La Primavera di Praga? Evento precursore delle attuali primavere arabe o rivoluzioni colorate



di Fabrizio Verde

Nella notte tra il 20 e il 21 di agosto del 1968 le truppe del Patto di Varsavia, ad esclusione della Romania, entrano a Praga per porre fine a quella ‘Primavera’ che ormai ha mostrato il suo carattere antisocialista. Un evento che rappresenta sicuramente uno spartiacque. In particolare per le sinistre italiane. Con il Partito Comunista guidato da Luigi Longo che per la prima volta esprime «gravi dissensi» con l’Unione Sovietica.

Diversa invece fu l’opinione di Fidel Castro. Il rivoluzionario cubano in un discorso televisivo del 23 agosto 1968, sui fatti di Praga, afferma: «In Cecoslovacchia si stava andando verso una situazione controrivoluzionaria, verso il capitalismo e nelle braccia dell'imperialismo. Era essenziale prevenire a tutti i costi, in un modo o nell'altro, che questo evento si verificasse».

Tornando alla posizione italiana e di altri partiti comunisti che condannarono l’intervento guidato da Mosca, è interessante ascoltare l’opinione di Kurt Gossweiler, storico marxista-leninista presso l’Università Humboldt e l’Istituto Centrale dell’Accademia delle Scienze della DDR a Berlino Est.

Nel volume ‘Contro il revisionismo’ edito in Italia da Zambon, Gossweiler scrive: «Abbiamo interventi volti alla repressione militare delle offensive antisocialiste in Ungheria e Cecoslovacchia (…). Venne però sottaciuto all’opinione pubblica in questo contesto che le forze, contro le quali l’URSS scese in campo militarmente, rimasero poi al potere dopo l’intervento con il benestare e il favore della potenza che aveva deciso l’intervento, al massimo ci fu un cambio di persone. Così è accaduto in Ungheria nel 1956 e anche poi in Cecoslovacchia nel 1968. Dove Ota Sik, Smrkovsky e altri leader del movimento controrivoluzionario della cosiddetta ‘Primavera di Praga’ vennero allontanati dalla scena politica, mentre però la figura simbolo di questo ‘movimento riformista’, Alexander Dubcek, poté restare per grazia di Brznev a capo del Partito Comunista Cecoslovacco. Brezhnev non aveva nulla da obiettare contro quest’uomo, come a suo tempo Krusciov contro Gomulka e Kadar. Nel 1989 Dubcek sarebbe stato certamente ancora segretario del Partito a avrebbe potuto guidare la ‘Rivoluzione di velluto’ a Praga, se le forze leniniste della Cecoslovacchia e del Partito Comunista Cecoslovacco non lo avessero destituito nell’aprile del 1969, dopo aspre lotte di partito. L’intervento militare non trovò giustificazione neppure in una svolta positiva dello sviluppo economico nei paesi coinvolti».

A questo punto il racconto dello storico tedesco-orientale diventa attuale e può fornirci alcune indicazioni utili per il presente. «Per tutto questo - scrive Gossweiler - nella coscienza dei popoli l’immagine dell’URSS mutò da quella di liberatrice acclamata nel 1945 in tutto il mondo a quella di un odioso Stato di potere e oppressore delle aspirazioni di libertà e indipendenza dei popoli soggetti alla sua sfera di influenza. Una circostanza che non poco contribuì a indurre certi partiti comunisti dei paesi capitalisti a prendere le distanze dall’Unione Sovietica e dal PCUS. A causa della delusione nei confronti dell’URSS, molti giunsero alla conclusione che era stato un errore seguire la via sovietica anziché intraprenderne una propria».

L’estrema attualità di queste parole risiede nel fatto che oggi come allora, vi sono alcune manovre che vengono effettuate sotto l’egida di nobili ideali quali democrazia, libertà , difesa dei diritti umani, quando invece servono a rovesciare governi scomodi all’imperialismo di Washington.

Quei governi con la schiena dritta pronti a difendere a spada tratta la sovranità e il benessere del proprio popolo contro le mire dell’impero.

Oggi come allora contro questi governi l’imperialismo si scaglia con forza inaudita utilizzando tutte le armi a propria disposizione: la propaganda, l’assedio economico e finanziario. In ultima istanza l’invasione militare. Approfittando che nel frattempo, le idee liberali di personaggi alla Dubcek, da lui stesso sostanzialmente confermate in un’intervista all’Unità del 1988, hanno avuto la meglio anche nella vecchia Unione Sovietica, causando l’implosione dell’intero blocco socialista.

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