"Eurovision Contest", quando la russofobia si tinge di Pop


di Marco Montoro* - analysis8860

La televisione, in particolare alcune sue sottoforme contemporanee - nel caso in questione il contest internazionale no borders di “Eurovision”- oggi più che mai viene utilizzata come un sottile ma potentissimo strumento al servizio del pensiero dominante, che porta lo spettatore, spesso inconsapevole, verso una precisa fazione politica. Sfiorando addirittura il revisionismo storico.

Usando un subdolo meccanismo per bucare il filtro della repulsione al tema politico (forte più che mai nell’era contemporanea) con “Eurovision” 2016 si è fatto leva sul lato emotivo dell’individuo (la musica, la competizione tra artisti) spalancando di fatto le porte per il vero messaggio, politico, che l’evento (manovrato) ha nascosto. Neanche troppo velatamente: condizionare ulteriormente l’opinione pubblica europea contro la Russia e forzare l’ingresso dell’Ucraina nella comunità europea.
“1944” è infatti l’anacronistico titolo del brano, cantato dalla cantate Jamala, kirghisa (non ucraina), che ha spudoratamente vinto la versione anno 2016 del contest “Eurovision”. Tralasciando le mediocri qualità tecnico-artistiche del brano (la pagina Fb ufficiale dell’evento è stata letteralmente invasa da commenti negativi), si tratta di un brano con un chiaro, attualissimo, significato propagandistico: ricordare all’Europa (non a caso “Eurovision”) la presunta cattiveria della Russia e la sua riappropriazione indebita della Crimea ai danni dell’Ucraina (ignorando, di nuovo, che la Crimea ha scelto la Russia con un referendum con il 97% dei voti a favore ed a cui hanno partecipato, come garanti, 70 osservatori internazionali di cui ben 53 europei).
“1944”, oltre ad aver vinto irregolarmente il contest (leggi più avanti), sfiora addirittura il revisionismo storico. Si tratta infatti di un brano spudoratamente politicizzato e che altera altresì il corso della storia. La cantante accenna infatti a rastrellamenti avvenuti da parte dell’esercito russo per sterminare i Tatari di Crimea casa per casa (“when strangers are coming, they come to your house, they kill you all”). In realtà, i Tatari, non vennero sterminati ma deportati in Uzbekistan, Russia ed altre nazioni. La motivazione del gesto? Il loro collaborazionismo con i nazisti durante la seconda guerra mondiale. La canzonetta propagandistica prosegue così: “I couldn’t spend my youth there, because you took away my peace”. La cantante si lamenta di non aver speso la sua gioventù in Crimea. Ennesima strumentalizzazione strappalacrime, in quanto la cantante è nata in Kirghizistan da madre armena e solo padre crimeano. Difficile comprendere quindi come all’età di 33 anni ci si possa risvegliare una mattina e scrivere una canzone in cui si rimpiange il non aver potuto spendere la propria gioventù in una terra all’epoca neanche conosciuta. “We could build a future, where people are free, to live and love, the happiest time” ecc ecc. Il brano prosegue con frasi pregne di sterile vittimismo revisionista e vuoti slogan pop-libertari, che fanno strage sui social network.
Insomma, stiamo parlando di un violento gesto propagandistico, che ha sfruttato un imponente evento televisivo (con la potentissima cassa di risonanza dei social network dove il messaggio si dirama viralmente) preparato a tavolino per rinvigorire lo scontro politico tra Europa (Usa) e Russia.
La prova? Il famoso quotidiano propagandistico filo-occidentale “La Repubblica” (non nuovo agli scivoloni editoriali), un esempio a caso, il giorno dopo già cavalcava l’onda della provocazione politica titolando il successo del brano cosi: “Eurovision Song Contest: vince Jamala (Ucraina). E la canzone è tutta anti-Russia”. Avete letto bene. E qui (ma non solo) cade indecorosamente a terra la maschera che ha scoperto fino a che livello lo sporco potere manipolatorio del “sistema occidente” puó arrivare pur di tenere alto il livello dello scontro. Il brano infatti viola palesemente una delle regole principali del contest “Eurovision” a cui ogni brano, pena la squalifica, è costretto ad attenersi. Tratto dal sito ufficiale di “Eurovision”:
[…] No lyrics, speeches, gestures of a political or similar nature shall be permitted during the Eurovision Song Contest […]. No messages promoting any organisation, institution, political cause or other […] shall be allowed in the Shows and within any official Eurovision Song Contest premises […]. A breach of this rule may result in disqualification.
Strano quindi che il brano, che viola indiscutibilmente una delle regole basilari, non solo non sia stato squalificato ma sia addirittura arrivato alla vittoria. È addirittura la cantante, terribilmente ingenua ed impreparata ad ammettere che il brano descrive la situazione politica del “suo” paese. Ma ad “Eurovision”, sorprendentemente, nessuno se ne è accorto. Ma che le regole, cosí come i referendum e l’opinione pubblica, in Europa, vengano completamente ignorati, è ormai un dato di fatto. E forse iniziano ad abituare anche le nuove generazioni a questa forma di democrazia limitata. Il senso che traspare è: puoi votare chi vuoi, ma la decisione finale spetterá sempre ad un’autoritá a te superiore.
Come se non bastasse infatti, l’organizzazione del contest ha pensato bene, proprio per l’edizione 2016 (coincidenze, ovviamente), di rivoluzionare il sistema di voto, facendo sí che la giuria (privata, politicizzata, leggi piu avanti) potesse avere la meglio sulla decisione (imprevedibile) del pubblico telespettatore. É infatti sorprendente come il brano “ucraino” sia riuscito a vincere nonostante non abbia ottenuto nè il televoto degli spettatori tantomeno il voto della giuria. È stato infatti il brano australiano ad aver ricevuto il maggior numero di voti della giuria e quello russo ad aver ricevuto il maggior sostegno del pubblico. Completamente, indegnamente, ignorato. 361 punti, contro i 321 della canzone “ucraina”. Insomma, un sistema di votazione particolarmente curioso, sicuramente molto ben studiato, per far sí che di fatto un brano talmente mediocre musicalmente (ma con un importante falso messaggio politico) potesse arrivare alla vittoria. Senza conquistare nè la giuria tantomeno il voto “popolare”. Welcome to the western democracy!
Giá, è il caso di dire benvenuti. Perchè come il regolamento vuole, e stavolta sicuramente sará rispettato, l’edizione successiva del contest sará organizzata nella nazione di appartenenza del vincitore. Avete capito il gioco? Immaginate: Eurovision 2017 a Kiev, in Ucraina. Abile mossa politica che spinge simbolicamente verso l’ingresso forzato in Europa degli ucraini, sicuramente rassicurati e speranzosi dalla prospettiva, con annesso l’entusiasmo che porterá ulteriore, provvisorio ed assai fragile sostegno all’attuale rovinoso governo neonazista. Dall’altra parte della barricata, gli europei iniziano ad accettare, subdolamente, che anche l’Ucraina sará presto un membro dell’unione europea (il referendum olandese che ha votato contro, ovviamente, vale meno dei televoti).
Per concludere (e qui ci divertiamo). Ho personalmente approfondito la questione dei voti della giuria, composta da 5 rappresentati scelti per ogni nazione partecipante al concorso, appena pochi minuti dopo aver preso conoscenza di quest’ennesima grossolana, maldestra operazione di propaganda di massa. Ho trovato le mie conferme in un file Excel che è possibile scaricare direttamente dalla pagina web di “Eurovision”, dove sono presenti i voti che la giuria di ogni nazione ha assegnato ai vari cantanti (di altre nazioni). Ebbene, quel che traspare è una evidente influenza politica nell’assegnazione dei punteggi. Alla faccia del contest musicale.

La Danimarca ad esempio, entrata da poco a far parte dello scudo missilistico anti-Russia della Nato, ha dato la bellezza di 12 punti all’Ucraina, il massimo, e rispettivamente 0 punti alla Russia. Coincidenze? Andiamo avanti.

La Polonia, che recentemente, attraverso un suo ministro, ha definito la Russia un pericolo per l’Europa addirittura superiore all’Isis, ha assegnato 12 punti all’Ucraina e 0 punti alla Russia. La Georgia, paese destabilizzato dagli Usa in chiave anti russa, tanto per cambiare, ha assegnato 12 punti agli ucraini e 0 ai russi. Ma non basta. La Macedonia e la Bosnia, che ringraziano la Nato per i bombardamenti alla Jugoslavia da cui sono nati, hanno rispettivamente assegnato entrambi 12 punti agli ucraini, e 0 e 5 punti ai russi. Stessa cosa hanno fatto gli inglesi, marescialli degli americani in Europa: ben 10 punti agli ucraini, 0 ai russi. La stessa linea di voto politicizzato è stata seguita, a ruota, da Estonia e Lettonia, due stati che quotidianamente delirano su una presunta incombente invasione da parte della Russia. Israele ha fatto pagare ai russi lo scherzo del sostegno ad Assad in Siria, con un bel 12 agli ucraini e per essere originali… 0 ai russi.

E potrei procedere con altri esempi. Di fatto, controllando il voto di pochi paesi, storicamente e attualmente antagonisti alla Russia, si è riusciti a creare quel leggero distacco che nel punteggio finale ha fatto sí che la macchina della vergognosa propaganda occidentale, abusando di un evento popolare che avrebbe dovuto celebrare l’arte, il divertimento e la cultura, arrivasse a lanciare di nuovo la sua sporca provocazione guerrafondaia, raggirando vergognosamente centinaia di migliaia di cittadini che ormai non distinguono piú ció che è vero da ció che è palesemente falsato.
Uno schiaffo morale a questa sporca manovra political-musicale? I telespettatori russi hanno dato un bel 10 al brano ucraino e rispettivamente i cittadini ucraini un bel 12 al brano russo. Questo a sottolineare come lo scontro tra Europa, Russia ed Ucraina sia esclusivamente una montatura atlantista senza alcun riscontro nella base sociale.

*Pubblichiamo su gentile concessione dell'Autore

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