di Fabrizio Verde
Il capitale internazionale attraverso le colonne del Financial Times ha lanciato l’ordine di attaccare militarmente il Venezuela. Al contempo Luis Almagro, segretario dell’Organizzazione degli Stati Americani, monta il suo show ad uso e consumo dei media anti-venezuelani a Cucuta, sulla frontiera tra Colombia e Venezuela. Quella stessa linea di confine che ha visto negli anni milioni di colombiani fuggire verso il Venezuela e che adesso si è trasformata nell’epicentro dell’attacco contro il Venezuela.
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«In quanto all’intervento militare per rovesciare il regime di Nicolas Maduro, credo che non dobbiamo scartare nessuna opzione», afferma il dirigente uruguaiano che ormai si è trasformato in un agente del golpismo statunitense in America Latina.
Almagro risulta essere molto attento ai diritti umani. Ma ‘distratto’, ad esempio, sui bambini migranti separati dai genitori negli Stati Uniti.
Addirittura in un’intervista rilasciata nello scorso mese di aprile al quotidiano iberico ‘El Pais’ arrivava a definire l’arbitraria detenzione dell’ex presidente brasiliano Lula come «una crescita del sistema democratico».
A questo punto ulteriori commenti sul ruolo palese di destabilizzazione svolto da Almagro risultano inutili.
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Da evidenziare invece le parole del presidente boliviano Evo Morales, che attraverso Twitter condanna la condotta del guerrafondaio Almagro: «Condanniamo la richiesta di intervento militare fatta da Almagro contro il nostro fratello Nicolas Maduro. Così conferma di aver smesso di essere il segretario generale dell’OSA per diventare agente del golpismo di Trump. Colpire il Venezuela significa colpire l’America Latina».
We condemn Luis Almagro's request for a military intervention against our brother @NicolasMaduro. By doing so, he confirms he has stopped being the OAS Secretary General to become an agent of Trump's coup attempts. To attack Venezuela is to attack Latin America.
— Evo Morales Ayma (@evoespueblo) 15 settembre 2018
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