Mision Verdad
Dopo le misure di ristrutturazione economica annunciate dal presidente Nicolas Maduro ai media (nazionali e internazionali), i portavoce dei governi stranieri e il segmento tradizionale dell’anti-chavismo interno sono tutti d’accordo nell’utilizzare la migrazione venezuelana come propaganda contro le misure stesse al fine, inoltre, di dare ulteriore ossigeno alla pressione internazionale contro il paese.
Premesse iniziali
Il problema è stato messo in cima a tutto negli ultimi giorni, posizionandosi all’esterno come la notizia centrale da dare della situazione venezuelana.
Questo cambiamento di comportamento e di azione da parte dei portavoce politici anti-venezuelani e dei media sono dei chiari indizi per dire che questa è un'operazione di propaganda che cerca di sminuire l'importanza degli annunci economici rilasciati dal governo venezuelano e oscurare i segni di ripresa in atto.
Attualmente è la migrazione del Venezuela che si è trasformata nello spazio politico di riferimento della leadership dell'opposizione e rivitalizzato l'agenda delle ostilità.
E’ indubbio che la migrazione venezuelana sia cresciuta negli ultimi anni per le molte aggressioni economiche e finanziarie guidate dagli Stati Uniti e dai suoi governi alleati. Ma questo certo non giustifica le affermazioni che tutti i venezuelani che sono all'estero lo sono con lo status di "rifugiato "o che il paese sta vivendo, come dice la BBC," il più grande esodo nella storia dell'America Latina. "
Usare questi termini – che tentano di modificare, attraverso la propaganda e la psicologia di massa, la sostanza della migrazione economica – ha come obiettivo quello di trasformare il Venezuela da uno stato che si suppone sia "perseguitato" per motivi politici ad un paese dove è in atto una fuga perché "stato fallito ".
In questa narrativa, "la comunità internazionale" (eufemismo per indicare le potenze occidentali) sarebbe costretta ad agire per eliminare la causa sospettata del problema-economico, la cattiva gestione e la corruzione del governo Venezuelano, omettendo le vere origini : il blocco finanziario e la persecuzione economica che attanaglia il Venezuela dal 2013.
La ricercatrice Ana Cristina Bracho, che lavora costantemente con questo sito, ha dimostrato il rigore che incarna la statistica sulla condizione attuale della migrazione venezuelana, mostrando come questa ha avuto un trattamento esagerato che deturpa le cause e gli impatti reali nella regione, perseguendo obiettivi specifici contro la sovranità nazionale.
Dietro la disinformazione e la propaganda, non si cela solo un tentativo di ricomposizione dell’attacco da parte dei falchi contro il Venezuela degli Stati Uniti (ad esempio Marco Rubio), ma l'applicazione della migrazione forzata come strumento politico serve a far precipitare le condizioni e preparare il terreno per un "intervento umanitario".
Questo strumento è stato usato precedentemente in varie regioni del mondo, seguendo le stesse coordinate di manipolazione, esagerazione e di guerra che si stanno attualmente sviluppando contro la nazione venezuelana.
La migrazione come fenomeno è, a sua volta, un elemento costitutivo dell’interventismo liberale che ha dominato la politica estera americana per decenni e si è istituzionalizzata una decina di anni fa con la cosiddetta "responsabilità di proteggere" (R2P), sperimentata per la prima volta sulla Yugoslavia balcanizzata.
L'esaltazione dei migranti e dei rifugiati in tutto il mondo con gli Stati Uniti, e l'Occidente in generale, come salvatori globali, moralmente obbligati a usare la forza militare per le comunità "da salvare" - viste come deboli, inferiori e incapaci e che quindi richiedono "protezione" – è uno degli assiomi principali di questa dottrina.
Secondo questo approccio, profondamento inserito nella struttura di pensiero e di dominio delle elites degli Stati Uniti, i rifugiati e gli sfollati confermerebbero il loro ruolo indispensabile di gendarme del mondo, ma anche la narrazione di essere l'unica entità in grado di risolvere i conflitti complessi nel "Terzo Mondo" e far rispettare la politica "diritti umani". Il tutto sempre manipolato a convenienza al di sopra degli stati sovrani e del diritto internazionale.
Per l’interventismo liberale, i "paesi deboli" che attraversano i problemi migratori vanno "aiutati" per coinvolgere l'economia di mercato e il "mondo libero" che spiritualmente dirige l'Occidente. Ecco perché la maggior parte dei paesi che hanno subito questo modello appartengono ora alle periferie del sistema capitalista. Gli Stati Uniti e le potenze europee confermano che tutte le popolazioni “salvate” sono all'interno dell'Impero.
In base a tale paradigma, la migrazione forzata è una delle peggiori "violazioni dei diritti umani". Il verificarsi di questo fenomeno da solo, senza riflettere sulle sue cause e sulle origini, abilita (per il suo ruolo eccezionale) gli Stati Uniti e l’occidente, a trasferire i parametri del diritto internazionale per andare "in soccorso "con tutti i mezzi necessari”, compresi quelli che implicano automaticamente una violazione dei diritti umani, come rovesciare un governo legittimo con la forza delle armi o bombardare persone senza capacità di difesa.
Casi Iraq, Somalia, Kosovo e Libia
Iraq (1991)
Ci sono stati diversi casi in cui la migrazione forzata è stata usata come un espediente politico per cristallizzare "l'intervento umanitario". Il primo caso è stato l'Iraq, nel 1991.
Prima dell'inizio della Guerra del Golfo, l'Iraq era stato sanzionato economicamente dall'ONU, nel quadro di un pacchetto di vari embarghi per indebolire le capacità finanziarie e militari del governo di Saddam Hussein.
Le ragioni per cui questo conflitto armato e la partecipazione americana hanno avuto inizio sono ben noti. L'annessione del Kuwait da parte di Saddam è stato preso come casus belli dalle potenze occidentali: su impulso del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si sono imposte sanzioni economiche all'Iraq e si è formata una coalizione multilaterale, guidata dagli Stati Uniti (con il nome Operazione Desert Storm), per evitare l'annessione.
Per quasi due anni, l'Iraq è stato devastato da pesanti operazioni di bombardamento e di terra della coalizione, che hanno prodotto centinaia di migliaia di vittime e perdite economiche per diverse decine di milioni di dollari. Questa campagna di guerra si è unita al gravissimo embargo imposto dalle Nazioni Unite, che ha coinvolto vari sconvolgimenti economici e sociali per la società irachena, che è passato dall'essere un paese prospero, con gravi problemi di insicurezza, a un paese alla fame e con la sua comunità costretta alla migrazione.
Conosciamo tutti il risultato finale: Hussein, un ex alleato degli Stati Uniti durante la guerra con l'Iran negli anni precedenti, si arrende, ma l'embargo delle Nazioni Unite mantiene le richieste aggressive delle potenze occidentali che volevano vederlo rovesciato.
La destabilizzazione economica generata dalla guerra ha alimentato le migrazioni forzate nel nord dell'Iraq, la regione in cui i curdi hanno storicamente vissuto. Importanti porzioni di questo gruppo hanno cominciato a muoversi verso l'Iran e la Turchia - la cifra è stata di circa un milione in quella fase. La Turchia ha rapidamente chiesto alla Nato e agli Stati Uniti di frenare il flusso di migranti.
Mentre la migrazione è stata elevata per quel che riguardava la popolazione curda, è stato anche l'uso propagandistico di questa situazione da parte degli Stati Uniti che ha permesso di far precipitare la situazione in un nuovo "intervento umanitario" per "proteggere i curdi", coloro che anni prima erano stati impiegati come un esercito privato.
Nel 1991, sotto il nome di "Operation Provide Comfort", gli Stati Uniti hanno portato una coalizione internazionale approvata dalle Nazioni Unite a fornire "aiuti umanitari" per i migranti curdi negli anni precedenti. Di fatto erano entrati in un conflitto armato con Hussein.
Usando l'esercito, varie ONG e il gruppo di organizzazioni protette dal diritto internazionale umanitario, gli Stati Uniti sono intervenuti militarmente nel nord dell'Iraq per installare campi, distribuire cibo e fornire assistenza medica.
Giustificando questa azione con la premessa di proteggere i curdi migranti, gli Stati Uniti sono riusciti a mantenere il resto della società irachena in una morsa con i terribili effetti dell'embargo che si sono potuti protrarre per molti altri anni. Aiutare i curdi era chiaramente in secondo piano rispetto a questo primo obiettivo.
La proiezione secondo cui gli unici che avevano subito gli eccessi della guerra appartenevano a questo gruppo etnico, ha creato una linea divisoria non solo per giustificare che il resto dell'Iraq dovesse soffrire le condizioni del blocco economico, ma che la loro presunta liberazione fosse emigrare o ribellarsi a Saddam Hussein - l'unico modo per restituire, secondo gli Stati Uniti, la tranquillità economica che era stata tolta dalla sua campagna di bombardamenti e di embarghi.
Questo "intervento umanitario" in Iraq, il primo nella storia contemporanea, ha esposto il carattere fondamentale del modello dottrinale: stimolare la migrazione, attraverso la guerra economica, volta a costruire fratture sociali e culturali all'interno della nazione, dal momento che tutta la società che rimane nel paese in uno stato economico viene intrappolata in una situazione di totale indigenza, tale per cui è costretta come un'alternativa a sperare nelle briciole dei cosiddetti "aiuti umanitari".
Somalia (1992)
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