Venezuela. Ma per fare una consultazione interna con fotografia, c’era bisogno di arrivare a 100 morti?

di Geraldina Colotti* - Il Manifesto

Bolivar, Anzoategui, Miranda… Lunghe code ai seggi in tutti gli Stati del Venezuela, domenica, per la simulazione di voto sull’Assemblea nazionale costituente, che andrà alle urne il 30. Una proposta lanciata dal presidente Nicolas Maduro per riportare la pace nel paese, «dando la parola al voto e non ai proiettili».

Un tentativo di rimotivare quelle aree di base, comunali e autogestionarie, deluse dalle mediazioni con le imprese private compiute dal chavismo per uscire dall’angolo, disinnescando almeno in parte «la guerra economica» intentata dai poteri forti, e correggendo la direzione di rotta dell’economia, ancora troppo dipendente dal petrolio. Un progetto che, di fronte allo scontro di poteri in atto, fa appello a un’istanza originaria, il potere popolare: non per abolire l’avanzata Costituzione bolivariana (1999), ma per ampliarne lo spettro dei diritti, economici e civili.

Un progetto avversato da quasi tutta l’opposizione, riunita nella Mesa de la Unidad Democratica (Mud), che da tre mesi guida le proteste violente contro il governo: già 100 i morti, fra cui molti linciaggi, «omicidi mirati», e uccisioni di militari. Quella dell’Assemblea costituente è stata una proposta della Mud, che contava di azzerare la Carta magna e di procedere alla privatizzazione delle gigantesche risorse del paese. La vittoria di Trump ha però ridistribuito le carte e rilanciato la vena golpista delle destre, decise a ripetere l’avventura di Plaza Altamira, tentata dopo il golpe contro Chavez del 2002. E a Plaza Altamira, quartiere agiato e bastione delle violenze, è ricomparso anche l’esaltato dell’elicottero, il super-poliziotto che ha lanciato granate sulle sedi istituzionali, a fine giugno. Questa volta, l’appoggio della «comunità internazionale» e dei paesi neoliberisti latinoamericani è unanime. Domenica in Piazza San Pietro l’opposizione si è resa visibile con il «papa bolivariano» che ha invitato inutilmente i vescovi a disinnescare le violenze.

E infatti le notizie non filtrano, né vengono mostrate le file dei chavisti alle urne, che hanno convinto il Consejo Nacional Electoral (Cne) a prolungare la chiusura dei seggi. El Pais ha pubblicato la foto di una fila… ma con la didascalia di una coda ai seggi dell’opposizione, che ha organizzato una consulta nello stesso giorno. Poi è arrivata una rettifica che attribuiva «la confusione» all’agenzia Efe. I risultati della simulazione, certificati da un sistema automatizzato e giudicato a prova di frodi, si avranno oggi o domani. Quelli del «plebiscito» (che non esiste nella costituzione bolivariana), invece, sono arrivati subito. La Mud e tutte le agenzie stampa hanno parlato di «oltre 7.200.000 voti», raccolti in Venezuela e nel mondo: a dispetto della logica e della matematica, come ha rilevato il giornalista Victor Hugo Majano.

Normalmente, il corpo elettorale dispone di 14.515 centri, che contengono 40.601 postazioni per ricevere circa 19 milioni di persone, su una popolazione complessiva di oltre 31 milioni. Per la consultazione non autorizzata, la Mud ha messo a disposizione solo 1.933 seggi di voto. Questo significa molti elettori per ogni postazione: oltre 10.000 rispetto alla media dei 1.343 previsti dalle normali elezioni del Cne, durante le quali riescono a votare 1.121 persone all’ora in un lasso di tempo che va dalle 7 del mattino alle 16. Per votare in 2 milioni e oltre, gli elettori della Mud avrebbero dovuto essere sparati col siluro: al ritmo di 19 persone al minuto. Oltretutto, come a Barcellona – dove la sindaca Ada Colau non ha concesso sedi ufficiali – il voto si è svolto per strada. Nella migliore delle ipotesi, si arriverebbe a 2.592.000 elettori.

Ma il «PLEBISCITO», in cui si è chiesto agli elettori di approvare un governo parallelo, era ad uso e consumo della «comunità internazionale» che dovrebbe avallare la distruzione della legalità bolivariana. Le schede sono state bruciate per movivi di «privacy». In Italia, sono scesi in campo deputati del Pd (Fabio Porta e Lia Quartapelle) e anche il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, fotografato con la «gorra» antichavista durante il voto illegale (foto e video su L’Antidiplomatico).

Gli osservatori? Un gruppo di ex presidenti conservatori latinoamericani come il messicano Fox e il colombiano Pastrana: non certo dei campioni di democrazia, come sanno i maestri messicani e i contadini colombiani. Eppure, dopo essersi riuniti con l’imprenditore Lorenzo Mendoza, con le gerarchie ecclesiastiche e con i media privati, hanno rilasciato conferenze stampa contro «il dittatore Maduro» che avrebbe i giorni contati. Il presidente ha augurato a tutti di esprimere le proprie opinioni in pace e rinnovato gli appelli al dialogo. Alla simulazione per la Costituente hanno votato anche settori della Mud. Un gruppo armato ha sparato sulla folla in modo «bipartisan», uccidendo una donna e ferendone altre tre. E sorge una domanda: per fare una consultazione interna con fotografia, c’era bisogno di arrivare a 100 morti?

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