Idlib è l’ultima roccaforte dei ribelli nel nord della Siria. È qui che, sconfitta dopo sconfitta, si sono asserragliati i gruppi jihadisti che per anni hanno occupato una parte di Damasco, di Aleppo, della Ghouta orientale con epicentro a Douma e Daraa. È qui che, molto probabilmente, ci sarà la battaglia finale che chiuderà, almeno militarmente, la guerra in Siria. Intanto fonti del ministero degli Esteri siriano, hanno riferito, la denuncia senza mezzi termini di Damasco su una dichiarazione rilasciata nei giorni scorsi, congiuntamente da Stati Uniti, Francia e Regno Unito: “Il governo siriano è accusato di pianificare l’utilizzo di armi chimiche nella sua imminente offensiva anti-terrorismo nella provincia di Idlib”.
Diamo la parola a Mons. George: “Purtroppo la scusa dell’uso delle armi chimiche è una storia vecchia. E’ stata sempre adoperata per attaccare la Siria. Il governo, ha chiesto continuamente alle Organizzazioni Internazionali, all’ONU, di mandare una commissione per verificare realmente se sono state utilizzate armi chimiche da parte delle forze armate siriane. Idlib, è l’ultima zona in mano ai ribelli. La riconquista dell’area significa la fine della guerra. I soliti potenti, sostenuti dal mainstream, hanno ricominciato la propaganda per attaccare la Siria. Abbiamo il presentimento, che stanno preparando una offensiva simile a quella di Douma, per potere cambiare l’esito della battaglia. Speriamo di no! Purtroppo quelli che hanno inscenato l’uso delle armi chimiche, hanno richiamato ad Idlib, gli “white helmets” (elmetti bianchi), per ripetere la stessa operazione. Ci auguriamo che non mettano in atto un altra terribile e devastante commedia a danno della Siria. Il governo centrale, -scusate il paragone-, non è così “pazzo” da usare le armi chimiche, -come non lo è stato nel passato-, in una fase decisiva della guerra, per attirarsi la reazione negativa delle grandi potenze internazionali”.
Nel caso di Douma, è stato dimostrato nel rapporto preliminare preparato dagli osservatori internazionali dell’Opac (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche), “di non aver rinvenuto prove di attacchi chimici con gas nervino da parte dell’esercito regolare siriano contro la città di Douma, alla periferia di Damasco”. Dopo lo scontro di Douma, e la resa dei terroristi, l’esercito Siriano ha rinvenuto nei tunnel e nei magazzini utilizzati dai terroristi, una quantità spaventosa di armi -molte di produzione occidentale-, compresi tutti gli strumenti per assemblare le armi chimiche: “non vogliamo -dice con fermezza Mons. George-, che si ripeta la storia del lupo e dell’agnello! Il lupo che accusa l’agnello di rubare l’acqua da bere. In definitiva è sempre la solita insinuazione diabolica per mangiare l’agnello”.
Eccellenza, ci può dare una descrizione dettagliata di ciò che rappresenta Idbil nel contesto siriano? “Idlib, -spiega Mons. George-, è l’ultima tappa della guerra. Nella zona di Idlib, abitano i terroristi e i combattenti stranieri che sono stati cacciati via dagli altri luoghi dove avevano perso contro il governo siriano. Idlib, è vicina alla Turchia. Sappiamo quali sono i progetti di Erdogan, il quale parla (per proteggere i gruppi dei miliziani), di creare una zona sicura lungo tutto il confine”. Ieri un giornale turco ha dichiarato che Erdogan sarebbe disposto a “dare una mano” ad Assad per raggiungere la stabilità della Siria. Può essere veritiera la dichiarazione, oppure ci sono altri interessi dietro alle parole del presidente turco? “Innanzitutto -dice Mons. George con una punta di ironia-, per realizzare quello che dice, non dovrebbe “dare una mano” ai terroristi che lottano contro il Governo e il popolo siriano”.
Da Idlib, arrivano storie sconcertanti: nella zona sono stati arrestate diverse persone -ed altre addirittura uccise-; accusate di collaborare con il governo per raggiungere una pacificazione con esso al posto dei combattimenti: “Tutti quelli che vogliono la riconciliazione con Damasco, -spiega Mons. George-, sono attaccati, arrestati e uccisi dai jihadisti. Evidentemente la situazione descritta genera nella gente, paura e disperazione. Noi, come Chiesa, preghiamo e chiediamo incessantemente di innalzare suppliche a Dio, affinché non ci sia la battaglia e si possa approdare alla riconciliazione”. I gruppi che comandano Idlib, certamente lotteranno con tutti i mezzi -fino alla fine-, in quanto è l’ultima zona ad essere sotto il loro immediato controllo: “Tra città e regione di Idlib, si parla di 3 milioni di abitanti. Speriamo e preghiamo affinché questa battaglia non venga combattuta, -commenta Mons. Georg-. Costerà cara a tutti quanti: se avverrà porterà (come purtroppo è avvenuto nelle altre parti del paese), distruzione, feriti, morte, desolazione, profughi… Non perdiamo la speranza: si discute che probabilmente si giungerà ad un accordo di riconciliazione con il Governo”.
Eccellenza, cosa succede, alla popolazione quando una zona, una città, un villaggio vengono conquistati dai terroristi? “Siamo nell’ottavo anno di guerra -dichiara Mons. George-, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti! Purtroppo quando arrivano i gruppi jihadisti, aumenta la violenza, tolgono le libertà essenziali, impongono le leggi, ed ai bambini è vietato di andare a scuola. I guai che portano sono tantissimi. Non mi sento di ricordarli, perchè provo un dolore immenso solo a pensarci. La reazione immediata della gente quando avvertono l’arrivo dei gruppi terroristici, è la fuga! Scappano per non diventare schiavi. Noi crediamo nella forza della preghiera. Grazie alla preghiera abbiamo evitato azioni devastanti. Basta ricordare la giornata di preghiera per la Siria indetta dal Santo Padre Francesco, quando gli americani al tempo di Obama, volevano attaccare! La potenza della preghiera ha evitato l’attacco. Facciamo il possibile, usiamo ogni mezzo per diffondere la cultura della pace, non della guerra, della violenza, dell’odio, della sopraffazione; innanzitutto chiedendo a chi ha responsabilità in merito, di non vendere e trafficare armi con i seminatori di morte! Dobbiamo imparare a vivere in pace gli uni gli altri, aiutandoci a costruire con fatica ma con convinzione la vera Pace. Grazie!”.
A cura di Don Salvatore Lazzara e di Mons. Georges Abou-Khazen, Vicario Apostolico di Aleppo
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