minacciato due settimane fa “altri morti” nelle manifestazioni. Nelle violenze generate dalle frange più estreme dell’opposizione, nell’ultimo mese sono morte 30 persone, che si vanno a sommare alle 43 uccise nelle cosiddette “Guarimbas”, il tentativo di golpe del 2014.

Abbiamo chiesto al Professor Luciano Vasapollo, delegato del rettore della Sapienza per l’America Latina e Direttore del Centro Studi Cestes (Usb), di aiutarci a comprendere meglio il momento che attraversa il Venezuela con un’intervista telefonica che vi proponiamo.


Cosa cambia dopo l’annuncio di Nicolas Maduro di ieri di una nuova Assemblea costituente ed è la mossa giusta per uscire dall’impasse?

Quello che dirò non rappresenta la Sapienza, ma la mia opinione personale. La situazione in Venezuela era divenuta insostenibile. L’attacco di Trump, delle multinazionali del petrolio perfettamente rappresentate oggi da Tillerson nel Dipartimento di Stato Usa, e dell’”internazionale nera” non può che essere definita con un termine: guerra. L’invasione militare non se la possono permettere in questa fase, ma quello che sta accadendo oggi in Venezuela è una guerra, alimentata da attacchi infami dei grandi potentati della stampa internazionale, che agiscono su ordini precisi di Usa e Unione Europea. Non lo dico solo io, del resto, ma è quello che ha espresso nella sua analisi lucida della situazione venezuelana il premio Nobel della pace Esquivel. Una guerra alimentata dai media che ogni giorno ci bombardano di bufale sulla crisi umanitaria nel paese e sulla “repressione del regime” contro i ”manifestanti pacifici”. In Venezuela non c’è nessuna crisi umanitaria e se gli stessi atti di violenza e terrorismo fossero accaduti a Parigi, Roma, Bruxelles e per non citare una città degli Stati Uniti avremmo avuto una repressione migliaia di volte superiore a quella pacata e lungimirante dell’esercito e della polizia bolivariana.


Cosa cambia ora con l’annuncio di Nicolas Maduro?

Per comprendere il passaggio annunciato dal Presidente è necessario fare una premessa. Meglio di me, l’ha fatta sempre in questi giorni l’ex presidente dell’Uruguay in un’intervista che so avete tradotto come AntiDiplomatico. Quello che mi spaventa di più del Venezuela è l'opposizione, o una gran parte di essa. Credo che ci sia un clima di radicalizzazione che si è trasformata in irrazionale e che nel lungo periodo finisca per favorire la destra. Questo è molto pericoloso dato che c'è Trump negli Stati Uniti. Siamo ormai abituati alla retorica della difesa della democrazia, dei diritti umani, contro le armi di distruzione di massa. E dopo arriva sempre il terribile intervento armato degli Stati Uniti. Il peggio che possiamo fare come latinoamericani è fare da sponda all'interventismo. La radicalizzazione e quello che sta facendo Almagro nell'OSA è un pericolo, non solo per il Venezuela, ma per tutto il continente"
Ecco in questa situazione in cui la destra non solo si pone come sponda dell’interventismo, paralizzando il paese e lavorare solo perché il Venezuela sprofondi in una crisi per giustificare l’intervento umanitario bisognava agire e il presidente Maduro ha scelto la via più democratica e sensata possibile: ritornare al popolo. Convocare il popolo per una nuova assemblea costituente che nel rispetto dei capisaldi e dei poteri della Costituzione del 1999 di un gigante della storia come Hugo Chavez sappia dare una soluzione all’impasse politico e sociale del paese.
Una lezione di democrazia popolare annunciata il giorno della festa dei lavoratori di fronte a milioni di persone. Una lezione, come la celebrazione del primo maggio a Cuba.



Perché il presidente del Venezuela è arrivato a questa scelta?

Per rispondere voglio prendere a riferimento le parole di Papa Francesco che di ritorno dalla visita di Cuba ha chiaramente fatto capire come l’impasse del dialogo sia dovuta ad un’opposizione divisa. Sono mesi che il governo Maduro chiama l’opposizione al dialogo, mediato da Unasur e Vaticano con quattro ex presidenti ibero-americani. Non solo non hanno risposto, se non una minima parte moderata. Non solo hanno paralizzato il Parlamento, non accettando le decisioni della Corte suprema sull’ineleggibilità per frode accertata di tre parlamentari e non ratificando riforme economiche con l’obiettivo dichiarato di far sprofondare il paese nel caos. Non solo dopo il colpo di stato del 2002 e il tentativo di golpe del 2014 hanno scelto la via della violenza e del terrorismo. Non solo tutto questo. Ma ora, come ha espressamente dichiarato Capriles, non hanno rispetto neanche delle dichiarazioni di Papa Francesco. Con un’opposizione del genere e in un clima di guerra indotta dall’esterno, che fare? Richiamare il popolo in una nuova assemblea costituente. Nell’Assemblea non saranno rappresentati il Psuv o gli altri partiti, ma sindacati, associazioni di imprese, i pensionati, l’esercito e tutte le altre componenti della società. All’interno ci sono diverse idee e riferimenti culturali. Ma saranno loro, il popolo, a scegliere la via per uscire da quest’impasse.


Degli Stati Uniti abbiamo detto. Come giudica il comportamento dell’Europa in questa guerra contro il Venezuela?

Proprio 4 giorni fa ero a Bruxelles per solidarizzare contro il bloqueo a Cuba e denunciare il vergognoso attacco che sta subendo il Venezuela. Bene, mentre su Cuba ho trovato solidarietà anche dalla cosidetta “sinistra moderata”, sul Venezuela quella anche “radicale” ha un atteggiamento influenzato dalle idiozie che scrivono i giornali. La settimana scorsa il Parlamento europeo ha approvato una vergognosa risoluzione d’ingerenza contro il governo di Caracas. L’Europa si è macchiata dell’ennesima vergogna con 450 voti a favore e soli 35 contro. Nei 450 c’erano il Pd europeo nelle sue varie sfaccettature, figli degli interessi dell’oligarchie. Il dato poi è di 100 astenuti. 100 Ponzio Pilato, molti della “sinistra radicale”, che fanno ancora più male in una fase come questa.


Cosa si aspetta dalla riunione della Celac convocata d’emergenza dal Venezuela e che si riunirà oggi a El Salvador?

La Celac è oggi il livello più alto di rappresentanza possibile dell’America Latina. Sia perché all’interno, al contrario dell’Osa, non ci sono Stati Uniti e Canada a dettare la linea, sia per la presenza di Cuba. L’OSA di Almagro è divenuto lo strumento di ingerenza principale contro il Venezuela. Dopo il “golpe interno” contro la presidenza della Bolivia per imporre arbitrariamente una risoluzione contro il governo Maduro e dopo che Almagro si è trasformato nel prossimo candidato della destra veenezuelana nelle prossime elezioni, bene ha fatto la ministra degli esteri Delcy ad annunciare il ritiro e convocare la Celac, l’unico organismo rappresentativo del continente.

Alessandro Bianchi

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