Pasquale Cicalese: "Il tradimento della lotta di classe in Italia ha una data di inizio precisa" - INTERVISTA



di Alessandro Bianchi

Come L.A.D. edizioni siamo orgogliosi di presentare il nuovo libro dell'economista Pasquale Cicalese, una colonna de l'AntiDiplomatico e di tutti coloro che non si arrendono alle barbarie dei nostri tempi.




"50 anni di guerra al salario" è la perfetta prosecuzione della prima opera di Cicalese, "Piano contro Mercato", che ha raggiunto livelli di affetto e vendite inaspettati che hanno portato ad una nuova edizione aggiornata.

Nel primo libro l'Autore offriva al lettore un raggio di pensiero economico, sociale e geopolitico di più ampio spettro, con molti riferimenti al "modello cinese" ed agli elementi di pianificazione presente nella Prima Repubblica in ottemperanza ai dettami chiari della nostra Costituzione. Il nuovo libro è un flusso di coscienza che entra, come mai finora in Italia, nelle interiorità più intime di quell'immenso proletariato presente in Italia.

Un immenso proletariato che non ha coscienza di essere classe e per questo, nonostante la stasi dei salari come in nessun paese europeo, non ha più la forza di portare avanti nessuna battaglia efficace.

"50 anni di guerra al salario" è il primo vero manifesto concreto per tutti loro. Per tutti noi.

Un grido di ribellione alle ingiustizie dei nostri tempi, ma ragionato e con un programma chiaro di cosa fare per uscire da questo tunnel. E sì perché - ed è questo il lascito più grande del libro di Cicalese - le soluzioni esistono, i modelli di ieri e oggi sono alla nostra portata, ma il tutto viene volutamente offuscato per non dare coscienza a quella immensa classe di lavoratori, umiliati, derisi e costretti ad elemosinare per sopravvivere.


L'INTERVISTA

“Gli scritti raccolti in questo libro cercano di dare una sistemazione a quei decenni, raccontati da uno sconfitto che non ha fatto altro che ascoltare le voci di altri sconfitti. Anche questa è Storia.” A chi ti riferisci quando dici di voler rendere omaggio, con questo libro, agli “sconfitti degli Anni ‘70”?

Mi riferisco innanzitutto al glorioso movimento operaio italiano che fece la Storia nel decennio rosso 69-80, tradito dai confederali e dal Pci. E poi ai movimenti giovanili che si raccolsero nel 77, sconfitti dalla repressione, dal silenzio, dalla discriminazione e dall'eroina. Gli sconfitti che fecero l'assalto al cielo e che non furono perdonati nei decenni successivi con una controffensiva feroce della classe padronale. Studiando a Bologna tra il 1989 e il 1994 conobbi diversi protagonisti di quegli anni, presi da non lasciar soli coloro i quali erano nelle carceri, coloro i quali ebbero problemi di vita seria, coloro i quali si abbandonarono alla depressione. Ma trovai anche tanta vitalità, non tutto era perduto in loro e non fecero altro che trasmettermi memoria storica. Silenziosamente assorbivo, poi nacquero articoli e saggi, alcuni raccolti in questo libro. Una rivisitazione storica di quegli anni, vista dal punto di vista degli sconfitti, appunto. Mi ci metto anch'io, non ho molta stima della mia generazione, sono sempre stato un pò isolato perché non accettavo il conformismo di coloro i quali crebbero con il mito degli anni Ottanta. Io, invece, avevo il mito degli anni Settanta assieme ad alcuni amici.


Con il tuo libro decidi di partire dagli anni ’70 e non dagli anni ’90 - spesso presi a riferimento per l’arrivo delle “regole europee” e l’inizio della fine dei diritti sociali e dei diritti dei lavoratori. Ci puoi spiegare meglio la temporizzazione che hai scelto nel testo?

Parto dal 1973, inaugurazione dell'austerità americana. Meglio ancora, dal 1972 con il Piano di unificazione monetaria Werner. In quegli anni si decisero i giochi assieme alla Trilaterale del 1975. L'origine della controffensiva reazionaria è nei documenti di questi eventi, che si dispiegarono dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine del comunismo sovietico. Prima tergiversavano, avevano un solido nemico da abbattere. Il Muro ci cadde addosso e negli anni novanta di dispiegò il tutto. Ma l'origine è negli anni settanta, con l'austerità, avversata dal movimento operaio e dal movimento del 77. In un certo senso, quella generazione anticipò i tempi. Per questo la repressione fu feroce, con l'appoggio del Pci che aveva agganci nella Magistratura. Certo, c'era la lotta armata, ma assieme ad essa una protesta di massa che si rovesciava per le strade ogni giorno, per un decennio. Le riforme ottenute, smantellate negli anni novanta, le dobbiamo a quella generazione.


I salari italiani negli ultimi 30 anni hanno vissuto una riduzione sia in termini relativi che assoluti. Che responsabilità hanno avuto e hanno i sindacati confederali?

Enorme. Il tradimento risale al 1976, agli accordi con la Confindustria, avversati dal movimento del '77. Poi il tradimento della lotta di classe a Mirafiori nel 1980. Le premesse c'erano tutte. Fino ad arrivare alla politica dei redditi del 1993, che pose ferocemente le basi di una forte deflazione salariale. In cambio ebbero gli Enti Bilaterali, i Caf, la gestione di fondi previdenziali dei lavoratori e stare sempre al "tavolo governativo", in nome della concertazione, dove si decidevano le sorti dell'economia italiana. Le responsabilità storiche dei confederali sono molto maggiori dello stesso Pci, visto che agli inizi degli anni Novanta si sciolse. L'apparato sindacale rimase per spartire il potere con i partiti della Seconda Repubblica. C'è un pezzo nel libro, Storia della colonna infame della Seconda Repubblica, in cui racconto questi fatti.


Nella raccolta di articoli e scritti che scorre come un flusso di coscienza di chi ha visto sulla propria pelle i meccanismi che racconti, nel libro riesci a fornire un quadro lucido e dettagliato del sistema neo-liberista che si è impossessato del paese. Quale è il tuo giudizio storico sul Partito Comunista italiano su questo passaggio? Pensi avrebbe potuto fare di più negli anni’70 e ’80 per arginare la deriva successiva?

Il Pci era impegnato nella riforme, non c'è dubbio, le fece assieme alla Dc, specie nel periodo di "solidarietà internazionale". Ma allo stesso tempo fu rigidissimo nei confronti della protesta giovanile contro l'austerità e le leggi di emergenza, utilizzò la Magistratura. Il giudizio storico che do è in fin dei conti negativo una generazione distrutta dalla repressione giudiziaria, una generazione colta, creativa, che poteva dare tanto al Paese. Decimata, e il Pci ebbe un ruolo decisivo.

Coscienza di classe e lotta di classe, termini un tempo di moda e che oggi non trovano più spazio nella desertificazione della politica attuale. Eppure, un immenso proletariato che va dalle Partite Iva ai precari, dai piccoli commercianti ai pendolari è presente, anzi più numeroso che mai nel nostro paese. Perché non esiste una forza politica in grado di portare avanti i loro interessi?

La fase politica attuale mi deprime, così come mi deprime dal 1993. E' un governo reazionario, atlantista, che cerca legittimazioni interne ed estere e per cui prono a questi interessi. Feroce nei confronti dei lavoratori e dei soggetti ultimi, promuove il lavoro povero, flessibile, precario, financo giornaliero con i voucher. Sono fascisti, checché se ne dica, con tutte le conseguenze del caso.


La crisi geopolitica attuale vede il nostro continente in una situazione estremamente delicata. Le storture della zona euro e dell’Unione Europea erano state compensate in questi anni da due fattori precisi: dall’energia a basso costo dalla Russia che rendevano estremamente produttive le nostri merci e dall’immenso mercato di sbocco per i prodotti europei che rappresenta la Cina. Se dopo la Russia, i nostri “alleati” dovessero decidere di rompere anche con Pechino che conseguenze ci sarebbero in Italia?

Si calcola che non il 3% ma il 9.5%, attraverso le triangolazioni, sia la percentuale di export italiano nel mercato cinese. Le conseguenze si farebbero sentire, eccome. Ma confido nella saggezza della dirigenza cinese. I governi passano, l'ammirazione che provano per il nostro Paese rimane intatta, immensa. Per cui non credo che la Cina frenerà l'export italiano. O meglio, non lo voglio credere.


Sui social sei riuscito a costruire una comunità di persone legate a te e alla tua famiglia, con la quale interagisci costantemente e che ti permette di avere un quadro sempre chiaro ed aggiornato della situazione sociale italiana. Quali storie ti hanno colpito di più?

Ho un blog, Pianocontromercato.it. Durante la pandemia ho intervistato un'imprenditrice, Mariachiara, cattolica fervente. Ne è nata una solida amicizia. Ho avuto problemi di salute a gennaio, lei, come altri, hanno pregato per me. Ci scambiamo vocali, mi manda sonetti di S. Francesco. Pur essendo ateo, lei mi considera un "traghettatore", capace di parlare con tutti. Un altro si chiama Guido, è imprenditore, non era mai intervenuto su telegram. A Natale manda un messaggio: grazie ai miei post era riuscito ad aumentare il fatturato e assumere altre 70 persone. Prese 20 copie del libro Piano contro mercato per i suoi dirigenti e per alcuni amministratori delegati. In piu' mise a disposizione 7 copie di libro sospeso. Ma il blog si avvale dell'aiuto di tanta gente, tra cui Ulisse, Francesco, Fausto, appunto Guido e Mariachiara, Filippo e tanti altri che ringrazio. Se mi è permesso in ultimo vorrei ricordare una signora milanese, nome di battaglia Alex, a Giugno del 2022 promosse il libro sospeso, mettendone a disposizione 5 copie. La imitarono in tanti, fino ad arrivare a circa 80 copie. E' una comunità trasversale, ci sono operai, professionisti, imprenditori, credenti, anche gente di destra. Le pagine sono aperte a tutti, la regola è l'educazione e i toni garbati.


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