Lidia Undiemi all'AntiDiplomatico: "Con il Recovery Fund rischiamo di accettare un MES camuffato"




Domani ci sarà un decisivo Consiglio europeo che dovrebbe ratificare l’accordo dell’Eurogruppo del 9 aprile scorso. Gli scenari sul futuro della zona euro e soprattutto degli strumenti che l'Italia potrà disporre dinanzi l'Armageddon economico che dovrà affrontare restano ancora confusi e l’unica certezza appare la possibilità per i paesi di attivare il famigerato Mes. Sulle sue “condizionalità ridotte” o “assenza di condizionalità”, arrivo di Troike o Troike camuffate gli esperti si sono divisi. Oggi chiederemo nuovamente un parere a Lidia Undiemi, studiosa di diritto ed economia, autrice de il "Ricatto dei mercati", che ha di recente pubblicato un articolo scientifico sull'argomento nella rivista scientifica on line del Centro di Documentazione Europea dell'Università Kore di Enna, dal titolo "L'intricato rapporto tra l'UE e il MES: la nascita dell'Europa d'eccezione tra conflitti istituzionali e nuova governance economica".

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L’intervista


In un suo recente intervento a Omnibus La7, lei ha sostenuto come l'intervento della Bce con il lancio del programma PEPP del 18 marzo 2020 ha praticamente reso inutile il Mes. Può spiegarci meglio cosa significa?







L.U. Il programma di acquisto lanciato dalla Bce a sostegno della zona euro per tutta la durata dell'emergenza pandemica, con possibilità di ampliamento rispetto al piano iniziale di 750 miliardi di euro, è sufficiente ad evitare la crisi dello spread. Quindi l’attivazione del Mes è al momento del tutto inutile.


Eppure lo spread è recentemente tornato ad alzarsi, come lo spiega?

L.U. Sono le incertezze dell'Eurogruppo che generano incertezze sui mercati. A distanza di più di un mese dal lancio del programma della Bce non è riuscito a trovare un accordo sul come e sul quando intervenire, lasciando intendere che la tenuta di tutto il sistema sia a rischio.


La proposta italiana è quella di riproporre i cosiddetti “eurobond”, a cui si oppongono i paesi del Nord Europa contrari storicamente alla mutualizzione del debito della zona euro. Cosa pensa degli eurobond?

L.U.: Penso sia inutile parlarne per due motivi. Primo perché l'attuazione di tale strumento richiederebbe tempo, che non abbiamo: l’Unione Europea non dispone di una politica fiscale comune e la loro introduzione significherebbe caricare i cittadini di ulteriori tasse e imposte, che è esattamente l'opposto di quello che bisogna fare oggi. In secondo luogo, come da lei sottolineato, i paesi del nord sono contrari ad una qualsiasi forma di mutualizzazione del debito che possa essere realmente efficace nel medio-lungo periodo.


La via mediata dalla Francia e che dovrebbe essere ratificata domani al Consiglio è quella di una mutualizzazione parziale del debito – “Recovery Fund” - attraverso il budget dell’Unione Europea del 2021-2027. Cosa pensa di questi recovery bond che potrebbero essere ratificati domani?

L.U. : Anche in questo caso occorrerebbe tempo, e comunque i fondi di aiuto europei anche prima del Mes seguivano la logica dell'austerità e dei commissariamenti, si trattava in pratica di versioni primordiali del Mes, come il fondo MESF, finanziato con il bilancio UE e gestito dalla Commissione UE. Grosso modo le stesse caratteristiche che probabilmente avrebbe il Recovery Fund. Ma d'altronde, che senso avrebbe affiancare al Mes altri fondi liberi dalle condizionalità, dato che andrebbero a delegittimare lo strumento principale scelto dall'Eurogruppo, che è appunto il Mes? Non pare ci sia via di scampo, rischiamo di accettare un Mes camuffato.


E' vero che l'attivazione delle linee di credito del Mes è soggetta alla sottoposizione dello stato debitore ad una sorveglianza rafforzata?

L.U.: Si, basti solo pensare alla Grecia, tutt'ora sottoposta alla sorveglianza speciale.

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