Chi ha interesse allo scenario libico in Venezuela? I guarimberos incappucciati prendono di mira gli edifici pubblici

di Geraldina Colotti*

“Attenzione, lì c'è una trappola... Occhio, a quell'incrocio hanno buttato l'olio... Non prendete la discesa, è piena di chiodi a tre punte...” I messaggi si rincorrono sulle reti sociali. Il Venezuela è in allerta per il golpe strisciante, nuovamente in marcia.

L'11 aprile del 2002, c'è stato quello contro Chavez, riportato in sella a furor di popolo due giorni dopo.

Nel 2014, un nuovo tentativo di rovesciare il governo, questa volta contro Nicolas Maduro, eletto dopo la morte di Chavez. Bilancio, 43 morti e oltre 850 feriti, prevalentemente tra le forze dell'ordine e per colpi d'arma da fuoco. Filo spinato, olio, chiodi a tre punte sono materiale carissimo o quasi introvabile nel paese, stretto da quattro anni nella morsa del sabotaggio interno e internazionale: la guerra economico-finanziaria, articolazione essenziale nei colpi di stato di nuovo tipo...

Ma ai guarimberos (la guarimba è un vecchio gioco infantile, anche se in questo caso il termine suona grottesco) i mezzi non mancano. Vengono dai quartieri alti, quelli dell'est di Caracas. In prima fila, giovani di classe media, ma anche giovanissimi delle periferie che sono nati sotto il chavismo e non hanno conosciuto altri governi. Nei loro quartieri dove prima l'esercito procedeva al reclutamento forzato, oggi ci sono case popolari (già oltre 1,5 milioni) e scuole pubbliche, e un paese con un tasso di analfabetismo direttamente proporzionale a quello della povertà è diventato il quinto per matricole universitarie.

Ma, evidentemente, questo non è bastato se alcuni cartelli recitano: “No alla scuola pubblica”.

Quando agiscono grandi interessi, puntare sulla cultura non basta. I guarimberos incappucciati prendono di mira le scuole pubbliche, i trasporti pubblici, i punti di distribuzione alimentare a prezzi calmierati. Immagini che i grandi media non mostrano per avvalorare la tesi dei “pacifici manifestanti” in lotta contro un regime dittatoriale: per nascondere il segno delle proteste e chi le guida.



Durante le violenze di questi giorni, alcuni giovani devastatori hanno confermato il copione di sempre, iniziato con le cosiddette rivoluzioni colorate dei paesi dell'est. Ogni partito di opposizione ha offerto un proprio tariffario ai guarimberos: naturalmente in dollari, anche se in Venezuela i dollari non ci sono, perché la moneta nazionale è il bolivar.

I dollari si possono acquistare a tasso preferenziale dal governo solo per investire nell'economia del paese. Risulta, però, enormemente più redditizio rivenderli al mercato nero o trasferirli nei paradisi fiscali. Lorenzo Mendoza, il proprietario dell'impresa Polar – che controlla il grosso dei prodotti della canasta basica -, è uno dei miliardari più ricchi del mondo. E medita di presentarsi alle presidenziali come alternativa a Maduro. Nel nuovo quadro continentale in cui le destre sono tornate a governare, gli imprenditori vanno per la maggiore.

Ma la critica è sempre un buon esercizio, a ogni latitudine. Su quale treno sta correndo il chavismo e in quale direzione? Per le destre e gran parte delle istituzioni internazionali, verso l'abisso, a conferma che il socialismo non funziona, in tutte le sue declinazioni. Sulle “magnifiche sorti progressive” del capitalismo, ovviamente, non è d'uopo indagare.

Per il Partito comunista venezuelano, alcuni sindacati e correnti di autogestione, il motore è ingolfato da troppa burocrazia, troppo attendismo e un malriposto rispetto delle forme che ha portato la Procuratrice generale Luisa Ortega a criticare le decisioni dell'Alta Corte sull'inibizione del Parlamento “in ribellione”, ma non a processare gli oligopoli e l'evasione fiscale che hanno dissanguato il Venezuela.

Per gli “outsiders” di Marea Socialista, al contrario, la risposta sta nel gioco di fioretto e nella democrazia procedurale, anche se a volte cozza con quella “partecipativa e protagonista” contemplata nella Costituzione bolivariana. Proposte alternative? Nessuna.

Al chavismo, di certo si possono fare molte critiche: prima di tutto quella di non essere riuscito a realizzare la patria di Bengodi anziché quella di Bolivar... Di aver gonfiato i ministeri per dar lavoro alle persone, saldando sì il “grosso debito sociale” accumulato verso gli esclusi, ma foraggiando anche la burocrazia. Di aver creato benessere ma anche la “boli-borghesia” (la borghesia bolivariana). Di non aver espropriato di più le grandi imprese, favorendo così la produzione locale. O magari di averle fatte fuggire, per via dell'inamovibilità lavorativa e degli alti salari. Di aver depotenziato l'esercito e di averlo corrotto mettendolo nella vita politica con “l'unione civico-militare”. Di non aver disobbedito al debito estero, come inizialmente ha fatto Rafael Correa in Ecuador.

E si potrebbe continuare a seconda del punto da cui si agisce la scena. Fino ad avallare la denuncia delle destre secondo cui la polizia venezuelana avrebbe utilizzato gas tossico contro la propria popolazione? Il governo Maduro ha risposto con la logica, prima che con l'etica: ma se dite che siamo in crisi umanitaria e che manca tutto, come potremmo avere una chimica così sofisticata? Soprattutto, però, ha ribadito la “vocazione di pace” delle forze armate bolivariane, eredi di una storia di “libertadores” e non di colonialisti e aggressori. Grazie a Cuba e ai paesi socialisti di nuovo tipo, la Celac (33 paesi americani meno Usa e Canada) ha dichiarato l'America latina e i Caraibi zona di pace.

Ma, dopo l'Iraq e la Libia, la guerra del petrolio passa adesso per il Venezuela. La Exxon Mobil, il cui direttore generale è ora il segretario di Stato di Trump, ha interessi in tutto il continente. “Trump è il vero difensore del popolo venezuelano”, ha dichiarato Lilian Tintori (moglie di Leopoldo Lopez, leader del partito di estrema destra Voluntad Popular) dopo avergli chiesto di intervenire in Venezuela. E il Parlamento a maggioranza di opposizione ha votato per l'intervento internazionale. Il 19 aprile, annunciano le destre, potrebbe arrivare dalla piazza la spallata finale.

*Articolo inedito, pubblicato sulla sua Pagina Facebook. Pubblichiamo su gentile concessione dell'Autrice.

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